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Incontriamo il tuo volto, Signore… in chi piange - V domenica di Quaresima

Abbiamo il coraggio, di fronte alle morti nostre e altrui, di gridare a Lui?

Incontriamo il tuo volto, Signore… in chi piange - V domenica di Quaresima

Come nel brano di domenica scorsa, anche in quest’ultimo incontro di Gesù prima della passione e della morte s’intrecciano due percorsi, e stavolta coinvolgono non soltanto “gli altri”, ma Gesù stesso.

Un percorso verso la vita

Il primo percorso è verso la vita: è il percorso degli amici amati. Lazzaro (=”Dio aiuta”) è morto, nonostante lui e le sorelle Marta e Maria fossero molto amati da Gesù. Neppure questo amore così profondo riesce a salvarlo. Questa realtà così cruda (è già da quattro giorni nel sepolcro, preda del fetore della morte) viene messa con forza di fronte a Gesù: la morte di Lazzaro è anche frutto della sua assenza. Sia Marta sia Maria lo affermano: «Se tu fossi stato qui mio fratello, colui che amavi, non sarebbe morto». Lo stesso dicono anche i Giudei: sembra che essere amati da Gesù non basti per sfuggire alla morte. Eppure Gesù sente che di fronte a quella tomba si aprirà la possibilità di «vedere la gloria di Dio», cioè il suo agire più efficace per il bene di chi si affida a lui. Di fronte alla morte dell’amico amato e al dolore delle sue sorelle, Gesù sente che giunge ad una tappa fondamentale il percorso in cui lui si rivela pienamente per colui che è: il Figlio del Padre, cioè la risurrezione e la vita, cioè Gesù/Dio-salva. I due giorni di attesa prima di avviarsi a Betania, il rimanere fuori dal villaggio chiamando a sé coloro che ama, la provocazione di far aprire il sepolcro e la preghiera davanti alla tomba spalancata, alla “bocca della morte”: tutto è orientato a questo culmine. Invita chi lo segue ad uscire dal ripiegamento sul lutto per aprirsi con fede a lui, che annuncia di essere «la risurrezione e la vita». E perfino il morto, colui che Gesù ama, obbedisce, ed “esce”, e viene “lasciato andare”, in nome del Padre, il Dio della vita.

Un percorso verso la morte

Ma c’è nel frattempo un altro percorso, stavolta verso la morte: è il percorso di Gesù, presentito fin dall’inizio da Gesù stesso e dai suoi. Compiendo quel gesto di chiamare alla vita colui che ama, egli provoca la reazione definitiva delle autorità di Gerusalemme: profondamente preoccupati delle conseguenze che potrebbero nascere dal suo “successo”, ne decidono la morte (vv. 46-53). È già l’inizio della vicenda della passione.

«Se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!»

L’interrogativo è davvero cruciale, anche per noi: di fronte al male che conduce in tanti modi alla morte, perché Gesù, Dio-salva, non è qui? Avvertiamo un’assenza che ci turba in profondità, soprattutto se ci sembrava di aver a volte intuito la sua presenza d’amore nella nostra vita. Come i discepoli, forse anche noi siamo stati coinvolti in avvenimenti che abbiamo sentito “segni” della sua cura; ma poi, al momento decisivo, di fronte al morire di coloro che amiamo, e al nostro stesso morire, lui dov’è? Sperimentiamo tutta la crudezza della nostra esistenza quando la morte ghermisce, talvolta con grandi sofferenze, chi non è ancora giunto alla pienezza dei propri giorni: bambini, giovani, appena padri appena madri... E ancora, se solo alziamo gli occhi dalle nostre vicende, ci smarriamo nelle stragi della storia, frutto di guerre armate, di guerre economiche per le risorse, per il cibo, per l’acqua, per un luogo che si possa chiamare casa, tragedie causate da terremoti tempeste pandemie… e coloro che muoiono cercando vita… «Se tu fossi stato qui!» tutta questa morte non ci sarebbe!

Una chiamata che sconvolge le nostre attese

Gesù non si sottrae a questo grido. Anzi, rilancia la sua pretesa sconvolgente: «Io sono la risurrezione e la vita». E la sua pretesa, come sempre, non è secondo le nostre attese: rimette in questione non solo la morte, ma la vita stessa, e la nostra speranza che la morte non sia definitiva. Le sue affermazioni dicono che la relazione con lui non fa sfuggire alla morte, ma ci chiama a seguirlo fin oltre la morte stessa. Ci chiama a seguire Gesù fin nel passaggio che lo attende, e che celebreremo a partire dalla prossima domenica nella vicenda della sua passione, fino alla croce e oltre. Per ora, ciò che ci viene proposta è un'esigente scelta di fede. L’ultimo “segno”, la chiamata di Lazzaro fuori dalla tomba, è appello ad uscire anche noi da terrori di morte, e a far nostra la risposta di Marta: «io credo in te», a far nostro il prostrarsi di Maria, fin nel pianto. È il compiere anche noi il doppio percorso che il racconto ci propone: andare verso la morte affidandoci al Dio della vita, credendo che il suo amore non ci abbandonerà. Abbiamo il coraggio, di fronte alle morti nostre ed altrui, di gridare a lui? Di mantenere ancora aperto il nostro cuore alla sua presenza? Vogliamo lasciarci toccare dalle troppe cronache quotidiane di morti nel mondo? E di rimanere accanto con delicatezza, magari in silenzio, a chi sta morendo, a chi è straziato dal lutto, anche se questo dolore mette in questione la nostra sempre fragile fede? Forse allora incontreremo il volto di Dio più sorprendente: quello di colui che ci ama al punto da morire con noi, affinché fin dentro la morte venga seminato l’amore che la supera.

SCHEDA ARCHEOLOGICA (vd. foto)

La seconda tomba di LazzaroNel seminterrato della chiesa di S. Lazzaro a Larnaca (Cipro) è custodita la seconda e definitiva tomba di Lazzaro. Secondo la tradizione orientale, Lazzaro, dopo la Morte e Resurrezione di Gesù, si sarebbe trasferito a Cipro e ne sarebbe stato vescovo per trent’anni. Questa tradizione è suffragata dal ritrovamento a Kition (l’odierna Larnaca), nell’anno 890, di una lapide su cui erano incise queste parole: “Lazzaro, l’amico di Cristo”. In quell'espressione, “l’amico”, riconosciamo il più bel titolo di santità.

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