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Due sere Ac: frequenze giovani

Molti partecipanti all’iniziativa promossa dall’Ac sul Sinodo e sull’eutanasia.  Il loro impegno: “Vogliamo esserci e lasciare il segno nelle questioni del nostro tempo, nella società e nella Chiesa”

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Due sere Ac: frequenze giovani

“Sintonizzati sul presente” è stato il titolo della Due Sere per giovani 2022, il ciclo di incontri organizzato dall’Azione cattolica diocesana. La prima serata, venerdì 21 gennaio, ha visto la partecipazione nella palestra della Chiesa Votiva di circa 150 giovani, insieme al vescovo Michele Tomasi, desiderosi di riflettere e lasciarsi interrogare dalla loro vita, dalle difficoltà e dalle sfide del proprio tempo.

“Una Chiesa su nuove frequenze, Sinodo 2021-2023 è il titolo di questa serata perché non potevamo non lasciarci toccare da questa grande novità - ha affermato Giacomo De Zen dell’Ac diocesana settore giovani -. Vogliamo parlare di una Chiesa di cui facciamo parte anche noi e che, attraverso il contributo, cambia il suo stile, si sintonizza su una nuova frequenza”.

L’incontro ha visto l’intervento di Andrea Pozzobon, docente di Pedagogia della famiglia e Pedagogia sociale allo Iusve, codirettore dell’ufficio di Pastorale familiare della diocesi di Treviso e referente del Sinodo. “Da una parte i giovani vedono la fede come una dimensione sostanzialmente privata, una fede in fondo irrilevante o poco rilevante per la vita, dall’altra provano un’attrazione molto forte verso le relazioni, verso quello che la comunità può dare di caldo - ha affermato Pozzobon -. Partiamo da questo titolo molto significativo: «Per una Chiesa sinodale: partecipazione, comunione e missione», sembra che papa Francesco stia dicendo che, se vogliamo una Chiesa che sia in grado di vivere sempre più e sempre meglio, dove le persone si attivano per prendersi cura di ciò che è importante, se vogliamo una Chiesa aperta e feconda, allora questa deve essere una chiesa sinodale. Che cosa significa però vivere relazioni sinodali tra di noi e come chiesa? Sinodo vuol dire cammino insieme, via insieme, la Chiesa sinodale è Chiesa che cammina insieme”.

“Per papa Francesco la sinodalità non è una moda né uno slogan, ma esprime la natura stessa della Chiesa, il suo stile, la sua missione. Chiesa e Sinodo sono sinonimi, l’essere sinodale non è un’opzione per la Chiesa, o è sinodale o non è - ha proseguito il docente -. Accanto ai classici tre pilastri dell’educazione (conoscere, essere, fare), ce n’è un altro: imparare a vivere insieme, ed è questo pilastro che fonda gli altri tre. Se la dimensione sinodale riguarda il processo, l’insieme delle interazioni tra noi, il primo punto cardine su cui riflettere è l’ascolto. Una chiesa sinodale è una chiesa dell’ascolto reciproco, l’uno in ascolto degli altri e tutti in ascolto dello Spirito”. L’invito che di fatto Papa Francesco ha rivolto a tutte le diocesi del mondo, è quello di attivare dei momenti di ascolto. “Il nostro compito di cristiani è ascoltare coloro con cui riusciamo ad entrare in relazione. Sempre di più purtroppo siamo ego-centrati e facciamo fatica ad ascoltare. Come venirne fuori? Agganciandoci a qualcuno a cui teniamo, quella persona che nell’ascolto ci fa sentire vivi. E’ fare esperienza di ascolto che ci fa comprendere quanto bello e che gusto può avere ascoltare con gioia la vita dell’altro” ha concluso.

A confronto sui temi del “fine vita”
Martedì 25 gennaio il secondo incontro della “Due sere” è stato sul tema attualissimo del referendum sull’eutanasia legale, con l’intervento di Antonio Da Re, professore ordinario di Filosofia morale all’Università di Padova e membro del Comitato nazionale per la Bioetica, e di Stefano Zoccarato, avvocato, componente del Comitato Etico dell’Ulss’1 dal 2017 al 2021 e già presidente diocesano Ac. Numerosi - circa 180 - i giovani presenti da tutta la diocesi, ai quali si è nuovamente affiancato mons. Tomasi.
“Il tema di questo incontro ci porta a riflettere su come possiamo prenderci cura delle persone - ha affermato don Paolo Slompo, direttore dell’ufficio per la Pastorale giovanile e assistente Ac giovani -. Anche in questi temi difficili che ci mettono un po’ in bilico, che ci fanno pensare, chiediamo al Signore di darci una mano a capire cosa vuol dire prenderci cura del prossimo”.

A iniziare la discussione è stato il prof. Da Re: “Il referendum sull’eutanasia in realtà è una mistificazione, esso comporta qualcosa più ampio e grave dell’eutanasia: l’omicidio del consenziente. L’eutanasia, come la intendiamo noi, è solo una delle pratiche comprese all’interno di questa proposta di legge. Eutanasia significa buona morte e concerne quindi il fine vita, un malato terminale che chiede che la sua vita venga interrotta. C’è quindi l’intenzionalità di porre fine alla vita di una persona malata che lo richiede. Il quesito referendario, se fossimo chiamati a votare sì o no, non riguarderebbe, però, solo questo - ha affermato Da Re -. L’intervento abrogativo del referendum avrebbe come risultato che chiunque cagionasse la morte di un uomo con il consenso di lui verrebbe punito solo qualora la vittima fosse o minorenne, o sotto uso di sostanze, o non autonoma, o se il consenso fosse estorto con violenza. Si arriverebbe a parlare di reato di omicidio solo in casi particolarissimi. Quando tra due persone maggiorenni, non in fase terminale, una di esse decidesse di farla finita e chiedesse all’amico di togliergli la vita, l’amico non sarebbe perseguibile. Il quesito non parla di fine vita, di malato o atto medico, ci troviamo di fronte a una mistificazione. E’ incredibile il modo con cui anche i grandi organi di stampa hanno parlato del referendum come un referendum sull’eutanasia, mentre riguarda invece l’omicidio del consenziente”.

L’avv. Zoccarato ha poi aggiunto: “Il referendum è un modo per esprimere una scelta secca «si o no» rispetto all’abrogazione di una legge o di una parte di essa. Cambiando anche solo poche parole noi riusciamo a cambiare il senso e dare un orientamento diverso alla legge. Il referendum è uno strumento che semplifica questioni complesse, ma è anche uno strumento che permette di crescere ed essere responsabili del futuro del nostro Paese; noi come cristiani dobbiamo sentirci responsabili. La norma, così come risulta dal referendum, però, sarebbe più ampia di quello che richiede l’aiuto al suicidio che è consentito dalla legge costituzionale. Un ulteriore problema deriverebbe dal capire come si è formato e come si accetta il consenso, se è la libera volontà della persona o è la malattia o la disperazione che incide in lui”.

“Lasciamo aperte molte questioni, ma speriamo con queste serate di aver testimoniato l’importanza di esserci nelle questioni del nostro tempo, nella società e nella Chiesa. Abbiamo negli occhi una bella immagine di Chiesa giovane che non vuole vivere con superficialità, ma che intende lasciare il segno”, ha concluso Giacomo De Zen.

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