Il Vangelo, i fratelli, i poveri: gli amori di don Fernando
“Io so, Signore, che non posso più amare te se non amo mio fratello. So che, amando e aiutando il fratello, amo te in lui e lui in te”. E’ l’inizio della Preghiera dei due amori, composta da mons. Fernando Pavanello, letta a conclusione delle esequie celebrate stamattina, 18 agosto, in Cattedrale a Treviso. La messa esequiale è stata presieduta dal vescovo Gardin e concelebrata da altri quattro vescovi e numerosi sacerdoti. Tante gente, tra cui molti disabili.

“Io so, Signore, che non posso più amare te se non amo mio fratello. So che, amando e aiutando il fratello, amo te in lui e lui in te”. E’ l’inizio della Preghiera dei due amori, composta da mons. Fernando Pavanello, letta a conclusione delle esequie celebrate stamattina, 18 agosto, in Cattedrale a Treviso. Una preghiera che esemplifica la vita di quello che il vescovo di Treviso, mons. Gianfranco Agostino Gardin, ha definito “autentico apostolo di Gesù” e “maestro di vita”.
La messa esequiale è stata presieduta da mons. Gardin e concelebrata da altri quattro vescovi (l’emerito mons. Paolo Magnani, l’amico mons. Luigi Bettazzi, ultranovantenne vescovo emerito di Ivrea, i trevigiani mons. Corrado Pizziolo, vescovo di Vittorio Veneto e mons. Angelo Daniel, vescovo emerito di Chioggia) e da numerosissimi sacerdoti. E poi tanta gente, che ha voluto dare l’ultimo saluto a don Fernando: tra questi tanti disabili, con le loro famiglie; molti post obiettori e post Avs, qualche immigrato, tante persone che nel servizio ecclesiale o nel volontariato hanno collaborato con lui. Tra le autorità, numerosi amministratori comunali, tra cui il vicesindaco di Treviso Roberto Grigoletto, il vicesindaco di Breda di Piave Graziano De Biasi e il sindaco di Camposampiero (città natale di mons. Pavanello), Katia Maccarrone. Nelle prime file anche Giacomo Dalla Toffola, presidente dell’associazione Il Nostro Domani, creata da don Fernando per dare in cinque comunità alloggio un futuro di accoglienza ai disabili adulti (le comunità “dopo di noi”).
Non voleva un’omelia per il suo funerale don Fernando. Un segno, tra i tanti, di sobrietà, umiltà e insieme libertà. Lo ha sottolineato mons. Gardin che, proprio in nome della libertà di coscienza spesso invocata dal sacerdote defunto, ha però aggiunto: “La mia coscienza mi impedisce di tacere”.
Il Vescovo di Treviso ha sottolineato che don Fernando “ha preso sul serio ciò che doveva essere preso sul serio”. Dio, la Chiesa, i fratelli, i poveri…
Mons. Gardin ha spiegato che mons. Pavanello ha saputo mettere Dio al centro della propria vita. Una fede, la sua, fatta anche di dubbi e di inquietudini ma non per questo meno profonda. “Nella mia vita ho tanto cercato il tuo volto”, ha scritto. Dentro questa inquietudine maturano i suoi studi filosofici, la laurea alla Gregoriana, l’insegnamento in Seminario.
“Ha amato la Chiesa nella schiettezza”, ha proseguito il Vescovo, mettendo in evidenza che il suo modo di stare nella Chiesa subì una vera e propria “sberla”, come la definì don Fernando, negli anni in cui a Verona chiamato dal vescovo Carraro, fu rettore del Seminario per l’America Latina. Furono proprio i suoi frequenti viaggi oltreoceano a metterlo in contatto con la povertà estrema di tanta gente. Grazie a questa esperienza, “ha preso sul serio la sofferenza dei poveri e il vangelo”.
Con umiltà seppe poi prendere sul serio e incarnarsi nel ministero di parroco, al sacro Cuore, senza prendere questo incarico come una retrocessione. E successivamente, ha evidenziato mons. Gardin, da direttore della Caritas tarvisina seppe far fare a questo organismo un salto di qualità, nel momento in cui servivano “uomini al tempo stesso visionari e ben piantati nella storia”.
Facendo riferimento al brano del vangelo del capitolo 25 di Matteo sul giudizio finale (“Avevo fame…”), letto durante la messa, mons. Gardin ha concluso: “Quando in futuro lo leggeremo, noi penseremo a te!”.
Scarica dal sito della Diocesi l'omelia integrale del Vescovo
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