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La promessa di un amore per sempre - VI DOMENICA DI PASQUA

Chi ama Gesù, osservando la sua parola, potrà sperimentare la sua vicinanza

La promessa di un amore per sempre - VI DOMENICA DI PASQUA

Nella domenica prima dell’Ascensione, in attesa della Pentecoste, i testi liturgici invitano a riconoscere l’agire dello Spirito Santo nella propria vita concreta: Gesù, nel suo ultimo discorso di addio, ha offerto ai suoi discepoli alcune indicazioni fondamentali per i credenti di ogni tempo e di ogni luogo che non hanno potuto condividere la sua esistenza terrena.

Se uno mi ama, osserverà la mia parola

Il capitolo 14 del Vangelo di Giovanni riporta tre interrogativi degli apostoli provocati dalle parole di Gesù: “Del luogo dove io vado, conoscete la via” (Gv 14,2). L’annuncio della “partenza” del maestro deve aver creato un certo sgomento, nonostante la rassicurazione riguardo a un “posto” preparato per loro: un posto dove? Tommaso pone la prima domanda proprio in questo senso: “Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?” (Gv 14,5). Gesù si presenta come l’unica via: non importa sapere “dove” si arriverà, ma conta conoscere la via da percorrere. Sentendolo parlare del Padre, Filippo torna a interpellarlo dicendo: “Signore, mostraci il Padre e ci basta” (Gv 14,8). Ma anche in questo caso, con un velato rimprovero, Gesù risponde riportando l’attenzione sulla sua persona: “Chi ha visto me, ha visto il Padre” (Gv 14,9).

Infine, Giuda – non l’Iscariota – pone la domanda che introduce il brano proposto per questa domenica: “Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi, e non al mondo?”. Forse, ancor più dei precedenti interrogativi, questo riporta una problematica che riguarda tutti i cristiani: perché, se è così importante aver visto Gesù, egli si è mostrato solo ad alcuni? Perché tutti gli altri, dopo quei primi privilegiati, devono fondare la propria fede sulla loro testimonianza?

Gesù sembra non rispondere alla domanda, ma in realtà mette in chiaro che la differenza tra i primi testimoni oculari e tutti quelli che verranno dopo non è rilevante: chi lo ama, osservando la sua parola, potrà sempre sperimentare la sua vicinanza: “verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui” (Gv 14,23). Tutto dipende dalla relazione che si vivrà con Gesù: lui costituisce la via; vedendo lui si vede il Padre; amandolo, lo si scopre presente nella propria vita.

Vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto

Ai discepoli viene offerta anche un’ulteriore rassicurazione: le cose che Gesù ha detto mentre era presente di persona, saranno poi “insegnate” e “ricordate” dallo Spirito Santo. Questa promessa riguarda sia chi ha potuto ascoltare direttamente la voce del Signore, sia coloro ai quali arriva mediata da un testo tramandato, scritto e sempre nuovamente proclamato: senza l’azione dello Spirito inviato dal Padre non è possibile né ricordare adeguatamente le sue parole né, tanto meno, esserne istruiti. È questa la missione fondamentale di Colui che viene qui chiamato “Paráclito”, con un termine greco che, letteralmente, significa “chiamato presso”: è presso di sé come avvocato difensore, come consolatore, oppure quando c’è bisogno di un incoraggiamento.

È parso bene, allo Spirito Santo e a noi

Tanto il racconto di Atti degli Apostoli quanto il testo dell’Apocalisse confermano che l’assenza fisica di Gesù non sarà mai un problema per il credente. L’ultimo libro della Bibbia, infatti, parla della grandezza della Gerusalemme celeste, costruita sul fondamento degli apostoli: in essa non c’è più bisogno del tempio e nemmeno della luce del sole o della luna, perché la presenza di Dio e dell’Agnello (Gesù morto e risorto) la illumina costantemente. Nel linguaggio simbolico di Giovanni di Patmos, ciò che sarà al tempo della fine illumina il tempo presente: chi sperimenta la presenza di Dio nella propria vita, mediante la parola di Gesù e l’azione dello Spirito Santo, vede già ora con chiarezza ciò a cui il Signore lo sta chiamando. L’esperienza narrata in Atti degli Apostoli lo conferma. La prima comunità cristiana stava affrontando una questione delicata, che la portò a prendere una decisione fondamentale per la vita della Chiesa. Più ancora che il contenuto del discernimento realizzato nella celebre assemblea di Gerusalemme (cf. At 15), è importante il metodo. Nell’ascolto delle esperienze vissute dai primi missionari, imparando a riconoscere i modi nei quali lo Spirito Santo si stava manifestando, gli apostoli sono stati capaci di “imparare” prospettive nuove e di “ricordare” non solo le parole di Gesù, ma anche tutte quelle che, nell’insieme delle Sacre Scritture, lo riguardano in un modo o nell’altro.

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