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Incontriamo il suo volto negli esclusi - IV domenica di Quaresima

Il racconto della guarigione dell’uomo cieco dalla nascita ci provoca a pensare alle nostre cecità

Incontriamo il suo volto negli esclusi - IV domenica di Quaresima

Nel brano evangelico di questa domenica ci viene presentato un secondo incontro fortemente significativo per tutti i discepoli di Gesù.

Essere ciechi non è conseguenza di un peccato

Quale peccato ha causato fin dalla nascita la cecità di quell’uomo? E’ la domanda dei discepoli, forse anche la nostra. E il volto di Dio conseguente è di uno che giudica e castiga. Ma Gesù non condivide questo modo di vedere Dio. Non è questione di peccato, afferma. Piuttosto, è l’occasione per riconoscere quanto Dio fa perché ogni uomo (e donna) possano passare dalla incapacità di “vedere” il volto di Dio ad un incontro che diventa scelta di vita, pure a costo dell’esclusione dalla comunità in cui si è nati. Non è “peccato” l’essere ciechi rispetto a questo volto: è condizione di ogni uomo e donna sulla terra, ed è scelta di Dio renderci capaci di vedere. Piuttosto, può far diventare peccatori rimanere nella convinzione di essere capaci di vederci già. Di quali “cecità” soffro nel mio vivere quotidiano? A chi ne do la colpa?
Un’esperienza che apre alla vita. Vi sono due incontri di quell’uomo con Gesù: all’inizio e alla fine della vicenda, che è la storia di un percorso. E’ iniziativa di Gesù aprirlo alla vista: è quasi un “ricreare gli occhi” con quell’impastare dalla polvere della terra, che richiama il gesto di Dio all’inizio dell’umanità (Gen 2,7). Ed è un’azione che ne chiede un’altra: «Va’ a lavarti» - e l’«acqua dell’inviato» è richiamo a Colui che è inviato da Dio, Gesù stesso.

Due percorsi diversi

Di lì in poi, è tutto un succedersi di interrogativi che nascono intorno a colui che ora ci vede e a quanto gli è accaduto. Ed è un doppio procedere: da un lato il suo, dall’altro quello di coloro che lo giudicano. Il primo passa dal “non sapere” chi sia “l’uomo chiamato Gesù” a un riconoscimento sempre più significativo (un profeta, uno che viene da Dio), proprio grazie a questo confronto sempre più stringente. Gli altri, coloro che detenevano un potere derivato dalla conoscenza della Torah/la Legge, da una prima possibile apertura (“un miracolo simile, pur compiuto violando il sabato, non può essere opera di un peccatore”), passano invece a un rifiuto sempre più deciso di questo “vedente” che sta loro di fronte, forte della sua esperienza.

Una doppia esclusione

Fino a escluderlo dalla comunità, riflesso dell’esperienza dei primi cristiani, ormai scomunicati dall’ortodossia ebraica, un’esclusione che significava trovarsi isolati sia religiosamente sia socialmente. Colui che da cieco era “escluso” in tanti modi dalla realtà, ora che ci vede viene escluso dai rapporti vitali della comunità in cui è nato. Anche per gli altri c’è un processo di esclusione: la chiusura difensiva verso chi disturba il proprio modo di credere e di vivere li auto-esclude dalla luce che apriva a un cammino di vita nuova.

L’incontro decisivo con Gesù

Il percorso si compie in un nuovo incontro con Gesù. E’ lui che prende ancora l’iniziativa e va a trovare l’uomo escluso, per proporgli la domanda decisiva: «Tu credi nel Figlio dell’uomo?» ovvero: «sei disposto a fondare in lui la tua vita?» e la rivelazione, che richiama la nuova capacità di vedere: «Lo hai visto. E’ colui che parla con te». L’esperienza incredibile di una vista mai sperimentata prima è completata dalla parola di Gesù, che dà compimento a tutto ciò che il cieco ora vedente ha man mano affermato di fronte a chi lo interrogava. La risposta è un riconoscimento pieno: prostrarsi a venerare la presenza di Dio. Per gli altri, invece, l’incontro con Gesù ripropone la pretesa di “vedere già”, e provoca l’avvertimento: “rischiate di rinchiudervi in una tenebra che vi esclude dalla luce, e diventa peccato”.

Quale volto di Dio siamo disposti a “vedere”?

Colui che si è lasciato aprire gli occhi ritrova il proprio volto rimanendo fedele a ciò che Gesù ha fatto per lui, all’esperienza sorprendente di vedere, che lo conduce a sempre maggior chiarezza di scelte. Coloro che invece hanno dato per scontato di vederci già, rischiano l’oscurità. Il primo riconosce Gesù nel suo volto più vero, l’Inviato di Dio, i secondi escluderanno Gesù dalla loro vita condannandolo a morte senza mai aprire gli occhi a quel volto. E noi? Siamo disposti a riconoscere Gesù come luce della nostra vita fino al rischio di essere esclusi da altri (ma senza rinchiuderci in gruppi “settari”)? Quali esperienze di bene possono concretamente aprirci all’amore del Padre, e ai rapporti fraterni che fanno crescere nell’umanità? Quali paure ci fanno ostinare in sicurezze sempre più aggressive, fino a respingere con arroganza chi “disturba” il nostro modo di pensare e di vivere? Quali “esclusi” nella nostra vita quotidiana e nella storia di oggi potrebbero “aprirci gli occhi” per riconoscere in modo nuovo il volto del Padre? 

SCHEDA ARCHEOLOGICA

La Piscina di SiloeNel 2004, durante dei lavori infrastrutturali, sono stati scoperti casualmente alcuni resti della piscina di Siloe (nella foto), di conseguenza venne iniziato uno scavo sistematico del sito. La piscina di Siloe fungeva da serbatoio per le acque della Sorgente di Gihon, che venivano deviate attraverso un tunnel idrico sotterraneo. Si ritiene inoltre che venisse usata come bagno rituale (mikveh) da milioni di pellegrini prima di salire al tempio. Situata nella parte meridionale della Città di David è all'interno dell'area del Parco nazionale delle Mura di Gerusalemme.

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