E il cielo si oscurò. Incendi, la testimonianza di don Tiziano dall'Australia
"Mi trovo in un’area (Nuovo Galles del Sud, a metà strada tra Sydney e Camberra) in cui il 60% del territorio è stato divorato dalle fiamme", scrive il sacerdote trevigiano.

La situazione degli incendi è ancora preoccupante in gran parte dell’Australia, nonostante a inizio settimana il clima abbia concesso la tanto sospirata tregua: le temperature si sono addirittura abbassate di 15 gradi ed è perfino scesa una pioggerellina. Ma il caldo riprenderà a farsi sentire nei prossimi giorni.
Io mi trovo in un’area (Jervis Bay, Shoalheaven Council, Nuovo Galles del Sud, a metà strada tra Sydney e Camberra, South Coast) in cui il 60% del territorio è stato divorato dalle fiamme. La zona è rinomata per i suoi parchi nazionali, popolati da varie specie di eucalipti secolari (un vero polmone verde) e da una fauna tipicamente australiana. E’ presa d’assalto dai turisti per le sue baie e spiagge dalla sabbia bianchissima e finissima. Ora, però, è preda di un fumo fastidioso, che rende tutto grigiastro e si fa sentire in gola. Lunedì per la prima volta, dopo due settimane, ho rivisto, per qualche ora soltanto, il cielo australiano in tutta la sua bellezza.
Evacuato in tutta fretta
Anch’io, come molti, ho dovuto caricare in auto in tutta fretta le cose essenziali (documenti ed effetti personali) a seguito di un allarme dal tono apocalittico da parte dei Vigili del fuoco: “Too late to leave; take shelter in a safe haven” (“E’ già troppo tardi per andarsene. Rifugiarsi in un luogo sicuro”).
Con due giorni di anticipo, le autorità hanno fatto evacuare la zona strapiena di holidaymakers (vacanzieri), perché le previsioni davano per scontato uno scenario apocalittico, con venti forti (fino a 90 km all’ora). Grazie a Dio, il vento da ovest (tanto temuto) si è placato molto prima del previsto. Per tornare a Sydney, tanti hanno impiegato 11 ore, invece delle solite 2 ore, perché il traffico in quella direzione era impazzito.
Il fuoco più vicino si è fermato a 10 km da me, ed è sotto controllo. Degli altri 5 della zona, uno solo è ancora fuori controllo. Nei giorni scorsi sono andato al centro commerciale a fare la spesa e ho visto delle persone (anche ragazzini) che sembravano usciti dalle miniere, tanto erano “affumicati’”.
Fortunatamente c’è un’app sul telefonino (“Fires near me”) molto utile, perché in tempo reale fornisce tutte le informazioni e precauzioni. Il fuoco ha lambito alcuni quartieri della mia parrocchia, ma, grazie a Dio, nessuno è rimasto vittima. I più coraggiosi, anche anziani, sono rimasti a difendere le loro case spegnendo i tizzoni infuocati (“embers”) che piovevano dal cielo con la canna d’irrigazione. Anch’io, nei giorni precedenti il fatidico 4 gennaio, con alcuni volontari, ho pulito le grondaie della chiesa, della canonica e della sala parrocchiale dalle foglie secche. Il Vescovo voleva venire a visitare la zona, ma è stato sconsigliato dalle autorità. Mi ha fatto sapere che verrà nei prossimi giorni per dare conforto e speranza alla popolazione.
Come il Venerdì Santo
Il giorno più lungo dell’anno (21 dicembre) sembrava il Venerdì Santo. Alle ore 3 del pomeriggio (2.00 pm, ora solare) il cielo si è oscurato come se fosse notte fonda. Un senso di smarrimento era palpabile non solo tra le persone, ma anche tra i vari esemplari della fauna australiana (unica al mondo), al punto da rendere lugubre un ambiente solitamente magico. Il bosco è a soli 50 metri dalla canonica. All’alba e al tramonto alcuni simpatici canguri erano soliti venire nel prato davanti al mio studio per il loro pasto... ma da alcuni giorni non li vedo più. Mi dispiacerebbe se fossero rimasti uccisi, eravamo diventati amici. Nella peggiore delle ipotesi, comunque, questa è l’ultima zona a essere colpita, data la sua vicinanza al mare e gli interessi anche economici che gravitano attorno a uno dei resort più presi d’assalto da chi spesso e volentieri viene da queste parti per distendersi nel corpo e nello spirito e fuggire dallo stress della metropoli. Non pochi hanno la seconda casa (vere e proprie ville) proprio qui e molti benestanti, perlopiù professionisti, decidono di trasferirsi definitivamente in questa zona quando vanno in pensione.
