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Sinodo: l'odore degli uomini e il profumo del vangelo

Il problema dei divorziati, con la conseguente difficoltà di accedere ai sacramenti, è reale e rappresenta una sofferenza non solo per gli sposi cristiani ma anche per i pastori che ogni giorno hanno a che fare con i problemi della gente. Ha fatto bene perciò papa Francesco a volere che il Sinodo affronti una questione così delicata.

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Sinodo: l'odore degli uomini e il profumo del vangelo

Chi si aspetta troppo da un evento può anche pagare lo scotto della delusione. Soprattutto quando, come nel caso del Sinodo sulla famiglia, si attendono soluzioni di grande apertura su un problema assai complesso come quello dei divorziati risposati, che ha alle spalle tutta una prassi pastorale legata ad un chiaro impianto teologico e dottrinale. In questi mesi l’attesa è assai aumentata anche a motivo di dichiarazioni di apertura di vescovi e dello stesso Papa Francesco, come a esempio quelle sulla necessità che la chiesa e i pastori siano misericordiosi verso situazioni di sofferenza di tante coppie e che le regole non diventino pesanti fardelli.

Nel dibattito che si è aperto, soprattutto nei media, si parla di tutto e si ha l’impressione che molti siano convinti (o sperino) che il Sinodo farà finalmente saltare, o almeno ridimensionerà, tante regole che finora hanno orientato la vita dei credenti. La questione, secondo l’opinione pubblica, gravita per lo più attorno al problema della comunione ai divorziati risposati, ma questo sta trascinandosi nel dibattito anche altri temi assai delicati e preoccupanti come quelli delle convivenze, delle coppie omosessuali e del fine vita.

Il rischio che si corre è che, nei media e nella chiesa, stia imponendosi una classificazione tra coloro, vescovi in testa, che sono “comprensivi” e stanno col Papa, e quelli più “conservatori” preoccupati di difendere regole e dottrina sull’indissolubilità del matrimonio. Giustamente, in una recente intervista il card. Bagnasco ha osservato che la grande attesa mediatica sulla comunione ai divorziati risposati nasconde “il solito gioco di far apparire una Chiesa divisa in fazioni, operazione realmente diabolica”.

Le difficoltà dei pastori

Il problema dei divorziati, con la conseguente difficoltà di accedere ai sacramenti, è reale e rappresenta una sofferenza non solo per gli sposi cristiani ma anche per i pastori che ogni giorno hanno a che fare con i problemi della gente e che, per la carità pastorale che li anima, non desiderano affatto essere - per usare la parole del Papa - chierici di stato, “sulle cui labbra il popolo cercherebbe invano la freschezza e il profumo del vangelo”. Sarebbe per loro il fallimento di una vita spesa per amore di Dio e degli uomini; la perdita della dimensione paterna e misericordiosa del ministero. Tolte le inevitabili eccezioni, dalle nostre parti i preti conoscono bene “l’odore” degli uomini affidati alla loro cura pastorale, perché vivono in mezzo a loro e per loro si spendono ogni giorno. Di sicuro, i primi a desiderare un orientamento chiaro da parte del magistero sul problema dei divorziati sono proprio i parroci, così spesso dibattuti tra fedeltà alle norme scritte e le difficoltà di quei cristiani – perché di essi si tratta – che, visto fallire un matrimonio, sentono forte il bisogno di continuare a ricevere i sacramenti e di continuare ad essere parte attiva della loro parrocchia. Anche se, bisogna dirlo con chiarezza, quello che ormai preoccupa i pastori è che i giovani si sposano sempre meno e le convivenze sono diventate a tempo indeterminato e poche volte approdano al matrimonio.

Una riflessione necessaria

In una tale situazione la maggior parte dei pastori si sono spesso sentiti soli a sbrogliare sul campo la matassa, con in più la convinzione che l’istituzione ecclesiale fosse impotente nell’individuare soluzioni. Grazie a Dio, o purtroppo, diversi preti hanno risolto il problema con una certa libertà, “concedendo” molto. Questa però non è una soluzione perché, a fronte di quegli altri che, per fedeltà alle norme e ai diversi interventi magisteriali, “concedono” poco o nulla, si crea confusione e sconcerto tra la gente e, nell’immaginario collettivo, si incrementa la nefasta divisione tra pastori buoni e comprensivi e pastori cattivi e insensibili. Ha fatto bene perciò papa Francesco a volere che il Sinodo affronti una questione così delicata, la cui soluzione correva il rischio di rimanere congelata o rinviata sine die con inevitabili disagi e sofferenze per tutti; a chiedere di individuare una linea comune e che la chiesa si faccia effettivamente carico, con forza e tenerezza, delle gioie e speranze, tristezze e angosce degli uomini e delle donne del nostro tempo, in modo da saper proporre con credibilità la buona notizia sulla famiglia. E’ evidente che anche per noi le attese sul Sinodo sono grandi. Almeno per quanto riguarda una certa chiarezza di indirizzo e una prassi pastorale più unitaria.

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