Ciad: Ripresi gli attacchi di Boko Haram nel Paese
Il gruppo, che un anno fa sembrava allo sbando, si è riorganizzato e sferra i suoi colpi dal bacino del lago Ciad. I nostri missionari: "Viviamo in una zona tranquilla"

“Boko Haram uccide 18 persone in Ciad. Rapite 10 donne, evacuati tremila abitanti di un villaggio sulle rive del lago Ciad, a sud di Daboua”: la notizia scarna appare in sovraimpressione come “ultima ora” dei telegiornali. Il dito corre veloce su google a cercare Daboua, al confine con il Niger, e a misurare la distanza da Fianga, Tikem, Koupor: nomi di città e villaggi che abbiamo imparato a conoscere, nella diocesi di Pala, dove vivono i nostri missionari “fidei donum”. Seicento chilometri: tanto distano le case dei nostri sacerdoti dalla zona che ha subito l’attacco, al confine con il Niger. E’ da lì, infatti, che il commando è entrato nel Paese. Nella stessa zona, due mesi fa, sei persone, tra cui agenti delle forze dell’ordine, erano state uccise da una raffica di colpi provenienti, pare, dallo stesso gruppo jiadista.
Il presidente della Commissione dell’Unione africana (Ua), Moussa Faki, ciadiano, eletto a gennaio dello scorso anno, ha subito condannato l’attacco perpetrato da Boko Haram. Faki, si legge in un comunicato rilanciato dall’agenzia di stampa Nova, “mette in evidenza la necessità di rinnovati sforzi per mettere fine alle atrocità commesse da Boko Haram nella zona del bacino del lago Ciad”. Secondo quanto riferito dall’emittente “Al Jazeera” all’indomani dell’attacco, almeno tremila abitanti del villaggio sono stati costretti a lasciare le loro case: una misura precauzionale, hanno sottolineato le autorità locali.
Missionari al sicuro ma preoccupati
I nostri sacerdoti sono tranquilli. Attualmente nella missione trevigiana in Ciad sono presenti don Stefano Bressan e don Mauro Polo, dopo che don Matteo Cecchetto è tornato in Italia per motivi di salute. Raggiunti al telefono la sera stessa dell’attacco, ci hanno confermato di essere molto lontani dalla zona interessata, di non essere preoccupati per la propria sicurezza, ma per la ritrovata forza dell’organizzazione islamica. “A livello locale, nella diocesi di Pala, sono stati tolti tutti i punti di controllo della Polizia che ormai da tre anni dovevano proteggere le città più importanti - spiega don Stefano -. Questo significa che la minaccia non è più forte come qualche tempo fa e che si è decisamente concentrata attorno al lago Ciad”.
Una forza quasi sconfitta che si è ripresa
Da quando Boko Haram ha iniziato nel 2009 la sua attività terroristica in Nigeria, si parla di ventimila morti e di oltre due milioni di persone in fuga in tutta la regione: una vera crisi umanitaria. E gli sconfinamenti dei terroristi nella zona del lago Ciad negli anni sono stati numerosi. E’ di pochi giorni fa un nuovo attacco, nel nord-est della Nigeria, in una moschea: durante la preghiera un attentatore suicida, pare riconducibile a Boko Haram, si è fatto esplodere provocando la morte di otto persone. La conferma che l’organizzazione terroristica non è sconfitta.
L’attacco del 19 luglio in Ciad, aggiunto a quello di maggio, conferma la ripresa di Boko Haram, che un anno fa sembrava allo sbando. A chi si deve questo rinvigorimento? Quali forze, quali Paesi hanno interesse a finanziare l’organizzazione e a destabilizzare un’intera area?
Coalizione contro il terrorismo. Il gruppo terroristico era stato molto ridimensionato grazie all’intervento militare di una coalizione che ha visto impegnate in Ciad, Camerun e Niger le forze di questi tre Paesi, più quelle di Nigeria e Benin. Dopo gli attacchi della forza congiunta, che gode dell’appoggio dell’intelligence francese e americana, le milizie allo sbando hanno ripiegato proprio attorno al lago Ciad, soprattutto in quella miriade di isolette che è impossibile controllare. E da lì si stanno probabilmente riorganizzando. Il lago Ciad è ricchissimo di pesce, il cui commercio è la ricchezza principale della regione; è molto probabile che il gruppo stia traendo beneficio proprio da questo commercio.
Nuovi progetti per il lago
Attorno al lago Ciad, poi, uno dei “serbatoi” d’acqua più importanti dell’intero continente, da cui attingono tutti i territori circostanti, si concentrano molte attenzioni. Lo scorso aprile, ad Abuja, capitale della Nigeria, è stata organizzata una conferenza che ha affrontato le problematiche del lago, un bacino costituito soprattutto dalle acque piovane e dall’approdo idrico proveniente dalle zone circostanti. La sua espansione si è ridotta moltissimo rispetto ai rilevamenti di 40 anni fa.
Ad Abuja si è trovato l’accordo per la costruzione di un canale di 2.400 km che dal bacino del fiume Congo porti le acque direttamente nel lago Ciad. Un vecchio progetto, oggi battezzato “Transaqua”, da 14 miliardi di euro, che potrebbe attirare molti interessi speculativi e nuove occasioni di corruzione. Oltre che, forse, ulteriori conflitti per il controllo del territorio e delle sue risorse.
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