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Chiamate a costruire rapporti fraterni

Le sorelle Cristina Zaros, Silvia Massarotto e Pascale Barbut, Discepole del Vangelo, attendono di partire per l'Algeria. Vivranno in un quartiere popolare di Algeri, in una casa che ha sempre ospitato delle religiose. "Le famiglie del vicinato, tutte musulmane, ci attendono e sono contente che tornino tra loro delle sorelle cristiane"

Chiamate a costruire rapporti fraterni

Da alcuni anni noi, Discepole del Vangelo, ci siamo interrogate su come concretizzare quel desiderio di missione, che sentivamo crescere in noi, sollecitate da quelle parole che Gesù ha lasciato ai suoi prima di congedarsi da loro: Andate in tutto il mondo (Mc 16, 15). L’apertura alla missione è, del resto, come ricorda Ad Gentes, un dovere di tutta la Chiesa, di ogni battezzato ma, in modo particolare, di chi ha scelto di seguire il Signore in una forma di speciale consacrazione (Cfr. AG 40).
I primi passi in questa direzione ci hanno portato in Francia, a Viviers (la diocesi in cui Charles de Foucauld è diventato prete) e a Marsiglia, città cosmopolita, ponte verso il Nord Africa. Nel 2019, dopo un tempo di discernimento comunitario su ulteriori prospettive di missione, abbiamo aperto una fraternità nella periferia di Tirana, in Albania, in un contesto di povertà sociale ed ecclesiale e nel corso di quest’anno abbiamo mosso i primi passi per l’avvio di una nuova fondazione ad Algeri.
Proprio qui, in Algeria, noi tre sorelle, Cristina, Silvia e Pascale, siamo chiamate ad andare per avviare una fraternità e metterci a servizio di un popolo che non conosciamo, condividendo con loro gioie e ansie, attese e speranze.

Non sappiamo ancora quando e come ci sarà dato di partire. Questo tempo di pandemia, che preoccupa non poco i nostri Paesi ricchi, dai sistemi sanitari organizzati ed efficienti, immaginate cosa può rappresentare per i Paesi del sud del mondo che non hanno le nostre risorse! Così molti Paesi africani, Algeria compresa, cercano di proteggersi con misure restrittive importanti. Le frontiere sono ancora chiuse e ci sarà ancora da attendere. Attendiamo perciò, disponibili a partire non appena ci saranno le condizioni. Lì ci aspetta una piccola chiesa minoritaria, vivace e composita: accanto al Vescovo ci sono preti e religiosi provenienti da tutto il mondo, laici che lavorano nei contesti diplomatici o in ambiti umanitari con le loro famiglie, giovani studenti provenienti da altri Paesi africani e un piccolo gruppo di cristiani algerini. Parliamo di qualche migliaio di cristiani (su 42 milioni di abitanti) che condividono la loro vita con tanti fratelli e sorelle di fede musulmana e con loro tessono relazioni di amicizia e di solidarietà in uno scambio reciproco.

Nella terra dove visse Charles de Foucauld
Perché proprio in Algeria? Come è noto, questa è la terra dove Charles de Foucauld, figura spirituale alla quale ci ispiriamo, ha vissuto gli ultimi quindici anni della sua vita, condividendo la sua esistenza con la popolazione del luogo, a servizio di essa. Egli, come ci ricorda papa Francesco nell’enciclica Fratelli tutti, “voleva essere il fratello universale” e “identificandosi con gli ultimi arrivò ad essere fratello di tutti” (FT 287). In Algeria, dopo la sua morte, hanno avuto origine tante famiglie religiose che seguono la sua spiritualità, mantenendo vivo il suo spirito universale nei vari luoghi in cui ha vissuto. Sono queste famiglie che ci hanno incoraggiato a considerare una nostra apertura in Algeria affinché la presenza e la spiritualità foucauldiana si rinnovi e continui a essere feconda.
Partire per l’Algeria è dunque per noi un dono, una chiamata del Signore e della Chiesa. Siamo chiamate a costruire fraternità, in modo gratuito, aperto e sincero, con tutti. Desideriamo, infatti, che la nostra presenza, in quella terra e in mezzo a quel popolo, continui a parlare di Gesù e della sua bontà, seppure con la testimonianza silenziosa e rispettosa della fede musulmana, una presenza che sia un segno di pace e di fraternità.

Luogo di fraternità
Vivremo in un quartiere popolare, in una casa che ha sempre ospitato delle religiose. Le famiglie del vicinato, tutte musulmane, ci attendono e sono contente che tornino tra di loro delle sorelle cristiane. Ci hanno espresso il desiderio che la nostra casa continui a essere, come è sempre stata, una casa aperta, luogo fraterno di amicizia e di dialogo. Di questo ringraziamo il Signore che non manca di mostrarci che nella missione è Lui che ci invia e allo stesso tempo ci precede. Ci impegniamo, andando in missione, a cercare e riconoscere i segni della sua presenza in questa terra, insieme ai tanti uomini e donne di buona volontà che la abitano.  Collaboreremo con la Chiesa locale e con la Caritas all’interno dei servizi umanitari che essa svolge per i più poveri (immigrati, donne, bambini, emarginati).
Questo tempo di attesa prima della nostra partenza, che stiamo vivendo a Castelfranco, nella nostra fraternità principale, è un tempo di grazia, inaspettato, per continuare ad alimentare lo spirito di missione là dove siamo, nel lavoro semplice e condiviso, nell’accoglienza dei più poveri, nella cura fraterna, nella condivisione dell’Eucaristia, nella preghiera, nell’ascolto della Parola. La missione inizia, per chi ha avuto la fortuna di incontrare e conoscere Gesù, nel luogo in cui si vive. Ogni contesto infatti è luogo di missione, un luogo in cui portare testimonianza di Gesù, farlo conoscere attraverso la nostra vita, il nostro modo di voler bene, le nostre scelte

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