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La Chiesa argine a Boko Haram: testimonianza dal Camerun

Intervista a padre Antonio Michielan, missionario del Pime, ospite nelle scorse settimane a Monastier. Fino al 2012 il Camerun era considerato un’“oasi di pace” in una sub-regione martoriata da conflitti etnici e socioeconomici. Ma da febbraio 2013 tutto è cambiato.

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Gabriele Geretto e padre Antonio Michielan

Fino al 2012 il Camerun era considerato un’“oasi di pace” in una sub-regione martoriata da conflitti etnici e socioeconomici. Ma da febbraio 2013 tutto è cambiato.
Prima con il rapimento di una famiglia francese, poi a novembre con il rapimento di un missionario francese, fino al 4 aprile 2014 con il rapimento nell’estremo nord del Camerun di due missionari italiani e di una suora canadese. Ci si è accorti purtroppo che il sogno era finito: è iniziata la guerra con la setta islamica Boko Haram. Da qualche mese in tutta la regione vige il coprifuoco e gli attacchi terroristici si moltiplicano con frequenza sempre più ravvicinata.
Incontriamo padre Antonio Michielan, originario di Rio San Martino, missionario del Pime, alla casa di cura di Monastier, dove è venuto a prendere ventiquattro letti che la clinica ha donato all’ospedale diocesano cattolico di Touloum, nel Camerun del Nord, insieme ad un ecografo e a divise monouso per le sale operatorie. “La Diocesi di riferimento è quella di Yagoua, – spiega il missionario –, il Pime ha collaborato con il Vescovo di laggiù per costruire ed allestire il nuovo ospedale di Touloum, al confine con il Ciad, dove vengono curati anche pazienti provenienti da quello stato africano.
Si tratta di un ospedale al cui interno sono presenti molte specialità, nato in appoggio ai sette presidi sanitari diocesani già esistenti, ma insufficienti per coprire le esigenze dell’intera zona. Ne beneficiano i 15mila abitanti di Touloum e quelli delle zone limitrofe, per un totale stimato di circa 400mila persone”.
Tornando al contesto socio-politico attuale e alla minaccia dei Boko Haram (che letteralmente significa “niente scuola”), padre Antonio ci spiega che in quella regione del Camerun, dove c’è una forte presenza musulmana, “la Chiesa rappresenta il solo appiglio solido al quale aggrapparsi. Ormai tutte le organizzazioni umanitarie sono partite per l’insicurezza che si è creata; sono rimasti solo i sacerdoti, i religiosi ed i laici impegnati nelle attività di promozione umana, continuando la loro presenza di condivisione attiva nella vita delle popolazioni locali.
Con la sua presenza e con la sua azione di pace la Chiesa si contrappone alla visione negativa dell’uomo dei Boko Haram, contrari invece a qualsiasi cambiamento o miglioramento culturale delle persone”.

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