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Cristo è “luce” per tutte le genti - Presentazione di Gesù al tempio

In questa festa celebriamo un “anticipo” della Pasqua

Cristo è “luce” per tutte le genti - Presentazione di Gesù al tempio

La Presentazione del Signore quest’anno cade di domenica, offrendo così l’occasione per riflettere in maniera più approfondita su questa festa che è insieme cristologica e mariana. In quello che è anche uno dei “misteri gaudiosi” nella pratica del rosario, si celebra un anticipo della Pasqua e si contempla Cristo come “luce” per tutte le genti.

Portarono il bambino a Gerusalemme. A quaranta giorni dalla nascita, come prescritto dalla Legge (Lv 12,2-8), Maria e Giuseppe si recano a Gerusalemme per la purificazione rituale e per presentare Gesù al tempio (Lc 2,22-40). L’episodio è diviso in tre parti, legate ai diversi protagonisti. Maria e Giuseppe, che nel testo originale non sono citati, portano il bimbo a Gerusalemme (vv. 22-24). Simeone, benedicendo Dio e i genitori, illuminato dallo Spirito Santo esprime nel canto del “Nunc dimittis” il cuore dell’evento: quel bambino è la luce con la quale il Dio ha scelto di rivelarsi alle genti (vv. 25-32.34-35). Anna, profetessa, vedova e anziana, totalmente dedita alla preghiera e a tener viva la speranza nel popolo, dopo aver visto il bambino, loda Dio e annuncia a tutti che la redenzione di Gerusalemme è giunta a compimento (vv. 36-38). Un versetto intermedio e i due finali descrivono le reazioni di Maria e Giuseppe: “Si stupivano delle cose che si dicevano di lui” (v. 33) e, dopo aver “adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea” (v. 39).
La prima scena ha ispirato la celebrazione della Giornata per la vita. L’espressione “ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore” (Lc 2,23), che si riferisce a Es 13,11-16, richiama l’esperienza della liberazione dall’Egitto e la consapevolezza che ogni figlio è un dono di Dio: a lui va ricondotto (cf. la vicenda di Anna, mamma di Samuele, in 1Sam 1,24-26).
La seconda scena viene ripresentata dal rito della benedizione delle candele: Gesù è annunciato come luce, pertanto ogni credente accoglie simbolicamente tale luce per portarla nella propria casa, nel mondo del lavoro e della scuola. Poiché, dopo l’inno di esultanza, Simeone annuncia a Maria che non mancheranno nella sua vita le sofferenze (Lc 2,35), una bella tradizione insegna ad accendere queste candele soprattutto nei momenti di maggiore difficoltà.
Infine, Anna è esempio e punto di riferimento per tutti i consacrati e le consacrate che dedicano la propria vita alla testimonianza e all’annuncio che Gesù è la vera speranza cristiana: si può “sprecare” la propria vita nella preghiera, nella contemplazione, nel dono totale di sé a servizio della Chiesa, solo se si è riposta in Lui ogni speranza.

Vieni, Signore, nel tuo tempio santo. Il Salmo mette in evidenza, in forma di invocazione accorata, quanto era stato annunciato da Malachia e nel Vangelo si è realizzato (Mal 3,1-4; Sal 23). Ci sarà un messaggero davanti al Signore, prima che questi entri nel suo tempio santo. Il senso della profezia rimane in realtà un po’ misterioso: sembra riferirsi al tempo della venuta definitiva del Signore, quando Egli “siederà per fondere e purificare” il popolo come “l’argento” (Mal 3,3); ma la liturgia annuncia che già nel suo primo ingresso al tempio, raccontato da Luca, si può riconoscere un’attuazione di tale promessa. Nel salmo, comunque, siamo invitati a rinnovare l’invocazione affinché il Signore venga definitivamente a realizzare ogni promessa.

Un sacerdote misericordioso e degno di fede. La lettera agli Ebrei (Eb 2,14-18) sottolinea che Gesù Cristo è il Sommo Sacerdote “misericordioso e degno di fede” perché ha scelto di “rendersi in tutto simile ai fratelli”. Pur essendo Dio, ha condiviso pienamente le prove e le sofferenze che accompagnano la vita degli uomini. Non ha eliminato né la sofferenza né la prova, ma ha scelto piuttosto di condividerle con ogni uomo, affinché ciascuno possa avere la certezza di essere compreso fino in fondo e di non essere mai abbandonato. In quanto Figlio di Dio è misericordioso, cioè realmente capace di liberare l’uomo dal peccato; come vero uomo è contemporaneamente “fedele” alla volontà del Padre e “degno di fede”, cioè uno che merita la fiducia degli uomini (il termine greco pistós può esprimere entrambi i significati). Quest’ultimo aspetto è ciò che si può facilmente sperimentare quando, segnati da qualche prova, dolore o lutto, si accoglie volentieri la vicinanza, la solidarietà, o le condoglianze, da parte di chi abbia già vissuto situazioni simili: questa profonda sintonia, che si crea spontaneamente, è quanto Gesù ha realizzato.

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