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"Incontriamo il tuo volto, Signore, nei disorientati" - II domenica di Quaresima

E’ facile riconoscerci nelle reazioni dei tre discepoli sul monte della Trasfigurazione 

"Incontriamo il tuo volto, Signore, nei disorientati" - II domenica di Quaresima

Il testo evangelico di oggi ci ripropone un evento centrale nell’esperienza di Gesù e dei suoi discepoli: la “trasfigurazione/trasformazione” del suo aspetto, che fa intravedere la pienezza di vita di Dio presente in lui.
Sei giorni prima
L’evento si colloca “dopo sei giorni”: dopo la domanda di Gesù a chi lo segue «chi dite che io sia?», la risposta di Pietro «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente», e di seguito al primo annuncio della passione che svela il volto che quel Figlio avrà, la protesta di Pietro e il rimprovero di Gesù «Torna al tuo posto dietro a me, non pretendere di decidere tu qual è la via sulla quale il Padre mi chiama, o diventi mio “avversario”». E accade dopo «sei giorni»: se il sette è la cifra che indica la pienezza, allora “sei” chiama ad un cammino che da quell’annuncio viene indicato.
Sul monte un incontro
Gesù «prende con sé» Pietro Giacomo e Giovanni e li conduce «in disparte» su «un alto monte». Come nel racconto di domenica scorsa, c’è un «monte» sul quale avviene un confronto, «in disparte», come era capitato nel deserto. Ma l’appuntamento non è con l’«avversario/satàn», quanto piuttosto con due figure simbolo dell’incontro con Dio nell’esperienza di Israele.
Oltre le immagini di Dio che vogliamo
Mosè ed Elia hanno vissuto sognando un “volto” di Dio che portasse a compimento l’Alleanza con il suo popolo. Mosè chiederà di vederlo, ma lo scorgerà solo di spalle, con una voce che annuncia un volto di misericordia (Es 33,18-23; 34,5-7). Elia vedrà stravolte le proprie attese di un volto potente, e sorpreso da «un mormorio di sottile silenzio» (1Re 19,11-13). Una volta ancora questi personaggi simbolo delle attese e del cammino di Israele sono chiamati a confrontarsi con un volto di Dio che li supera: da colui che ha cominciato ad annunciare «sei giorni prima» la sua passione e morte trabocca inarrestabile la luce che svelerà pienamente il volto di Dio.
L’incontro con un volto che ci disorienta
Ma non ci sono solo i due grandi profeti del passato. C’è l’oggi rappresentato da Pietro che ancora una volta fraintende quanto sta accadendo: “rimaniamo qui, fermiamoci a questo momento inebriante in cui vediamo che tu sei il compimento delle attese (così umane) di Israele”… Ma la luce di quel volto si intesse in una nube da cui una voce disorienta i tre discepoli turbandoli fino a “gettarli a terra”: è lui il Figlio amato, degno di essere ascoltato e seguito fino alla fine, fino alla croce.
Non a caso, Gesù decide di coinvolgere nell’esperienza proprio quei tre discepoli: sono coloro che esplicitamente vogliono da lui il “volto” del Messia che trionfa sui nemici di Israele, e rifiutano la prospettiva che Gesù invece indica loro. Pietro si è già espresso in merito, e gli altri due pretenderanno i primi posti nel regno che loro hanno in mente. Ma l’annuncio della passione fa da cornice, prima (Mt 16,21) e dopo (Mt 17,22-23), all’evento sul «monte alto», e l’esperienza non si lascia ridurre ad un momento che preservi da un fallimento già annunciato, il più infame, quale la morte in croce. “Ascoltate lui, seguite lui, perfino se va a morire crocifisso! Perché è lui il mio Figlio che amo, è lui il mio volto che vi ama fino alla morte - e oltre”. L’esperienza sul monte chiede un cammino che dovrà attraversare perfino la morte crocifissa.
Chiamati a camminare dietro a Gesù
Questo evento narra la “trasformazione” capace di far trasparire dal volto di Gesù tutta la pienezza di vita del volto di Dio, e per questo è posto sempre come seconda tappa del percorso verso la Pasqua di morte e risurrezione. Ci chiama infatti a misurarci non più con prospettive distorte che mettono al centro il nostro io, come nel confronto con l’«avversario», ma con le immagini del volto di Dio che vorremmo: un Dio che ci preservi dalla necessità di andare fino a Pasqua, che ci permetta di “rimanere sul monte”, convinti che rimaner lì sia sufficiente ad evitare tutti i rischi che la vita porta inevitabilmente con sé. Vorremmo il volto di un Dio che ci premi, risparmiandoci sofferenza e morte se ci comportiamo bene, e quanto ci sentiamo disorientati quando, invece, nella storia e nella vita sofferenze e morti si moltiplicano. Che siano imputabili alle guerre della ferocia umana o ai cataclismi di una natura indifferente… Il volto che Gesù, sul monte, ci fa intravedere, invece, è il volto di chi ama a tal punto da far trasparire sovrabbondanza di luce e di vita perfino nell’oscurità della morte. Il Padre ci chiama a fidarci di Gesù come Egli stesso di lui si fida. Mentre nei volti disorientati dei tre discepoli riconosciamo i nostri volti, intravediamo anche, riflessa sulle loro incertezze, la luce di Colui che ci ama. E ci chiama a seguire Gesù, Dio-salva, che non risparmia se stesso e la sua vita pur di illuminare i passi del nostro cammino quotidiano verso i semi di bene da coltivare e custodire con chiunque li apprezzi, costruendo, a partire dai più disgraziati, il suo Regno in cui ogni morte sia trasformata in vita piena, per tutti. 

IMMAGINE:

Il “Colle dell’infinito”

Recanati il colle che si ritiene abbia ispirato a Giacomo Leopardi la poesia “L’Infinito” si chiama, non a caso, Tabor, allo stesso modo del monte della bassa Galilea tradizionalmente ritenuto il luogo della trasfigurazione di Gesù. Nella poesia, anche noi possiamo riconoscere e ritrovare l’esperienza di uno sguardo trasfigurato.

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