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Pentecoste: il Vescovo ricorda i cristiani martiri

Diversi carismi ma la stessa consapevolezza di ritrovarsi tutti nella stessa Chiesa, per vivere la comunione suscitata dallo Spirito. Questo il significato della veglia diocesana di Pentecoste del 23 maggio in Cattedrale.

Parole chiave: pentecoste (25), veglia (63), vescovo (575), martiri (45)
Pentecoste: il Vescovo ricorda i cristiani martiri

Numerosi fedeli laici appartenenti alle diverse aggregazioni, associazioni, movimenti ecclesiali si sono ritrovati sabato 23 maggio in Cattedrale per la consueta veglia diocesana di Pentecoste, presieduta dal vescovo Gianfranco Agostino Gardin: diversi carismi - come diversi erano i colori delle lampade poste durante la celebrazione in vari punti della Cattedrale - ma la stessa consapevolezza di ritrovarsi tutti nella stessa Chiesa, per vivere la comunione suscitata dallo Spirito. Diversi sono stati anche gli ambiti di impegno, riassunti nei cartoncini distribuiti ai presenti, dentro quei “cantieri di speranza” che, a partire dalla riflessione sul verbo “Sperare”, erano stati individuati durante l’anno pastorale dalla Consulta delle aggregazioni laicali. I presenti hanno pregato lo Spirito perché sostenga i cantieri “dall’ascolto di chi è in ricerca”, “della fragilità”, “dell’educazione”, “del dialogo e della pace”, della “cittadinanza”. Ed hanno ringraziato Dio, che pone il suo sguardo e la sua speranza su ciascuno, così come ha fatto con il cieco nato (il brano evangelico di riferimento durante la veglia).
Ma la veglia di preghiera ha avuto anche un altro significato, così come chiesto dai Vescovi italiani: quello di pregare e di sentirsi vicini ai tanti cristiani che nel mondo sono perseguitati e discriminati.
Su questo aspetto si è soffermato il Vescovo, durante la sua meditazione, ricordando che il “martirio è l’intera vita cristiana concentrata in un attimo”. Cogliendo la felice coincidenza della contemporanea beatificazione, a San Salvador, dell’arcivescovo martire mons. Oscar Romero, mons. Gardin ha messo in evidenza l’itinerario spirituale che ha condotto mons Romero verso il sacrificio della sua vita, sottolineando che il martire non è un “superuomo”, ma colui che, non senza paure ed inquietudini, risponde ad una chiamata di Dio.

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