Ecumenismo: cosa cambia dopo lo storico incontro
Questa dichiarazione non risolve tutto, non ha questa pretesa. Per il momento è una voce forte contro tante ingiustizie, in difesa dei cristiani martiri nel mondo. Non è poco. Comunque è il primo passo ufficiale di due chiese che non si erano mai incontrate per camminare insieme.

E’ stato comunicato solo una settimana prima, come se fosse un incontro preparato all’ultimo momento, un appuntamento inserito in un’agenda già piena. Il fatto che si svolgesse nell’aeroporto di Cuba durante una coincidenza aerea dava ancora di più questa sensazione. Eppure, questo incontro di due ore tra papa Francesco e il patriarca Kirill ha alle spalle una storia di vent’anni di preparazione. Il cardinale Paul Poupard cominciò allora i viaggi a Mosca su richiesta di Giovanni Paolo II. Andare a Mosca fu uno dei sogni irrealizzati del papa polacco. Nonostante le sue aperture ecumeniche, l’enciclica Ut unum sint ove si rendeva disponibile a discutere la forma del primato di Pietro, la donazione dell’icona di Kazan all’allora patriarca di Mosca Alessio II, quale auspicio per il dialogo tra la Chiesa cattolica e quella ortodossa, trovò sempre porte chiuse. Purtroppo ciò non era dovuto alla persona di Giovanni Paolo II ma alla sua nazionalità: le relazioni tra russi e polacchi nei secoli non sono mai state buone. In quegli anni avevano buon gioco coloro che dipingevano il Vescovo di Roma originario di Wadowice come il cattolico venuto a far proseliti. I rapporti si fecero ancor più tesi quando Giovanni Paolo II prese la decisione di fondare diocesi cattoliche in Russia.
Quando il card. Ratzinger fu eletto papa l’ipotesi di un viaggio in Russia divenne più probabile ma non si realizzò. Anche in questo caso la nazionalità di Benedetto XVI ebbe il suo peso. I russi portano con sé la dolorosa memoria del nazismo tedesco; sono morti 23 milioni di russi durante la II guerra mondiale. Dopo la morte di Alessio II, fu eletto Kirill, fino a quel momento presidente del Dipartimento delle relazioni esterne del patriarcato di Mosca, proprio colui che aveva tessuto buone relazioni con le diverse chiese cristiane, cattolici compresi.
La dichiarazione comune
La chiesa russa vive un tempo nuovo dopo i decenni di sottomissione al regime comunista dell’Unione sovietica. Tuttavia, tra le varie luci non mancano molte ombre. La chiesa ortodossa russa cerca alleati nella difesa dei valori cristiani messi in crisi dalla secolarizzazione della sua gente. Si spiegano così i richiami forti alla difesa della famiglia fondata sul matrimonio (numero 19 e 20), il richiamo al dramma dell’aborto e la sottolineatura del rischio dell’eutanasia (entrambi al numero 21), che hanno trovato spazio dentro la dichiarazione comune firmata dal Papa e dal Patriarca.
La chiesa ortodossa russa è una chiesa nazionale; essa copre il territorio della Russia e la sua influenza si estende anche all’Ucraina. Come tutte le chiese nazionali non è così libera dal potere costituito della nazione. Nel caso preciso della guerra “a bassa intensità” in Ucraina, da una parte è spinta a difendere la linea politica di Putin, dall’altra è madre anche degli ucraini che non vogliono sottostare ai russi. È una guerra tra fratelli, figli della stessa madre chiesa. La dichiarazione “di Cuba” non è piaciuta agli ucraini anti russi, la ritengono troppo russa, eppure potrebbe essere un primo passo per la pace perché la chiede ad entrambe le parti.
Anche gli ucraini greco cattolici si sono sentiti “traditi” da questa dichiarazione, come se fosse negata la loro storia. Eppure viene affermato il loro diritto ad esistere, come mai era stato finora.
Questa dichiarazione non risolve tutto, non ha questa pretesa. Per il momento è una voce forte contro tante ingiustizie, in difesa dei cristiani martiri nel mondo. Non è poco. Comunque è il primo passo ufficiale di due chiese che non si erano mai incontrate per camminare insieme.
Le reazioni ortodosse
Alla chiesa ortodossa russa appartengono due terzi dei 200 milioni di ortodossi nel mondo, la chiara maggioranza. Il patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I è vescovo di un quartiere di Istanbul, Fener, che conta poco più di tremila cristiani. Viste queste proporzioni, l’asse dell’ortodossia si è spostato dallo stretto del Bosforo alla città attraversata dal fiume Moscòva.
Resta a Bartolomeo un primato d’onore, rispettato da tutti, ma l’importanza di Mosca crea non poche tensioni all’interno del mondo ortodosso. Comunque il patriarca ecumenico Bartolomeo è stato informato dell’incontro tra il Papa e il patriarca Kirill ed egli ha “manifestato la sua soddisfazione e gioia per questo abbraccio tra il capo della Chiesa cattolica e quello della comunità ortodossa più numerosa del mondo”. I nuovi equilibri potranno essere trovati nel Sinodo panortodosso, che non si celebra da 1000 anni. Doveva tenersi ad Istanbul, ma il veto russo lo ha portato a Creta: questo la dice lunga sui rapporti delicati tra le chiese dell’ortodossia. Nel giugno 2016 tali chiese potranno ritrovarsi per risolvere alcuni problemi interni (l’autocefalia, l’autonomia...), per confrontarsi sulle relazioni tra i cristiani e con i problemi del mondo secolarizzato: siamo invitati anche noi a pregare perché tale incontro sia fecondo per il bene di tutta la cristianità.
Un ultimo dettaglio non insignificante: Kirill arrivava a Cuba dalla Cina dove è stato accolto dal presidente cinese Xi Jinping grazie alle buone relazioni tra Russia e Cina; forse questo tipo di incontri potrà riguardare in futuro anche i rapporti con la chiesa cattolica. Kirill sta muovendo ovunque equilibri antichi. Forse è solo una suggestione, eppure potrebbe arrivare da est il biglietto d’ingresso per papa Francesco nel paese del dragone.
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