A 30 anni dalla Convenzione Onu sull'infanzia: ancora troppi diritti violati
Il 20 novembre 1989 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite approvò all’unanimità la Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, 54 articoli in cui per la prima volta veniva messo nero su bianco l’impegno a proteggere tutti i bambini e tutte le bambine del mondo.

La convenzione è il trattato sui diritti umani maggiormente ratificato al mondo. Ad oggi manca infatti solo la ratifica degli Stati Uniti. I 196 Stati che lo hanno sottoscritto si sono solennemente impegnati a conformare le proprie legislazioni e ad attuare politiche di rispetto dei bambini e dei minori. Con la Convenzione i bambini sono considerati soggetti di diritti civili, sociali e culturali e non più solo oggetto di tutela.
I fondamentali della Convenzione. La Convenzione si basa su 4 principi fondamentali: i bambini non devono subire alcuna discriminazione; i bambini hanno il diritto di crescere e svilupparsi da tutti i punti di vista: fisico, emotivo, psicosociale, cognitivo e culturale; il superiore interesse del bambino deve essere il principio guida di tutte le decisioni e le azioni che riguardano i bambini e i bambini devono poter partecipare attivamente a tutte le decisioni che riguardano la loro vita e devono essere liberi di esprimere le loro opinioni e di essere ascoltati.
Work in progress. Da allora sono stati fatti molti progressi, in diversi Paesi, ma il traguardo della piena e autentica attuazione dei diritti contenuti in questo fondamentale documento è ancora lontano. Ci si interroga dunque su quali siano “i nodi da sciogliere”, gli eventuali errori compiuti, le inadempienze, i punti deboli e i punti di forza dell’approccio sino a oggi adottato per il raggiungimento dell’obiettivo della tutela integrale dei minori:
• I significati attribuiti al concetto di infanzia e di diritti dei bambini. Le differenti interpretazioni di queste nozioni sono infatti una questione fondamentale dal momento che da esse dipende la diversa importanza ricoperta dall’opinione del minore nelle questioni che lo riguardano (art. 12 della Convenzione), così come l’interpretazione della responsabilità genitoriale.
• L’interpretazione della nozione di protezione dei bambini e di quella di partecipazione dei bambini, e come protezione e partecipazione sono tra loro collegate.
• L’approccio top-down, che comporta una applicazione “automatica” dei diritti contenuti nella Convenzione, non tenendo conto dei contesti socio-economico-culturali in cui ciascun bambino vive (si pensi ai diversi contesti, dal villaggio africano alla metropoli americana).
• E infine il problema dell’impatto della Convenzione, cioè l’individuazione di indicatori condivisi che permettano di valutare l’aumentato o diminuito benessere dei bambini e delle bambine a seguito dell’attuazione della Convenzione (si sta ancora discutendo, ad esempio, se partire dal livello di accesso ad internet o dall’accesso all’acqua potabile).
Quali sono i diritti più violati? Le violazioni più gravi vengono commesse nei contesti di conflitto. Secondo le stime di Save the Children, sono 420 milioni i bambini che oggi vivono in zone di guerra. In particolare, l’Asia è il continente dove il maggior numero di bambini – circa 195 milioni – vive in aree di conflitto, seguita dall’Africa – 152 milioni. Un dato preoccupante riguarda il Medio Oriente: il 40 % dei bambini conosce la guerra fin dalla nascita.
La guerra produce non solo effetti evidenti, ma anche silenziosi, che sono allo stesso modo devastanti per i più piccoli, come la malnutrizione, di cui soffrono 200 milioni di bambini in tutto il mondo come ci ricorda l’Unicef.
Secondo l’ultimo rapporto della Caritas italiana sulle condizioni dei minori nel nostro Paese, 1 bambino su 7 nasce e cresce in condizioni di povertà assoluta, 1 su 20 assiste a violenza domestica e 1 su 100 è vittima di maltrattamenti. 1 su 20 vive in aree inquinate e a rischio di mortalità. 1 su 50 soffre di una condizione che comporterà una disabilità significativa all’età dell’ingresso nella scuola primaria, 1 su 500 vive in strutture di accoglienza. Più di 8 bambini su 10 non possono usufruire di servizi socio-educativi nei primi tre anni di vita e 1 su 10 nell’età compresa tra i 3 e i 5 anni.
Nuove politiche per l’infanzia. Nonostante i progressi degli ultimi 30 anni, i diritti dei bambini continuano ad essere a rischio in tutto il mondo. Proprio per questo, tutelare i diritti delle categorie più vulnerabili, quali i bambini, è uno dei passi fondamentali per la realizzazione dei 17 Obiettivi di Sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. Solo mettendo al centro i diritti dei più piccoli sarà possibile lasciare un mondo migliore alle generazioni che verranno. Per realizzare i diritti fondamentali non basta dunque la legge, ma occorrono anche politiche pubbliche e mobilitazione di risorse finanziarie a favore dell’infanzia partendo dalle comunità locali.
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