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Inviati in tutto il mondo “nel suo nome” - SANTISSIMA TRINITA’

Ascoltiamo l’espressione sintetica più chiara ed esplicita sul mistero del Dio uno e trino

Inviati in tutto il mondo “nel suo nome” - SANTISSIMA TRINITA’

Con la domenica della Santissima Trinità si riprende il percorso del Tempo Ordinario, dopo le straordinarie occasioni di grazia costituite dalla Quaresima e dal Tempo Pasquale. 

Fate discepoli tutti i popoli

La conclusione del Vangelo di Matteo (Mt 28,16-20), oltre a costituire la chiave interpretativa di tutto il racconto, consegna alla chiesa l’espressione sintetica più chiara ed esplicita sul mistero del Dio uno e trino. È probabile che la formula fosse già in uso, ma possiamo dire che, per lo meno da quando l’evangelista ha messo per iscritto queste parole di Gesù, i cristiani di ogni tempo e di ogni luogo iniziano la propria vita in Cristo e nella Chiesa – così come ogni altra attività importante – “nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”.

Per l’Evangelista è decisivo che l’ultima apparizione del Risorto avvenga proprio in Galilea, “sul monte che Gesù aveva loro indicato”. Dalla Galilea tutto aveva avuto inizio, con un gruppetto sparuto di discepoli: ora questi stessi uomini si aprono a un tempo e a una missione totalmente nuovi. Il ministero storico di Gesù, cominciato nella “Galilea delle genti” (Mt 4,15), si era concentrato solo sulle “pecore perdute della casa d’Israele” (Mt 10,6); ora Gesù lascia agli apostoli e alla Chiesa di tutti i tempi un nuovo mandato missionario: “Andate, dunque, e fate discepoli tutti i popoli”. Su un “monte” Gesù era stato tentato di “conquistare il mondo” (Mt 4,8), aveva consegnato i suoi insegnamenti più importanti (Mt 5,1) e si era trasfigurato davanti ai discepoli (Mt 17,1): ora, su un monte, accoglie dal Padre il “pieno potere in cielo e sulla terra”, si fa nuovamente vicino ai suoi discepoli, come sul Tabor, e li invia a tutti per “insegnare a osservare” tutto ciò che ha comandato. Colui che era stato presentato come “Emmanuele”, il “Dio con noi” (Mt 1,23), conclude la sua vita terrena con una promessa che realizza quanto espresso dal suo nome: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”.

Si udì mai cosa simile a questa?

È davvero singolare questo Dio che manda a battezzare “nel suo nome” (singolare), che è lo stesso per il “Padre, il Figlio e lo Spirito Santo” (plurale); è sorprendente questo Dio che si manifesta in uno uomo chiamato “Gesù” ed “Emmanuele”, che salva morendo su una croce e garantisce che sarà presente fino alla fine del mondo mentre sta lasciando i suoi discepoli; disorienta questo “Figlio di Dio” che si è dedicato solo a coloro che appartenevano al popolo di Israele, ma incarica i suoi discepoli di raggiungere con il suo messaggio e il suo dono tutti popoli del mondo.

D’altra parte, lo stile sorprendete di Dio si era già ampiamente manifestato nell’AT, come risulta anche dalla prima lettura (Dt 4,33-34.39-40). Non si era mai udito che “un dio” andasse a “scegliersi una nazione in mezzo a un’altra”, manifestando con forza e potenza la cura per il “suo popolo”. Appare sconvolgente che “l’unico Dio” – che in quanto tale dovrebbe essere il Dio di tutti – scelga di farsi conoscere attraverso il popolo eletto, che non è certo il più significativo tra tutti i popoli, come afferma lo stesso Mosè: “Il Signore si è legato a voi e vi ha scelti, non perché siete più numerosi di tutti gli altri popoli – siete infatti il più piccolo di tutti i popoli” (Dt 7,7).

Queste sono le caratteristiche del Dio unico che Gesù, uomo appartenente al popolo di Israele, ha pienamente “rivelato” (Gv 1,18) e che, salito al cielo, rende costantemente presente nella storia attraverso l’umanità di quegli uomini che si è scelto: “Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga” (Gv 15,16).

Questi sono figli di Dio

Figli di Dio sono i migliori, o quelli che si sono meritati tale titolo: soltanto “quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, questi sono i figli di Dio” (Rm 8,14-17). Nei figli si vedono le fattezze del Padre, per cui in loro si può conoscere Dio pienamente; ai figli viene consegnata “l’eredità” del Padre, per cui tramite loro si può accedere alla ricchezza di tutti i suoi doni. Dio è uno solo, ma a lui tutti gli uomini di ogni tempo e luogo possono giungere tramite il Suo Figlio Unico, l’uomo Cristo Gesù, e l’azione dello Spirito Santo. Solo la docilità allo Spirito – e nessuna altra garanzia di qualsiasi tipo –trasforma coloro che lo accolgono docilmente in “figli adottivi”, capaci di far incontrare nella propria particolarissima esperienza umana quel Dio che è per tutti gli uomini.

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