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CRONACHE DALLA PANDEMIA. Il contagio si diffonde anche in America Latina. I nostri missionari: "Chiese chiuse anche qui"

I Governi hanno reagito con molta fermezza. E nella maggior parte dei Paesi non è consentita la celebrazione pubblica delle messe. In questo scenario ci arrivano le testimonianze dei nostri missionari fidei donum.

CRONACHE DALLA PANDEMIA. Il contagio si diffonde anche in America Latina. I nostri missionari: "Chiese chiuse anche qui"

Nonostante l’impressione che nelle zone “calde”, tropicali ed equatoriali, il virus abbia minore incidenza e aggressività, il Covid-19 si sta diffondendo con una certa rapidità anche in America Latina, dove si registrano già oltre 4mila contagi e una cinquantina di vittime. I Governi hanno reagito con molta fermezza. E nella maggior parte dei Paesi non è consentita la celebrazione pubblica delle messe. In questo scenario ci arrivano le testimonianze dei nostri missionari fidei donum.

“Abbiamo incominciato il «digiuno eucaristico» anche nella nostra chiesa di Quito” - ci scrive dalla capitale dell’Ecuador don Giuliano Vallotto. Il Paese andino, dove i contagiati hanno abbondantemente superato i 550, con 7 decessi, è stato uno dei primi a stabilire regole di tipo “europeo”. Prosegue il missionario: “Domenica, davanti alle porte chiuse della chiesa, abbiamo aspettato i pochi fedeli che venivano distribuendo il foglietto domenicale e chiedendo a loro che la loro diventi casa di orazione. Ci siamo messi la mascherina per dare a loro un segno”.

Riflette ancora don Vallotto: “La sfida che questo virus pone alla nostra coscienza di cristiani che vivono nella «civitas» è ancora tutta da scoprire. Eppure, tutto è «segno». Forse la gente incomincia a percepire che tutti siamo una piccola parte di un’umanità globale, che ci sono delle «regole civiche» che valgono per tutti. E poi il fatto che si sia sospesa la messa potrebbe aiutarci a riflettere sul rapporto che c’è tra il nostro «essere cittadini» e l’«essere cristiani». E quante altre cose che ci cambieranno nel futuro. L’umanità riuscirà a passare attraverso questa durissima tappa, ma dovranno cambiare tante cose. Così, tutti ci sentiremo chiamati a scrutare il futuro. Non siamo forse un popolo di profeti?”.

Da Manaus, capitale dell’Amazzonia brasiliana, don Roberto Bovolenta ci racconta parzialmente diversa: “Intanto sottolineo che preghiamo per voi. Qui la situazione è molto diversa. Fino a pochi giorni fa se ne parlava pochissimo. Inizialmente stato disposto di non darci la mano al Padre nostro, non scambiarci la pace, di dare la comunione solo in mano, di lavarci bene le mani e non stare vicini. Sono stati annullati appuntamenti pastorali”. Nelle ultime ore, però, anche a Manaus sono state chiuse le chiese e sono stati presi altri provvedimenti restrittivi. E in altre zone del vastissimo Brasile, soprattutto a San Paolo e nel sud, i contagi hanno iniziato a galoppare, superando i mille, con 18 morti.

Le celebrazioni non sono invece state subito chiuse ai fedeli in Paraguay, dove pure è stata data l’indicazione di evitare assemblee numerose. “Non c’era certo questo rischio, commenta dalle rive del fiume Paraná don Paolo Cargnin: “Domenica alle messe c’erano poche unità. Qui, però, ancora non si coglie la portata di questa cosa”. Anche perché il Paraguay è invece alle prese con un’altra epidemia, la dengue: “Si diffonde attraverso le zanzare, è una cosa diversa. Ci sono alcune vittime, anche se solitamente non è mortale, ma molto debilitante. Di questa, però, non parla nessuno”. 

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