L'abbraccio dell'Ecuador al Papa. Don Vallotto parla dei "colpi di genio" di Francesco
Il sacerdote diocesano si trova in Ecuador da circa un anno e mezzo e condivide il servizio pastorale con don Graziano Mason. Avrebbe preferito una visita meno "ingessata", con più spazio per giovani, poveri, indigeni. "Ma questo Papa trova sempre il modo di incontrare tutti, di avvicinarsi alle persone”.

L’Ecuador ha forti legami con la nostra Chiesa, lì sono presenti numerosi missionari e sono molti anche i laici che hanno partecipato in questi anni ad iniziative di volontariato internazionale. Due sono i sacerdoti diocesani missionari fidei donum: oltre a don Graziano Mason, si trova a Quito da circa un anno e mezzo (dopo avervi trascorso un lungo periodo negli anni Ottanta) anche don Giuliano Vallotto. A nome della diocesi si trova in Ecuador anche Daniela Andrisano, laica “fidei donum” partita due anni fa.
Raggiungiamo don Giuliano Vallotto mentre sta guardando per televisione la messa che il Papa celebra a Guayaquil, la metropoli che si affaccia sull’Oceano Pacifico. Don Giuliano è preso da due atteggiamenti contrastanti. Da una parte non rinuncia a quell’atteggiamento critico che lo ha sempre contraddistinto: “Questa visita - e non vuole essere una critica al Papa - mi è sembrata un po’ ingabbiata. Non è stato ad esempio inizialmente previsto un incontro con gli indigeni, come invece era accaduto nel 1988, quando era venuto qui Giovanni Paolo II”.
Dall’altra, non nasconde la sua gioia per l’impatto che ha avuto il Papa fin da suo arrivo: “Ha dei colpi di genio, trova sempre il modo di incontrare tutti, di avvicinarsi alle persone”. E non sono infatti mancati in questi giorni momenti di incontro intensi.
Don Giuliano ha ascoltato con attenzione i primi discorsi di questo viaggio: il saluto del presidente Correa e la risposta di papa Bergoglio. “Sono spesso critico con il Presidente, ma devo dire che ha fatto un bel discorso: ha richiamato i convegni di Puebla e Medellin, alcune figure di vescovi molto significativi, come Oscar Romero, Helder Camara e l’ecuadoriano Leonidas Leonidas Proaño. E poi bellissimo è stato il discorso del Papa”. Parole ricche di poesia quelle di Francesco, quando ha parlato del vulcano Chimborazo, le vetta più alta del Paese, il luogo “più vicino al sole”. “Noi cristiani - ha detto - paragoniamo Gesù Cristo con il sole, e la luna con la Chiesa; la luna non ha luce propria e se la luna si nasconde dal sole diventa buia. Il sole è Gesù Cristo, e se la Chiesa si allontana o si nasconde da Gesù Cristo diventa oscura e non dà testimonianza. Che in queste giornate si renda più evidente a tutti noi la vicinanza del ‘sole che sorge dall’alto’, e che siamo riflesso della sua luce, del suo amore”.
Continua don Giuliano: “Nella gente c’è grande entusiasmo, grande «alegria», ma mi sarebbe piaciuto vedere degli incontri con i giovani e con gli indigeni”. Certo, questo viaggio dà a tutta la società motivi di speranza, in un momento in cui il Paese è diviso e da settimane si susseguono manifestazioni contro Correa: “L’Ecuador è sotto i riflettori e l’opposizioen cerca di approfittarne - commenta don Giuliano -. Sul presidente Correa, mi arrischio a dire che c’è un qualche feeling con papa Francesco. E’ stato l’unico politico ad essere invitato a Roma e consultato in vista della stesura dell’enciclica Laudato si’. E’ vicino a quel filone ecclesiale che parte da Medellin. Ha fatto molto per i più deboli e sull’ecologia - per esempio sostiene che debba essere applicato ai paesi ricchi rispetto ai paesi poveri una sorta di «debito ecologico» -, ma al tempo stesso ha svenduto molte cose alle multinazionali e alla Cina. Poi, però, ha un brutto carattere, sfida con arroganza i suoi oppositori”.
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