Conflitto in Libia, chi ci sguazza?
Uno scenario molto complesso, che certamente non migliorerà la situazione dei diritti umani in un Paese dove l’autorità statale è una finzione e a molti fa comodo “sguazzare” nell’attuale status quo. Ma, anche, una situazione assai problematica per l’Italia, che si trova ai margini e senza alleati a fronteggiare una crisi in un Paese da sempre strategico. E’ il professor Renzo Guolo, trevigiano, docente di Sociologia della religione all’Università di Padova e grande esperto del mondo arabo, a delineare in questo modo la ripresa del conflitto interno, arrivato alle porte di Tripoli.

Uno scenario molto complesso, che certamente non migliorerà la situazione dei diritti umani in un Paese dove l’autorità statale è una finzione e a molti fa comodo “sguazzare” nell’attuale status quo. Ma, anche, una situazione assai problematica per l’Italia, che si trova ai margini e senza alleati a fronteggiare una crisi in un Paese da sempre strategico.
E’ il professor Renzo Guolo, trevigiano, docente di Sociologia della religione all’Università di Padova e grande esperto del mondo arabo, a delineare in questo modo la ripresa del conflitto interno in Libia, dove i fedeli del generale Khalifa Haftar sono arrivati alle porte di Tripoli, anche se negli ultimi giorni si è assistito a una controffensiva dei fedeli al premier Fayez al Serraj, riconosciuto dalla comunità internazionale. Da quando sono scoppiati gli scontri nella capitale libica, oltre 3.400 cittadini sono stati costretti alla fuga e molti altri sono rimasti vittime del fuoco incrociato, impossibilitati a mettersi in salvo.
Professor Guolo, la Libia è da sempre un Paese strategico per I’Italia. Cosa è in gioco per il nostro Paese in questo momento?
Per l’Italia la Libia è importante, non solo per regioni storiche. Siamo interessati ai flussi migratori, gestiti attualmente in modo disumano, e poi del Paese nordfricano abbiamo bisogno per il nostro fabbisogno energetico. Come è noto, l’Enel ha lì un ruolo centrale, ma le cose rischiano di cambiare con il rafforzamento di Haftar, che gode dell’appoggio della Francia, anche se l’Ue ufficialmente riconosce Serraj. Inoltre, c’è anche un problema di sicurezza perché in questo contesto rischia di aumentare nel Paese, soprattutto nella zona meridionale, al confine con l’Algeria, la presenza di foreign fighters.
Rischiamo dunque di perdere il nostro ruolo centrale?
Sì, primo di tutto per come si stanno configurando la nostra politica internazionale e il nostro sistema di alleanze: con la Francia i rapporti sono tesi, con il rischio di non riuscire neppure a parlarsi. Apriamo la via della seta con i Cinesi, facciamo l’occhiolino ai Russi, i quali vedono in Haftar il cavallo di troia per affermare i loro interessi anche in Libia. D’altro canto, pretendiamo di avere buoni rapporti con gli Usa... Ma non si può pensare che le nostre aperture a Russi e Cinesi siano prive di conseguenze. Ci sono continue oscillazioni nella nostra politica estera, vedo dilettantismo e poca visione strategica. Così, noi che dovevamo avere un ruolo fondativo per la nuova Libia, ora siamo ai margini. Pare che la questione, nei rapporti con loro, sia solo quella degli sbarchi. Ma evidentemente non è così.
Come valuta il nuovo conflitto libico e i suoi possibili sbocchi?
Va inquadrato dentro altri conflitti sotterranei per l’egemonia nel mondo arabo. Non c’è solo la storica concorrenza tra Egitto e Arabia, ma quest’ultima vuole stroncare le ambizioni di Turchia e Qatar, si mette di traverso quando questi ultimi si muovono. Insomma, è un conflitto complicato su più piani. In Libia, poi, il Governo non controlla il territorio, l’autorità statale è una finzione, mentre Haftar controlla la Cirenaica, nella zona orientale del Paese. In questo caos, non si può pensare che l’unica scelta politica sia quella di pagare perché non ci mandino i barconi e i migranti restino nei lager, pubblici o privati.
Che soluzione cercare, quindi?
E’ naturale che si cerchi una soluzione unitaria, che passi per le elezioni. Solo che quando ci si avvicina a questo scenario, si torna sempre in alto mare. L’impressione è che molti ci sguazzino, in questo status quo.
Per esempio?
Molti ci guadagnano, pensiamo solo che la Banca centrale stampa denaro per gli uni e per gli altri; la Francia, se Haftar andrà al potere, avrà un ruolo privilegiato. Ma penso soprattutto a contropoteri, alle tante milizie, pensiamo solo che in Libia ci sono prigioni private! Di sicuro ci perdono i tanti migranti schiavi che vivono lì, ma anche i Paesi mediterranei. E non si vede un Paese in grado di avere un ruolo guida.
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