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Uomini delusi, riflessione sul Primo maggio

“All’uomo che ti chiede aiuto non dare un pesce, insegnagli a pescare”

Parole chiave: lavoro (348), primo maggio (22), emmaus (5)
Uomini delusi, riflessione sul Primo maggio

A ispirarmi questo titolo, “Uomini delusi”, è stato scoprire il significato della parola “delusione”. Ho sentito qualcuno far derivare questa parola da “de-ludo” ovvero “privato del gioco”. Non ci avevo mai pensato, ma se lo riferisco a tutti coloro che sono stati messi “fuori gioco”, capisco che sono molte le persone, a tutti i livelli, che vivono questo sentimento. Nei Vangeli di questo tempo di Pasqua, non c’è incontro che non patisca una delusione: la Maddalena, Tommaso, i due di Emmaus. Fermandoci sulla donna che arrivata per prima al sepolcro e che chiede lumi allo sconosciuto creduto il custode del giardino, ci accorgiamo di una cosa interessante. Proprio quello “sconosciuto” si rivela essere non solo quel Gesù che lei cercava, ma anche il vero custode del giardino, di quello del suo cuore e di ogni creatura.

Come il primo Adamo, mandato da Dio a coltivare e custodire il primo giardino, così il secondo Adamo, Cristo, è mandato da Dio a custodire ogni uomo e donna che si sentono esclusi da quella terra che non è più per loro portatrice di promesse. Alla delusione di un giardino senza cura, vi è quella dei viandanti senza gioia. Ce lo mostrano i due di Emmaus, che, delusi dalle vicende del Cristo, non lo riconoscono come la meta del loro cammino. Per entrambi l’effetto dell’incontro avrà il potere di rimetterli in gioco, di farli tornare rinnovati alla comunità, di renderli messaggeri di una buona novella! Cosa c’entra tutto questo con il mondo del lavoro?
C’entra, eccome! Innanzitutto per il richiamo al dovere di custodire il giardino, la Terra, la nostra “Casa comune”, come ci ricorda il Papa nella Laudato sì. Il primo comandamento/lavoro dell’uomo, che spesso dimentichiamo, è di coltivare e custodire la terra: farne un giardino e non un deserto. Questo ci riporta al valore e al rispetto di tutte le creature e, in particolare, di coloro che lavorano la terra e spesso vivono situazioni di sfruttamento e mancanza di dignità.

In secondo luogo è proprio quando Maria Maddalena si sente chiamare per nome che realizza che la sua vita, nonostante la grande delusione, ritorna ad avere valore. Non abbiamo bisogno di braccia che mancano o di cervelli che fuggono, abbiamo bisogno di persone. Uomini e donne che, proprio lì dove passano un terzo della loro vita, sentano che sono chiamate per nome, considerate, e per questo, trattate da persone. Questo significa, rivedere gli orari di lavoro che comprendano le esigenze della famiglia e non solo dell’azienda; valutare stipendi e soluzioni economiche che mirino non solo al business, ma anche al bene comune del territorio in cui l’azienda opera.

In terzo luogo, gli occhi dei due di Emmaus si aprono quando, a tavola, vedono lo sconosciuto benedire e spezzare il pane. Alla fine del loro triste viaggio, “uno”, riesce a trovare parole di benedizione (sempre più rare) e fa parte con loro del pane, ovvero, li rende partecipi di questo frutto della terra/giardino e del lavoro dell’uomo. Se dare dignità alla persona, è il primo modo per farla uscire dalla delusione, il secondo è ridare dignità al suo lavoro, fargli sentire che il frutto delle sue mani è una benedizione.

A questo proposito vorrei condividere un’esperienza che ho vissuto personalmente alcuni giorni fa.
Come scuola professionale di Fonte, assieme a Caritas e ad altre realtà, abbiamo fatto partire un corso di informatica e uno di saldatura nel carcere di S. