Coltivare un cuore puro capace di ascolto, per essere sale e luce: l'invito del Vescovo alla festa di san Francesco di Sales
La messa al monastero della Visitazione di Treviso, venerdì 24 gennaio, è stata l'occasione per un incontro tra il vescovo Tomasi e le persone non udenti che fanno parte dell'Ens (Ente nazionale sordomuti) - sezione di Treviso, oltre che i giornalisti trevigiani, dei quali san Francesco è patrono

Una celebrazione solenne e semplice al tempo stesso, con il Vescovo che, all'inizio della messa, ha salutato i fedeli non udenti nella lingua dei segni. La messa al monastero della Visitazione di Treviso, nella festa di San Francesco di Sales, venerdì 24 gennaio, è stata l'occasione per un incontro tra il vescovo Michele Tomasi e le persone non udenti che fanno parte dell'Ens (Ente nazionale sordomuti) - sezione di Treviso, oltre che i giornalisti trevigiani, dei quali san Francesco è patrono.
Hanno concelebrato il direttore della “Vita del popolo", mons. Lucio Bonomo, il direttore dell’ufficio diocesano delle Comunicazioni sociali, don Daniele Fregonese, don Paolo Cecchetto, assistente diocesano dell’Ens, mons. Antonio Guidolin, mons. Arduino Beltrame e altri sacerdoti. Presenti il sindaco di Treviso, Mario Conte, e i cavalieri e le dame del Santo Sepolcro.
Mons. Tomasi, nell'omelia, ha messo in risalto la capacità comunicativa del vescovo santo, che fu guida spirituale e pastore instancabile in un contesto storico e pastorale difficile, riuscendo a condurre le persone alla verità, con umiltà e capacità di comprensione.
"Nella lettera che ho scritto per la prossima giornata della Parola ho molto insistito sull’atteggiamento dell’ascolto - ha detto il Vescovo -. E non sembri strano che io torni anche stasera a parlare di “ascolto” proprio nella festa del patrono dei sordi. Per il vero ascolto - ha ricordato mons. Tomasi - l’organo meno decisivo sono proprio le orecchie, che comunque non sono nulla in confronto con la mente e con il cuore. Quando ascolto qualcuno che mi parla, infatti, gli sto donando tempo e spazio, mi faccio presente a lui e gli presto attenzione". Fondamentale, però, "è la disposizione, il desiderio profondo di accogliere la persona che mi sta di fronte e che vuole comunicare con me. Devo desiderare di far spazio all'altro, al suo racconto, al suo punto di vista, provando a 'sentire' in me le stesse preoccupazioni, attese, sentimenti".
Ecco che si colgono i valori in gioco, si mette in moto la volontà per "prendere l’iniziativa di una risposta che inizi qualcosa di nuovo che non ci sarebbe stato senza quel dialogo, quell’ascolto. Da qui parte l’avventura della comunicazione - ha evidenziato il Vescovo -. Posso raccontare a mia volta quanto ho scoperto come valido e vero. Posso cambiare le mie prospettive perché quanto ho colto mi dona prospettive nuove, mi fa capire in modo differente il mondo, le cose e le persone, mi avvicina al senso della vita, alla sua verità profonda".
Questa "capacità di ricerca e comunicazione del vero, questa assennatezza è <fonte di vita per chi la possiede>” - ha ricordato il Vescovo citando la prima Lettura e richiamando in particolare, il compito dei giornalisti -. Crescendo nella sapienza e in una comunicazione rispettosa della vera dignità di tutti, sai che non c’è modo più bello di vivere e di comunicare per le persone e per le società. Se invece non ti lasci prendere da questo contagio di bene, rimani impantanato in una pastoia di piccole ed insignificanti cose, non respiri davvero, perdi la mira della tua felicità".
Anche il modo di porsi, di comunicare, secondo mons. Tomasi - aumenta o diminuisce la gioia. "I contenuti si fanno più interessanti e anche più veri se vengono comunicati con dolcezza, con amicizia, con rispetto, con l’intento di costruire, di gettare ponti, di creare legami di comunità".
Il bene che possiamo costruire assieme dipende certo da noi, ma la felicità piena "ci chiede ancora un passo avanti, la fiducia nei confronti del fondamento di tutto il reale, la fiducia in Dio ci porta alla beatitudine, alla gioia in eterno. Partendo da questa fiducia fondamentale potremo essere sale della terra, luce del mondo, città sul monte, lampada ben visibile. Sapremo dare sapore, i nostri racconti daranno gusto alla vita; potremo aiutare gli altri a vedere la strada da percorrere, vedere il bene possibile in comune, le decisioni e le scelte che fanno bene alla nostra società ed al nostro tempo. Sapremo, allora, volerci bene - ha concluso il Vescovo -, non avere paura dei limiti ed amare chi incontriamo, comunicare con lo splendore degli occhi, con un’ostinata volontà di bene, e con un cuore puro capace di ascolto".
Calorosa come sempre l'accoglienza delle monache e degli Amici del monastero, che hanno poi intrattenuto in un momento conviviale il Vescovo e i fedeli nella portineria del convento.
Il monastero della Visitazione, alle Corti, conserva da oltre 100 anni il cuore di san Francesco di Sales, fondatore dell'Ordine della Visitazione di Maria, che fu portato dalle religiose, nel 1913, quando arrivarono a Treviso, provenienti da Venezia e accolte dal vescovo Longhin.
L’Ordine vive quest’anno uno speciale Giubileo, il 100° anniversario della canonizzazione di santa Margherita Maria Alacoque, monaca della Visitazione. Proprio per questo il 24 gennaio e poi in altre date durante il 2020 viene concessa l’indulgenza plenaria.
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