Cultura e Spettacoli
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A tu per tu con Tomaso

E' ai giovani e ai loro docenti che è stato affidato il restauro degli affreschi di Tomaso da Modena nella sala del Capitolo del Convento dei Domenicani. Lavoro certosino che testimonia una fervida passione per l'arte e per la sua conservazione.

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A tu per tu con Tomaso

Il cantiere è aperto... per gli addetti al lavoro. Dopo la conferenza stampa di presentazione e un giorno per preparare tutti gli strumenti e i materiali necessari (davvero notevoli), eccoli gli allievi della Scuola di Alta formazione e Studio dell’Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro, di bianco vestiti, sopra l’impalcatura, a diretto contatto con gli affreschi di Tomaso da Modena. Sono dodici ragazze e tre ragazzi, divisi in gruppi di due persone. A seguirli sono tre professionisti-insegnanti, tra cui il noto restauratore trevigiano Antonio Bigolin.
La mattinata di mercoledì, quando ci “intromettiamo” per seguire un po’ il loro lavoro, è spesa davanti al computer: le immagini fotografate vengono riprodotte prima su lucidi, viene segnato ogni particolare, ogni piccola sezione rovinata su cui intervenire e, poi, il modo in cui si procederà. Tutto verrà riportato in seguito a computer in modo che, in futuro, si saprà lo stato in cui si trovava l’affresco al momento di questo restauro, cosa è stato fatto, come sarà al termine. E gli studiosi ed esperti potranno ripartire da qui se sarà necessario, nei decenni a venire, di un ulteriore intervento. Sarà anche misurata la temperatura della stanza per una corretta conservazione. Curioso che tra gli allievi, non solo in questo cantiere, ma proprio all’interno dell’istituto la maggioranza sia composta da ragazze... E le prime a stupirsi sono proprio loro, Sofia Schiattone, 21 anni di Roma, che, però frequenta la sede di Matera, e Natalie Iacopino, 20 anni di Varese, anche lei studentessa a Matera. E’ dovuta a una questione di precisione - azzardiamo noi. “Sì, forse - ci dicono le dirette interessate -, anche di pazienza e di sensibilità. Potrebbe in effetti sembrare una professione femminile, ma così non è”. Sicuramente ci vogliono fisico e resistenza, notiamo noi. La temperatura in questa mattinata, ma sarà così anche per il resto dei giorni, è elevata: lampade, luci, computer, sotto tetto, stanza chiusa e poco aerata..., “ma sono giovani, devono abituarsi, troveranno cantieri molto peggiori, qui è tutto organizzato perfettamente”, sorride il direttore del cantiere il dott. Giuliano Romalli. Il pensiero va agli archeologi, in mezzo a caldo e polvere tutto il tempo. Nella Sala del Capitolo si soffre meno.
Una preparazione a tutto tondo
L’età degli studenti va dai venti ai trent’anni, anche se tutti sono al terzo anno di studio... Entrare in questo Istituto di alta specializzazione non è semplice, ci sono pochi posti e il test d’ingresso spesso si ripete. Alle spalle hanno studi diversi, non solo liceo artistico, ma anche classico e scientifico. Sofia, ad esempio, proviene da un liceo classico, Natalie da un liceo artistico. D’altronde, la preparazione per arrivare al titolo di restauratore è complessa, ha componenti umanistiche, scientifiche ed artistiche. Quindi, ad indirizzare queste giovani è soprattutto la passione. Nemmeno la certezza di avere un lavoro, una volta finiti gli studi, “anche se siamo in pochi a laurearci in questo istituto. Purtroppo in Italia non si investe molto sul recupero di opere d’arte nonostante ne abbiamo tantissime. Per noi c’è anche la prospettiva di spostarci all’estero”. Ovunque ci sia qualcosa da recuperare, loro sono pronte. La loro formazione è autorevole, il loro lavoro concreto inizia, come si può vedere, fin sui banchi di scuola. Hanno già partecipato ad altri restauri, insieme agli insegnanti, loro due personalmente alla pulitura della fontana del Nettuno a Bologna. Qui, da profani quali siamo, si può pensare che il lavoro sia più complesso. Chissà se sentono il peso dell’intervento che andranno a fare. “Certamente qui c’è la bellezza dei materiali e delle raffigurazioni - ci rispondono Sofia e Natalie -. C’è un senso di responsabilità infinito da parte nostra. Ma tanto grande è la responsabilità, tanto grande è l’attenzione che ci mettiamo. E poi siamo seguiti e guidati da insegnanti...”. Anche gli allievi, come ci ha detto il dottor Romalli, sono felici della sistemazione in Seminario. Poter riposarsi, dormire e mangiare accanto al cantiere, senza avere altre preoccupazioni, è un grande sollievo. Per il momento non hanno visto nulla di Treviso, ma contano di aver tempo libero per poter girare e ammirare anche altre opere d’arte del luogo.
L’unico loro pensiero per queste cinque settimane sarà, in ogni caso, “Il ciclo dei domenicani illustri” a cui dare ancora maggiore lustro. Non togliamo altro tempo. Buon lavoro. Ci rivedremo a cantiere ultimato.

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