Proteste in Cile: dalla guerriglia urbana al tentativo di dialogo
Da Santiago arriva la testimonianza di Mariano Malacchini, trevigiano da lungo tempo trapiantato a Santiago del Cile. oggi all'udienza generale la preoccupazione espressa da papa Francesco.

“Seguo con preoccupazione quanto sta accadendo in Cile. Mi auguro che, ponendo fine alle violente manifestazioni, attraverso il dialogo ci si adoperi per trovare soluzioni alla crisi e far fronte alle difficoltà che l’hanno generata, per il bene dell’intera popolazione”. E’ l’appello rivolto dal Papa al termine dell’udienza generale di mercoledì scorso. Le parole di Francesco sono giunte nel momento in cui ha preso avvio il dialogo tra il presidente Sebastián Piñera e tutti i partiti politici, per mettere a punto un’agenda condivisa di politiche sociali. Alle spalle, giorni tremendi: la capitale Santiago e altre città messe a ferro e fuoco, 15 vittime, stazioni della metropolitana distrutte, blocchi stradali, negozi incendiati, assalti anche ad alcune chiese, tra cui la cattedrale di Valparaíso, coprifuoco e carri armati sulle strade. In questo contesto arrivano le parole e gli appelli del presidente della Conferenza episcopale cilena, mons. Santiago Silva Retamales, vescovo castrense del Cile: “Condanniamo in modo deciso ogni tipo di violenza, perché essa compromette la nostra convivenza e peggiora la nostra amicizia civica e la pace sociale, fondamentali per costruire accordi in ragione del bene comune e con la partecipazione della maggioranza. Il malessere sociale si comprende a causa delle diverse situazioni di precarietà che le persone sono costrette ad affrontare.
Dobbiamo cercare le radici della violenza per prevenirla, contenerla e generare forme civiche, umane e, se possibile, anche costituzionali per farci carico delle nostre differenze e dare loro soluzione.
Questi fatti dolorosi esigono che come società coltiviamo una cultura dell’incontro, che sia capace di ascoltare e condividere in modo empatico le sofferenze e il malessere di ogni giorno vissuti nella società cilena negli ambiti del lavoro, della salute, della sicurezza, dell’educazione, della precarietà abitativa, delle pensioni, delle situazioni di povertà e delle sfide umanitarie dell’immigrazione”.
Certo, fanno impressione i carri armati sulle strade. “Da quando c’è la democrazia - prosegue il vescovo - era accaduto solo nel contesto di situazioni di emergenza. La differenza, stavolta, è che ciò non accade per una catastrofe imprevista, come in precedenza, ma per non aver considerato che vi era un profondo malessere di persone e famiglie, colpite da disuguaglianze ingiuste. Il contesto riconosciuto e crescente del benessere in Cile vale solo per alcuni e non per tutti, ma i poveri non possono continuare ad aspettare. Da qui l’appello: “E’ tempo di guardare in faccia, con verità, le nostre ricchezze e successi, i nostri conflitti e fallimenti. Le autorità e i partiti politici, in particolare, ma anche la società civile e le sue organizzazioni, università e intellettuali, le stesse organizzazioni devono dialogare sul Paese che vogliamo, intraprendere la costruzione di una società che tutti possiamo sentire come nostra, tutti dobbiamo impegnarci a prenderci cura del nostro bene comune più prezioso”.
Da Santiago arriva la testimonianza di Mariano Malacchini, trevigiano da lungo tempo trapiantato a Santiago del Cile, insegnante e impegnato ecclesialmente: “E’ cominciato un dialogo del presidente con tutti i partiti, sia di governo che di opposizione e in base alle idee raccolte presenterà un’agenda legislativa urgente di carattere sociale. Inoltre discuteranno sia la riduzione dei parlamentari come dei loro stipendi”. Nel momento in cui parliamo con lui la situazione è un po’ più sotto controllo. “Ma per far capire il clima - aggiunge - in questo momento il sindaco della Pintana, uno dei municipi più poveri dell’hinterland di Santiago, in mano alle bande di narcos, sta chiedendo aiuto perché ci sono più di 50 auto in attesa di saccheggiare gli unici due supermercati, che gia sono mezzi vuoti”. Commenta ancora Malacchini: “Fa molta tristezza rivedere i militari, ma la gente piange soprattutto nei quartieri poveri dove hanno dovuto aspettare troppo tempo per avere una metropolitana. Purtroppo non basta la stabilità economica, anzi. Quello che preoccupa sono le nuove generazioni, che spesso crescono con una cultura anarchica e individualista”. (Bruno Desidera)
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