Giornata mondiale del malato, vescovo Tomasi: "Nessuno sia lasciato solo"
Ammalati, operatori sanitari e volontari si sono riuniti l'11 febbraio, festività della Madonna di Lourdes, nel santuario di Madonna Granda a Treviso per la messa in occasione della Giornata mondiale del malato. Il riconoscimento di mons. Tomasi a quanti “si spendono per accompagnare, sostenere, visitare e curare”. Ricordato l’impegno per la pace e la sofferenza di chi vive la guerra e l’emergenza del terremoto.

“Carissimi ammalati, siete al centro del popolo di Dio: insegnateci a non trascurare nessuno, chiedeteci sempre di operare per la vita e per la pace, continuate a pretendere da noi e da tutta la società che nessuno venga lasciato solo e abbandonato”. Si è rivolto così questa mattina il vescovo di Treviso, Michele Tomasi, ai malati presenti nel santuario di Santa Maria Maggiore, a Treviso, nella festa della Madonna di Lourdes, giornata mondiale del malato. Alla celebrazione eucaristica hanno preso parte anche operatori sanitari e volontari della Pastorale della salute, e in particolare il personale dell'Unitalsi.
Il vescovo Tomasi ha toccato molti temi - anche di attualità - nella sua omelia, partendo dalla lunga profezia di Isaia, che dà appuntamento a Gerusalemme a tutto il popolo e a tutte le genti. Gerusalemme, “città santa, città della passione e risurrezione di Cristo, la città delle lotte e delle contese fino ai giorni nostri, ma anche la città che scenderà dal cielo, rinnovata, alla fine dei tempi”.
Gerusalemme, ha sottolineato il Vescovo, è anche “ogni luogo in cui facciamo esperienza delle contraddizioni della vita, della fatica dell’esistenza e contemporaneamente della pienezza del dono di vita, e della forza della risurrezione”. Questa Gerusalemme, allora, è “davanti alla grotta di Lourdes, dove tanti pellegrini, ammalati, accompagnatori, amici e fedeli si recano, è dove gli ammalati danno testimonianza di coraggio e di forza nelle prove spesso dure della vita, e dove tanti si spendono per accompagnare, sostenere, visitare e curare: medici, infermieri, operatori socio sanitari, volontari”.
“Questa Gerusalemme - ha aggiunto il Vescovo, riferendosi alla cronaca di questi tempi - è dove c’è aiuto solidale e generoso a chi soffre, dove non si smette di cercare vite sotto le macerie del terremoto in Turchia ed in Siria, e non ci si stanca di far prevalere la logica del soccorso, della vicinanza e della solidarietà contro quella del disinteresse e delle rivalità tra persone e popoli. Questa Gerusalemme è la «città della pace», abitata da chi soffre per il male sparso a piene mani nella storia, ma non rinuncia a credere nelle risorse di pace della fraternità, dell’incontro, del dialogo”.
Una nuova Gerusalemme che sarà “grande come la società giusta che saprà stilare bilanci di pace, che sarà capace di solidarietà e accoglienza, che si muoverà con la forza dei primi e con il passo degli ultimi”, con “il sorriso di chi infonde coraggio perché crede alla fedeltà dell’amore, e non lascerà mai da solo chi soffre o ha bisogno di aiuto, vicinanza, calore umano. In questa Gerusalemme, in questa Lourdes, in questa Treviso torneremo ancora ad affidarci a Dio, a credere in Lui, a donarci a Lui e agli altri”.
“Scopriremo ancora la bellezza della vita non perché sia efficiente, ma piuttosto perché custodita nella sua fragilità. Non venduta o comprata, ma donata, proprio perché accolta come dono. Non mercanteggiata, offesa, ferita e violata, ma protetta come terra santa, parte stupenda di eredità, soffio di vita eterna”.
Al termine della celebrazione, il vescovo ha pronunciato la preghiera di affidamento a Maria, davanti all’immagine della Madonna Granda, mentre tutti i fedeli tenevano in mano una candela accesa.
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