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E si meravigliava della loro incredulità - XIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Gesù sperimenta il rifiuto proprio nella sua terra

E si meravigliava della loro incredulità - XIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Gesù ha appena operato alcuni segni straordinari, grazie dalla fede di coloro che si erano rivolti a lui, come l’emorroissa (Figlia, la tua fede ti ha salvata, Mc 5,34), o lo stesso Giàiro, che ottiene di riavere viva la sua figlioletta (Non temere, soltanto abbi fede, Mc 5,36): oggi, invece, è costretto a un’amara constatazione: “E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità” (Mc 6,1-6). Proprio coloro che sembrano conoscerlo meglio, o forse coloro che presumono di sapere già tutto su di lui, fanno più fatica a fidarsi di lui.

In effetti, l’evangelista Marco incoraggia continuamente il lettore a tenere aperti gli interrogativi su Gesù, piuttosto che a chiudersi in risposte certe. Nel suo racconto non ha ancora detto niente riguardo alle sue origini, se non che veniva da Nazaret di Galilea (Mc 1,9). Di “sua madre” e dei “suoi fratelli” abbiamo informazioni solo nel momento in cui Gesù prende le distanze dai loro, non certo per disaffezione nei loro confronti, quanto piuttosto per fare entrare tra i “suoi familiari” molte più persone: “Chi fa la volontà di Dio, costui è per me fratello, sorella e madre” (Mc 3,35).

In questo episodio, i compaesani di Gesù ci offrono informazioni storiche attendibili: ha lavorato come carpentiere (si noti che non viene nominato il padre Giuseppe, che probabilmente era mancato da tempo), sua madre si chiama Maria (è l’unico passaggio in cui l’evangelista ne riporta il nome) e ha una serie di “cugini” – alcuni dei quali avranno poi un ruolo di responsabilità nella prima comunità di Gerusalemme – che vengono chiamati “fratelli e sorelle”, forse anche perché erano cresciuti come in un’unica famiglia, alla morte di Giuseppe.

 

Un profeta si trova in mezzo a loro

La reazione degli abitanti di Nazaret permette forse di capire il motivo per cui Marco non è particolarmente interessato a darci informazioni sulle “origini” di Gesù: chi “sa già” (o pretende di sapere) tante cose su di lui rischia di non essere più disponibile ad accogliere la straordinaria novità che è capace di realizzare per chi, invece, lo accoglie pienamente. Gesù stesso, accettando quanto di lui pensavano i suoi contemporanei (cf. Mc 6,15; 8,28), si colloca tra i “profeti” (pur non essendo solamente un profeta), in quanto come loro sperimenta la l’incomprensione, la non accoglienza e addirittura il rifiuto violento proprio “in patria”.

È questa l’esperienza del profeta Ezechiele, di cui ci viene riportata la vicenda vocazionale (Ez 2,2-5). Non dovrà preoccuparsi del rifiuto da parte dei “figli d’Israele”, “figli testardi e dal cuore indurito”, ma dovrà farsi semplicemente “portavoce” di Dio. Si noti, infatti, che non viene detto al profeta “che cosa” dovrà dire: “Tu dirai loro: “Dice il Signore Dio”. Chi parla a nome di Dio non deve temere il rifiuto, né si deve preoccupare di “adattare” il proprio annuncio ai destinatari: dovrà invece porre attenzione a riferire esattamente quello che Dio gli comunica. È importante che le parole di Dio arrivino a tutti e che si sappia che “un profeta si trova in mezzo a loro”. Questa sarà la missione di Ezechiele anche – e soprattutto – durante il tempo dell’esilio, quando ormai il popolo sperimenterà le conseguenze delle proprie infedeltà (perché “sono una razza di ribelli”): la sola presenza del profeta sarà un segno sicuro che Dio non abbandona il suo popolo, ma continua a rivolgergli la parola e ad essere presente fedelmente, tramite il suo inviato.

 

Quando sono debole, è allora che sono forte

La fedeltà al mandato di Dio mette tutti gli “inviati” nella condizione di constatare la propria debolezza di fronte all’infinito rispetto che Dio ha per la libertà di ogni uomo. Il profeta non interviene per “costringere” il popolo a cambiare vita, ma rimane in mezzo al popolo – dopo averlo abbondantemente ammonito – per testimoniare la fedeltà di Dio; così Gesù, pur essendo in parte sorpreso della poca fede dei suoi compaesani, non si scaglia contro di loro, ma si rende disponibile per coloro che lo accolgono (Solo impose le mani a pochi malati, Mc 6,5); così pure san Paolo che, per la grandezza delle visioni che ha sperimentato, potrebbe affermare la proprio autorità apostolica in maniera incontrovertibile, è invitato a fondare la propria vita e il proprio ministero solo sulle proprie debolezze, perché la forza del Signore “si manifesta pienamente nella debolezza” (2Cor 12,7-10).

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