Tensione in Terrasanta, il vescovo trevigiano Marcuzzo: "Come si potrà d'ora in poi parlare di pace?"
Tutto il mondo guarda preoccupato alla sconcertante decisione del presidente degli Stati Uniti Donald Trump di insediare l’ambasciata americana a Gerusalemme. Tra questi anche il vicario patriarcale per Gerusalemme: "Si è messa una pietra sopra alle speranze di pace".

Tutto il mondo guarda preoccupato alla sconcertante decisione del presidente degli Stati Uniti Donald Trump di insediare l’ambasciata americana a Gerusalemme. Tra questi anche mons. Giacinto Marcuzzo, vicario patriarcale per Gerusalemme e la Palestina. “Una scelta improvvida direi”, dice al telefono rispetto alla scelta di Trump. “Adesso non so proprio in che modo si potrà parlare di pace. O interpretare questa parola così importante e vitale. Finora c’era questa prospettiva, adesso con questa scelta di Trump, si è praticamente messa una pietra sopra, regnano l’ingiustizia e la sopraffazione. E non la pace”.
Per il vescovo la situazione “ è grave, molto grave. Se non intervengono fatti nuovi e decisivi c’è poco da sperare. Le Nazioni Unite, nel 1947, avevano creato due Stati che dovevano rappresentare un corpo unico e dovevano avere una credibilità interna. Questo fatto va contro la storia, perché è contro i sentimenti di miliardi di cristiani, musulmani ed ebrei, che qui convergono e devono convivere. E lo fanno”.
Da tutte queste persone, sottolinea mons. Marcuzzo, “Gerusalemme è vista come la Città santa e spirituale, un luogo di reciproco rispetto. Invece, dopo l’ultima scelta, Gerusalemme diventa solo parte di un’unica realtà, tagliando fuori tutto il resto. Non c’è più niente che tuteli la parola «Pace»”.
Tuttavia, “la speranza resta una gande parola. Soprattutto se intesa nel ricordare che noi cristiani crediamo fermamente nell’impossibile e nell’universale. Anche se le situazioni non ci aiutano a farlo. Sta di fatto che noi, malgrado tutto, non abbandoneremo mai la strada che è via di ricerca e di pace”.
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