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Il suo Regno prevarrà - Cristo re dell'universo

Quando le potenze del mondo sembrano farla da padrone, riconoscere che un re “mite” come l’agnello sta silenziosamente guidando la storia, costituisce un incoraggiamento a portare avanti il proprio cammino senza timore, ma con la medesima mitezza

Il suo Regno prevarrà - Cristo re dell'universo

Nell’ultima domenica dell’anno liturgico, dedicata alla Solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’universo, si celebra nella Diocesi di Treviso la Giornata del Seminario, dedicata alla preghiera e al sostegno concreto per quella realtà nella quale si formano i futuri presbiteri, ma che offre anche importanti proposte formative per i laici impegnati in vario modo a servizio della Chiesa locale, come i Diaconi permanenti, gli insegnanti di religione e altri dediti al servizio di evangelizzazione. Anche se la memoria liturgica della Presentazione della Beata Vergine Maria non viene celebrata, in quanto prevale la Solennità, nella Giornata mondiale delle Claustrali ogni cristiano è invitato a una preghiera sentita e riconoscente per tutte le donne che consacrano la loro vita alla preghiera nella e per la Chiesa.

Sei tu il re dei Giudei?

Il racconto della Passione secondo Giovanni si presenta come una “esaltazione” di Gesù. Il Quarto Evangelista, scelto nella liturgia al posto di Marco, che ci ha accompagnati per tutto l’anno, non insiste tanto sulla dimensione della sofferenza umana, né sull’apparente fallimento di Gesù, quanto piuttosto sulla sua “glorificazione”. Il processo davanti a Pilato risulta amplificato rispetto agli altri evangelisti e la conclusione del dibattito tra il procuratore, Gesù e la folla risulta dall’iscrizione posta sulla croce, che riporterà nelle tre lingue ufficiali (ebraico, latino e greco) quanto lo stesso Pilato ribadirà a voce: “Gesù il Nazareno, il re dei Giudei” (cf. Gv 19,19-22).

Il brano odierno riporta una porzione del dialogo con Pilato (Gv 18,33b-37) dal quale emerge che la regalità di Gesù non è paragonabile a quella dei re di questo mondo: non si impone con la forza e non si serve di eserciti. È un regno la cui potenza si manifesta nella testimonianza della verità che consiste nella piena rivelazione del volto del Padre. Accogliere il regno di Dio portato da Gesù, in altre parole, significa riconoscere la verità del volto misericordioso di quel Padre che solo il Figlio “ha rivelato” (Gv 1,18).

Il suo regno non sarà mai distrutto

L’affermazione della vittoria di Dio, che si manifesterà capace di guidare la storia a un fine di salvezza, appare urgente nei momenti di crisi, come quello affrontato ai tempi in cui viene scritto il libro di Daniele. A Daniele è riservata una visione notturna nella quale appare “uno simile a figlio d’uomo” a cui sono dati “potere, gloria e regno” per sempre e al quale si sottometteranno tutte le nazioni (Dan 7,13-14). Si tratta del punto di arrivo della storia. Lungo il cammino, rimangono ancora molte potenze che resistono alla sua regalità, spesso anche dentro ciascuno di noi. Ma la certezza che alla fine il suo regno di amore, misericordia e pace prevarrà, sostiene ciascuno nella perseveranza: senza stanchezza nelle difficoltà del cammino, disponibili a rialzarsi dopo ogni caduta e con la fiducia che la buona strada intrapresa conduce alla meta desiderata.

A colui che ci ama

Anche il libro dell’Apocalisse viene scritto in un momento di crisi attraversato dalle comunità dell’Asia Minore (attuale Turchia occidentale) verso la fine del I secolo d.C. Il brano proposto come seconda lettura è tratto dal primo indirizzo di saluto che Giovanni, dopo la visione avuta nell’isola di Patmos nel giorno del Signore (Ap 1,9-11), rivolge appunto alle “sette chiese che sono in Asia”. Le parole riportate nella liturgia sono parte dell’augurio rivolto ai destinatari dello scritto: “grazia a voi e pace da Colui che è, che era e che viene, e dai sette spiriti che stanno davanti al suo trono, e da Gesù Cristo…” (Ap 1,5-8). Gesù, che sarà poi presentato come l’agnello immolato che sta ritto in piedi a governare la terra, viene definito, innanzitutto, come “testimone fedele”: donando la sua vita sulla croce, ha attestato con il suo sangue che vale la pena accogliere il disegno di Dio sulla propria vita, anche se agli occhi del mondo sembra che questa sia “sprecata”. Egli è anche, in effetti, il “primogenito dei morti”, ossia il primo che ha attraversato la morte da vittorioso, non subendola come una drammatica conclusione, ma rendendola un passaggio per la vita più piena nella comunione con il Padre. Infine, è ricordato come “sovrano di tutta la terra”: quando le potenze del mondo sembrano farla da padrone, riconoscere che un re “mite” come l’agnello sta silenziosamente guidando la storia, costituisce un incoraggiamento a portare avanti il proprio cammino senza timore, ma con la medesima mitezza.

 

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