Cresima: tra libertà e consegna
Ventinove giovani e adulti a Pentecoste hanno ricevuto il sacramento

L’altro paraclito, l’altro consolatore, promesso dal Signore Gesù alla sua Chiesa, continua ad operare e ad agire in quanti si lasciano ispirare dal suo soffio.
Consolare è azione particolare di Dio, che non lascia sole le sue creature, ma le con-sola, sta con loro nella solitudine e le difende, le sostiene, alimenta la loro vita, propone continuamente scelte di libertà nell’amore.
La presenza del Dio della consolazione non si esaurisce mai, non termina mai. Oggi, essa è vera e reale nella persona dello Spirito, che continua a spirare e ispirare la storia e compie l’opera della consolazione: lo Spirito è Dio che si fa vicino, in modo altro, nuovo, sorprendente. Ogni anno, la solennità di Pentecoste, ce lo ricorda: verrà un altro paraclito, un altro consolatore.
Lo scorso 5 giugno, nel giorno in cui la liturgia della Chiesa attualizza il dono dello Spirito sulla comunità dei discepoli e degli apostoli, ventinove giovani e adulti hanno celebrato il sacramento della Confermazione, ricevendo una rinnovata effusione dello Spirito e lasciandosi ungere con il Crisma.
Cammini e storie diverse, stesso desiderio
Ventinove cammini e storie personali diverse si sono intrecciate attorno al desiderio di compiere un gesto di libertà e di consegna al Signore della vita. Questo desiderio, educato, accompagnato e coltivato, è culminato nella celebrazione di domenica scorsa, presieduta dal vescovo Michele.
I volti e i nomi di questi fratelli e sorelle nella fede sono il segno di una reale varietà della Chiesa. Alcuni hanno chiesto la celebrazione del sacramento perché si stanno interrogando sulla direzione e sullo stile da dare alla propria vita, altri, mossi da contingenze molto concrete (spesso la celebrazione del sacramento del matrimonio), hanno avuto il coraggio di problematizzare e di ricollocare l’esperienza del credere nel quotidiano delle proprie scelte. Alcuni di loro sono stati accompagnati, nella propria parrocchia, da fratelli e sorelle cristiani che hanno camminato con loro.
Alcuni hanno percorso un semplice itinerario predisposto dal Servizio diocesano per il Catecumenato.
Tra di loro, ci sono alcuni originari della terra veneta, altri, provenienti da altre regioni italiane, abitano qui da anni e si sono inseriti nel tessuto sociale per ragioni professionali o di studio. Integrazione, quest’ultima, non sempre così facile e scontata, anche nella comunità cristiana.
Su tutti loro il paraclito ha continuato a proporre la sua presenza di consolatore, per insegnare loro, come ha ricordato il vescovo Michele nella sua omelia, ad amare come Gesù Signore e a farlo fino in fondo.
Ascoltando le storie di questi amici e amiche, è apparso abbastanza evidente che celebrare la confermazione, per un adulto, non costituisce semplicemente il riempimento di un vuoto, di una mancanza. Sebbene la motivazione iniziale risulti a volte legata a un “adempimento” o al completamento di un cammino interrotto, ovvero sia mossa dal desiderio di celebrare le nozze cristiane, più in profondità, la confermazione si presenta come una decisione di libertà nell’aprirsi alla Grazia del Signore e nell’assumere con maggior consapevolezza la missione della Chiesa.
Una Chiesa prossima
La celebrazione è stata per molti “emozionante e ricca” (Alberto, Giuseppe e Manolo), è stata l’esperienza di “un incontro con il Dio vivo” (Veronica), è stata il “segno della vicinanza di un Dio di bontà e di bellezza”, che l’unzione con il crisma profumato ha richiamato in molti (Raffaella, Alberto, Vittorio Emmanuele). Per qualcuno non si è trattato semplicemente di fare qualcosa per “completare” un cammino, ma “un incontro con il Signore e con una comunità che ha reso la vita più ricca” (Liliana, Carla). La celebrazione ha dato modo di percepire un volto prossimo e vicino della Chiesa. Le parole e la familiarità del Vescovo “hanno aiutato molto” in questo (Dario, Enea, Manolo).
La grazia del catecumenato per le nostre comunità
Per la comunità diocesana e per le comunità cristiane delle nostre parrocchie, la domanda e la celebrazione della confermazione di un adulto si presenta come un’occasione, un banco di prova e un “bagno nella realtà”. Un’occasione perché apre strade di incontro e di annuncio gratuito del Vangelo.
Un banco di prova perché la domanda della confermazione stimola a verificare in che misura le nostre comunità hanno il desiderio, i mezzi e le competenze per accompagnare quanti desiderano riformulare la propria vita attorno al Signore. Pur partendo da rappresentazioni di Dio, della fede e della Chiesa spesso lontane dalla prospettiva del Dio rivelato in Gesù Cristo, le traiettorie di vita di un adulto “fuori dai prototipi del credente ideale” interpellano lo slancio missionario della prassi di evangelizzazione delle nostre comunità. La loro domanda mette alla prova la “struttura” della pastorale e interroga la capacità di adattare e accompagnare in maniera nuova, seria, accogliente e pertinente il cammino di coloro che si riaffacciano alla soglia della comunità portando con sé domande, dubbi, ferite, immagini di Dio e della Chiesa frutto di un vissuto a tratti complicato e culturalmente complesso.
Infine, questa domanda della confermazione può costituire un “bagno nella realtà”. Si tratta infatti di accogliere “persone reali”, adulte, portatrici di “vere questioni esistenziali”, uomini e donne che hanno compiuto scelte, portano con sé domande… e, spesso, incontrano realtà comunitarie autoreferenziali, concentrate sulla struttura, in difficoltà a lasciarsi sorprendere dalle novità. Senza nessuna intenzionalità negativa o giudicante, alcuni dei cresimati hanno condiviso la percezione di realtà parrocchiali non sempre accoglienti e non sempre capaci di integrare chi “viene da fuori”. Se da un lato questo “bagno di realtà” può far male, dall’altro può costituire una reale occasione per convertire la prassi di evangelizzazione della Chiesa in prospettiva missionaria.
Se dunque la confermazione, insieme al cammino che introduce in essa, è una ricchezza per i cresimandi, essa costituisce una fonte di rinnovamento per la comunità tutta, perché stimola a mettere al centro il Cristo Risorto e a lavorare perché molti possano entrare in comunione con lui (CT 5). E’ proprio in questa logica che la “grazia del catecumenato” fa bene alla Chiesa!
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