Editoriale. La dimensione gratuita dell'ascolto
Dalle varie testimonianze di coloro che hanno partecipato al Cammino sinodale in questa prima fase "narrativa", nella quale ci si è esercitati nell'ascolto, emerge costante il senso dello stupore e della riconoscenza per aver partecipato a questi momenti di dialogo e di ascolto liberi da ogni pretesa.

Dalle varie testimonianze di coloro che hanno partecipato al Cammino sinodale in questa prima fase “narrativa”, nella quale ci si è esercitati nell’ascolto, emerge come costante il senso dello stupore e della riconoscenza per aver partecipato a questi momenti di dialogo e di ascolto liberi da ogni pretesa, per così dire, “produttiva” o di dare e cercare risposte al fine di maturare insieme alcune scelte pratiche.
Come scrive il Vescovo nella sua Lettera pastorale “Parla Signore... - Chiesa in ascolto, Chiesa in cammino”, lo stupore che ha caratterizzato l’esperienza dell’ascolto, è segno della “meraviglia di fronte a qualcosa che nasce quasi inaspettato, senza che potessimo pensare di produrlo o di costruirlo, e che si manifesta malgrado i nostri dubbi e le nostre resistenze” (p. 61).
Un ascolto appagante
Da questo punto di vista è eloquente l’atteggiamento di Maria che, diversamente dalla sorella Marta, fa la scelta di lasciare ogni cosa per ascoltare Gesù che parla. Il Vangelo non dice quale risultato abbia prodotto tale ascolto, ma annota semplicemente che “Maria stava seduta ai piedi del Signore e ascoltava la sua parola” (Lc 10,39), scegliendo così “la parte migliore”.
Mi sembra che la scelta di Maria metta in risalto un aspetto dell’ascolto/dialogo sul quale, forse, sorvoliamo troppo facilmente, preoccupati come siamo dei risultati, di arrivare al dunque, ossia quello della gratuità, dello “stare” seduti accanto all’altro per ascoltarlo e ascoltarsi, perché solo in questa “non produttività” (o “in-utilità”) sta il senso profondo dell’ascoltare e la fecondità e la bellezza di ogni incontro. Forse anche noi qualche volta abbiamo assaporato la grazia di certi momenti liberi e gratuiti di dialogo e di ascolto, mossi dall’unico desiderio dello stare insieme senza pretendere nulla dall’altro perché il solo fatto di esserci e di aprirci si è rivelato appagante e arricchente.
Un po’ quello che successe a San Benedetto il quale, ricevuta la sorella Scolastica in un possedimento situato fuori dal monastero, fu costretto, a causa di un improvviso temporale, a pernottare in sua compagnia all’esterno del monastero, andando così contro la regola. San Gregorio Magno annota che grazie a tale imprevisto, “i due fratelli trascorsero tutta la notte vegliando e saziandosi di sacri colloqui ,raccontandosi l’un l’altro le esperienze della vita spirituale e parlando fino al mattino delle gioie della vita celeste”. Potremmo dire che vissero una esperienza davvero beatificante di dialogo e di ascolto reciproco.
Il gratuito e l’«in-utile»
Mentre riflettevo su queste cose, pensavo che il teologo Romano Guardini, nel suo libretto “Lo spirito della liturgia”, scrive che la liturgia non è anzitutto una istruzione morale o una serie di dottrine o di azioni “produttive”, quanto piuttosto una realtà da “contemplare”. La sua prima funzione non è di produrre qualcosa di pratico, ma di “stare” dinanzi a Dio che si manifesta nelle azioni e nei gesti liturgici; nel guardare Dio e lasciarsi guardare da lui, nella più totale gratuità. Così che, a un osservatore esterno che si pone di fronte alla liturgia con finalità etica o utilitaristica, essa appare chiaramente “senza scopo”, una rappresentazione “inutile”, come può essere inutile un’azione teatrale e, più ancora, il gioco del girotondo dei bambini il quale, diversamente dai giochi degli adulti che mirano al risultato, non ha altra finalità che il giocare, non mirando ad altro risultato che il restare in gioco perché esso basta a se stesso e rende comunque felici e appagati. Potremmo dire che lo stesso dovrebbe accadere per quel tipo di ascolto che non ha altra finalità che lo stare gratuitamente insieme per parlarsi e ascoltarsi, senza la preoccupazione di dare risposte, di prendere decisioni o di fare rientrare l’altro dentro il nostro orizzonte. Solo a questo livello l’ascolto può arrivare a essere arricchente e appagante.
Ascoltare senza pretese
Purtroppo, sempre più spesso, i nostri dialoghi e l’ascolto dell’altro sono segnati dalla fretta e dalla preoccupazione di dover venire a capo di qualcosa. Per questo essi sono pesanti e stancanti. La nostra vita frenetica ci spinge a essere concisi, a non perdere troppo tempo al punto che, un po’ alla volta, scompare in noi la buona pratica dell’ascolto libero e gratuito, appagante per noi e per chi ci avvicina. E’ la nostra cultura che ci porta a capitalizzare tutto, anche ciò che dovrebbe svolgersi nella gratuità. Il filosofo Nieztsche scriveva che siamo arrivati al punto da sentire il bisogno di giustificare persino una gita in campagna o in montagna dicendo che questo è un dovere verso la nostra salute. Per tale motivo non possiamo indugiare troppo a discutere sulle caratteristiche, sul metodo, sulle tecniche del dialogo e dell’ascolto affinché essi siano efficaci. Correremmo il rischio di apparire come i banchieri che intendono capitalizzare ad ogni costo. Così che, anche davanti alla persona che chiede di incontrarci per essere ascoltata, a volte non sappiamo applicare altro che le regole del mercante, quelle della domanda e dell’offerta.
Non sei abilitato all'invio del commento.
Effettua il Login per poter inviare un commento