Una venuta che porterà pienezza - XXXIII domenica del Tempo ordinario
Gesù invita a rimanere in questa storia, vigilanti e senza paura

Proponendo per la Quinta Giornata mondiale dei poveri il tema “I poveri li avete sempre con voi” (Mc 14,7), Papa Francesco si augura che tale giornata “possa radicarsi sempre più nelle nostre Chiese locali e aprirsi a un movimento di evangelizzazione che incontri in prima istanza i poveri là dove sono” (Messaggio del Santo Padre Francesco, 9). La liturgia, in prossimità della conclusione dell’anno liturgico, concentra l’attenzione su “la fine” della storia, affinché ciascuno possa riconoscere “il fine” della propria esistenza.
La grande tribolazione nella storia
Il discorso di Gesù che riguarda le “cose ultime” si apre con l’annuncio della prossima distruzione del tempio di Gerusalemme, che avverrà nel 70 d.C, forse proprio mentre Marco stava scrivendo il suo Vangelo. Dopo aver proposto “l’obolo della vedova” come stile caratteristico proprio e del cristiano (Mc 12,41-44), Gesù lascia definitivamente il tempio, prendendone le distanze. Qualcuno dei suoi discepoli, però, si mostra ancora affascinato dall’imponenza delle pietre che lo sostenevano e dalla grandiosità della costruzione nel suo insieme: ma di tutto ciò che possono fare gli uomini, per quanto sia espressione di ingegno e capacità straordinarie, “Non sarà lasciata qui pietra su pietra che non venga distrutta” (Mc 13,1-2). Ma allora, qual è il senso della storia e dell’agire dell’uomo? A quale scopo darsi da fare su questa terra? Non sarebbe forse sarebbe più facile orientare bene le nostre energie se sapessimo “quando accadranno queste cose” (Mc 13,4)?
Gesù risponde descrivendo, innanzitutto, i “segni remoti” della fine, ossia tutto ciò che accade – da sempre – nel tempo della storia: guerre, contrasti tra nazioni, terremoti, carestie, persecuzioni, divisioni tra famiglie e ingiuste uccisioni: nonostante tutto questo, il Vangelo continuerà ad essere annunciato in tutto il mondo e non sarà subito la fine (Mc 13,5-13). Una “grande tribolazione”, invece, caratterizzerà i tempi che precedono la fine: sarà un evento simile al momento nel quale Antioco IV Epifane aveva profanato il tempio di Gerusalemme collocandovi un idolo (167 a.C.), o a quello che sarebbe accaduto da lì a poco, con la distruzione del tempio da parte dei Romani: un tempo nel quale il male si manifesterà in tutta la sua potenza, prima di essere definitivamente sconfitto (Mc 13,14-23).
Radunerà i suoi eletti dai quattro venti
È un annuncio di speranza, infatti, quello a cui è dedicato il Vangelo proposto nella liturgia (Mc 13,24-32). La venuta definitiva del “Figlio dell’uomo” (Gesù), sarà caratterizzata dalla fine di ciò che segna lo scorrere del tempo nella storia (sole, luna, stelle) e da una di ricomposizione delle divisioni che permetterà di radunare tutti “gli eletti”, coloro che egli ha scelto e chiamato e che, nella loro vita, hanno cercato di rispondere alla sua chiamata. Non c’è da temere, dunque, né la storia, né le sue ultime svolte drammatiche: la venuta del Signore porterà con sé quella pienezza di vita e di comunione che ognuno di noi da sempre desidera.
La parabola del fico suggerisce di leggere con fiducia i “segni” della vittoria definitiva di Gesù che si possono intravvedere anche nell’oggi della storia, pur in mezzo a segni di contraddizione (vv. 28-29).
Le ultime tre sentenze, poi, offrono finalmente delle risposte alle domande formulate sopra. La prima descrive qualcosa che Marco ha già potuto constatare nel “tempo di una generazione”, ossia a circa quarant’anni dalla morte di Gesù: i segni “tipici” della storia e anche quelli che preludono alla fine si sono già manifestati. La storia, con tutto quello che comporta, avrà una fine, insieme ai cieli e alla terra: solo la Parola di Gesù rimarrà un punto di riferimento insuperabile. Infine, i segni indicati da Gesù non servono a sapere “quando” verrà il giorno del Signore: nessuno lo può sapere, se non il Padre. Ciò che conta è rimanere in questa storia senza lasciarsi spaventare, ma vigilando, in modo da rimanere tra “i suoi eletti” (vv. 30-32).
In quel tempo sarà salvato il suo popolo
In fondo, è quello che era già stato annunciato dal Signore tramite gli scritti del profeta Daniele, che sono nati proprio nel periodo della crisi scoppiata ai tempi di Antioco IV (Dn 12,1-3): “chiunque sarà scritto nel libro sarà salvato”. Dopo la grande tribolazione, coloro che saranno rimasti fedeli, “si sveglieranno alla vita eterna”; chi, invece, avrà preso le parti del male, sarà apparso illusoriamente più forte del bene, si risveglieranno “alla vergogna e per l’infamia eterna”.
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