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Belgrado: viaggio nel disumano

Da alcune settimane duemila giovani e giovanissimi, per la maggior parte afghani e pachistani, hanno trovato rifugio dietro la stazione ferroviaria di Belgrado, in Serbia. Bloccati, sotto la neve, al gelo, dalla chiusura delle frontiere europee, in particolare dell’Ungheria, e della cosiddetta “rotta balcanica”.

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Belgrado: viaggio nel disumano

Un vento freddo dall’est spazza via la neve dalle strade, ma il ghiaccio la fa da padrone, bloccando gran parte della città di Belgrado. Con un taxi riusciamo a raggiungere i vecchi magazzini, dietro alla stazione degli autobus dove, da una settimana, hanno ormai trovato rifugio 2.000 giovani e giovanissimi per la maggior parte afghani e pachistani e che, entrati illegalmente attraverso la rotta balcanica, premono per entrare in Europa con tutte le loro forze. Dall’8 marzo 2016, con difficili accordi ed il versamento nelle casse della Turchia di milioni di euro, l’Unione europea dichiarava la chiusura della cosiddetta “rotta balcanica” per gli immigrati. Muri alzati in Ungheria, blocco delle frontiere in Austria, Repubblica Ceca e Slovacchia, militari ai possibili varchi delle frontiere che si rivelano quanto mai colabrodo, non hanno però impedito l’entrata illegale di più di 5.000 migranti che oggi sono in parte bloccati dal freddo e dalla neve a Belgrado.
“Prima dell’8 marzo 2016 e dell’accordo europeo con la Turchia, ci racconta Mirjana Milenkovski, responsabile della comunicazione dell’Alto commissariato dei rifugiati, contavamo in Serbia 2000 rifugiati o “migranti misti” come vengono definiti, ora secondo i nostri dati e la raccolta di immigrati in 16 campi, sparsi in tutto il paese, sono 7.000 i segnalati!”. E sì che, come accade nelle favole, “magicamente” ci avevano convinto che la rotta balcanica dell’immigrazione fosse chiusa! Ma, venuta meno la “visibilità” legale, tutto è passato nelle mani dei trafficanti che hanno aumentato il proprio business ed il prezzo ovviamente pagato dai migranti.

Per entrare dalla Turchia via Bulgaria ed arrivare in Serbia, oggi ci vogliono 7.000 euro! Ce lo conferma anche il quindicenne afghano Samar che, attorniato da una quindicina di giovani, sporchi, infreddoliti, bagnati, usa qualche parola in inglese per dirmi “I want to go to Germany”. Lo incontro in questi diroccati magazzini al centro di Belgrado, dove per il momento hanno trovato un po’ di riparo dalla neve circa duemila persone. Quando entri, dopo che lo sguardo si è adeguato al fumo acre e nero di qualche legno bruciato all’interno per tentare di riscaldarsi,  intravedi che, su un lungo e scuro pavimento bagnato e reso scivoloso dal misto di acqua e neve che entra dai buchi sul tetto, sono sdraiati su plastiche e cartoni centinaia di giovani con giubbotti e coperte sulle spalle. Si alza Nagasako, un bel giovane 18enne pachistano e, con un perfetto inglese, mi dice: “Vogliamo attraversare il confine, io voglio arrivare in Francia o Italia, è da due mesi che sono bloccato in Serbia e sei mesi fa sono partito da Peswhar”.
Da più di un giorno il governo serbo ha allestito un campo di raccolta ed ha posto a disposizione dei pullman per trasferirli senza chiedere l’obbligatorietà della registrazione, visto che sono entrati tutti illegalmente, ma ieri solo 200 minori sono stati trasferiti, e molti non lo vogliono perché temono di essere respinti e fatti tornare indietro. “No good camp - mi risponde una voce da un angolo buio -, no back to Macedonia… we want to cross the border!!!”. E’ vero, me lo conferma anche Mirjana Milenkovski: “Molti trafficanti si aggirano attorno a loro per convincerli a non accettare di essere trasferiti perché altrimenti verranno rinviati indietro”. Intanto, fuori dai magazzini diroccati, in un largo spiazzo innevato, è arrivato un pulmino con un pentolone enorme di zuppa calda portato da alcuni volontari. Si forma una lunga fila di giovani uomini, si prende il piatto di zuppa e ci si accuccia lungo muri cadenti per mangiare, riparati un po’ dal vento. Qualcuno, su questi muri con bombolette spray rosso-verde, ha scritto: “No war… Germany, Uk, France, Italy, Usa, Canada… refugees are not terrorists,…. we are person too”. “Siamo anche persone”, scrivono, è vero, ma siamo alle solite, che fare? “Per il momento - afferma Ivan Miskovic del Comitato nazionale rifugiati ed immigrati serbo -, gestiamo l’emergenza, ma è bene mettersi in testa che la rotta balcanica non è chiusa! E che solo una soluzione unificata europea può aiutare il piccolo Stato serbo che ora si trova a far da posto di blocco “finale”. Lo sanno tutti, ma non si mette in atto nulla. Ci sono solo parole inutili tra sordi e ciechi, da una parte i governi dall’altra i disperati giovani e giovanissimi ammassati nei magazzini della vecchia stazione di Belgrado e che mi ripetono all’infinito “We want to cross the border! (“vogliamo attraversare il confine!”), e ti riversano addosso i sogni e le illusioni che li hanno accompagnati per sei mesi di viaggio e che ora si sciolgono come la neve che ricopre la città e allo stesso tempo li inchioda al gelo.

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