Le responsabilità umane
Non tutte le telefonate sono state allarmanti, anzi... la gente era preoccupata per la mia incolumità, tanto da offrirmi varie opportunità per cui devo dire che, pur nell’emergenza, mi sono sentito un privilegiato. Qualcuno mi ha addirittura gentilmente offerto la sua taverna-bunker, nel caso di un rogo devastante che al momento è assolutamente scongiurato.
Altrove è andata davvero peggio. Gli esperti dicono che nell’80% dei casi, questi incendi sono provocati da comportamenti umani irresponsabili e perfino criminali. Certo è che la ferita inferta alla casa comune – come giustamente la chiama papa Francesco – è semplicemente devastante. L’enorme coltre di fumo ha raggiunto la Nuova Zelanda, e ora già il Sudamerica. Ovviamente in questi casi non mancano le polemiche e le speculazioni, ma quello che è certo è che gli effetti del trauma subito da chi ha perso tutto o ha vissuto per diversi giorni e notti in preda all’ansia e al panico, non saranno facilmente superati.
La Chiesa australiana sta dimostrando la sua solidarietà in tutti i modi possibili, grazie alle sue efficaci agenzie caritative, e questa domenica ci sarà una colletta speciale a tale scopo, in tutte le chiese.
Non sono mancati atti di eroismo da parte dei Vigili del fuoco, che sono presenti nel territorio in modo capillare, eppure non è bastato. L’Australia è più grande dell’Europa: più che un’isola, è un continente. Deserti e boschi occupano gran parte del suo territorio, specialmente nell’entroterra. D’ora in poi diventerà più difficile cantare l’inno australiano che esalta questo paese per la sua bellezza. Speriamo che questa lezione serva a chi deve prendere drastiche e non più procrastinabili decisioni per la salvaguardia del territorio.
Ogni anno, in qualche parte dell’Australia, ci sono aree bruciate dagli incendi, ma quest’anno la cosa è esplosa contemporaneamente e in molteplici vaste zone, (addirittura 4 Stati su 7), con il rischio di ricongiugersi tra loro e formare un’unica cinta infuocata. Mi chiedo se non ci sia dietro un disegno che ha programmato a mente fredda questo disastro ecologico o se, purtroppo, non sia altro che l’inevitabile conseguenza di mancate risposte a un’emergenza ambientale che più volte ha lanciato l’Sos.
Le dimensioni senza precedenti di questi incendi lasciano sgomenti e interrogano chiunque abbia a cuore il presente e il futuro, non solo dell’Australia, ma di tutto il pianeta. La siccità qui è endemica. Io mi trovo in una zona che fornisce l’acqua a tutta Sydney, ma a Perth bevono le acque reflue debitamente trattate. Magari ci fosse una Treviso, città delle acque! Avrebbe un successo strepitoso. Ogni domenica preghiamo nelle intercessioni per la pioggia, che purtroppo stenta ad arrivare.
Tra gli italiani non ci sono vittime
Gli emigrati italiani, sparsi in tutta la nazione, non hanno subito un trattamento né peggiore né migliore rispetto agli altri. Le aree interessate sono a ridosso delle zone abitate e nelle periferie delle due principali metropoli, Sydney e Melbourne. Quelli che avevano investito nelle “farm” (aziende agricole) spesso si sono ritrovati senza più alcun capo di bestiame.
Ho fatto delle telefonate tra gente che conosco in diverse parti di Sydney e Melbourne, e per il momento non mi risulta che ci siano vittime tra gli emigranti italiani. Ma i danni ecologici, economici, e sulla salute fisica e psicologica sono ancora da stimare.
Quello che l’acqua alta è stata per Venezia, il fuoco è stato per l’Australia. Mal comune mezzo gaudio? Non penso proprio. In ambedue i casi, ci sono delle pesanti responsabilità.
*sacerdote diocesano in servizio agli emigranti in Australia a Noraville
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