Donare vale quanto fare
I fedeli hanno a cuore le sorti dei propri sacerdoti e quando ci sono necessità non mancano offerte, anche generose. Sulle offerte deducibili, però, occorre fare un salto di qualità. Questo il parere di due nostri parroci

La sensibilizzazione sul tema delle offerte deducibili a favore dei sacerdoti e, più in generale, nelle iniziative della Chiesa cattolica può trovare terreno buono nella silenziosa generosità di tanti parrocchiani. Ma serve un cambio culturale a più livelli per fare un concreto passo avanti nella raccolta e nella gestione delle risorse. “E’ un tema che purtroppo entra poco nelle discussioni dei consigli per gli affari economici”, ammette il prevosto di Montebelluna monsignor Antonio Genovese.
“C’è ancora una grande ignoranza, nonostante le campagne di sensibilizzazione, la diffusione dei materiali informativi, gli avvisi e i messaggi che possiamo dare. Non ho riscontri diretti di quanto i miei parrocchiani aderiscano al versamento di offerte deducibili. So per certo che il loro cuore è grande e quando c’è una necessità le offerte, anche generose, non mancano”. La scelta dell’8x1000 soffre poi di pregiudizi crescenti. “C’è una sottocultura sempre più presente che va contro la Chiesa e gli uomini di Chiesa. Ma ricordo che quelle somme, che non sono un’imposta aggiuntiva per chi fa la dichiarazione dei redditi, sono solo una minima restituzione di quanto la Chiesa ha fatto e fa per il bene comune”, aggiunge mons. Genovese.
A Castello di Godego le offerte deducibili hanno permesso di recuperare gli spazi della chiesa vecchia, facendoli diventare ambienti per oratorio, incontri formativi, assemblee e attività parrocchiali e comunitarie. Se n’era occupato don Dionisio Salvadori, che aveva ottenuto dalla Cei un cofinanziamento per realizzare i lavori. “Quei soldi sono arrivati nel giro di pochissimo tempo - spiega il suo successore don Gerardo Giacometti - perché gli organismi ecclesiali sono molto attenti e puntuali”. Le opportunità fiscali, come la deducibilità, rimangono però spesso inespresse, nonostante non manchi la disponibilità di tante persone.
“E’ un peccato che la generosità non vada di pari passo con la conoscenza di questi incentivi. Serve sicuramente più informazione sull’argomento e forse anche un passaggio innovativo. Innanzitutto occorre un cambiamento da parte di noi preti, che siamo ancora restii a toccare questo tasto. Poi bisogna superare alcuni stereotipi e pregiudizi nei confronti del mondo ecclesiale, che in genere è additato come cattivo esempio di gestione, quando invece la realtà è ben diversa”. Ancor oggi molti confondono, come fossero sinonimi o espressioni di un’unica dimensione amministrativa, parrocchia, diocesi, Vaticano, che invece si riferiscono ad ambiti diversi, anche dal punto di vista contabile. “La sussidiarietà e la solidarietà che portano a raccogliere tutte le offerte a livello nazionale e a ridistribuirle secondo i bisogni sono grandi valori. Una gestione che possa sostenere più da vicino le iniziative di singole parrocchie, magari a livello diocesano, potrebbe favorire un maggiore accesso agli incentivi e una raccolta ancora più efficace”.
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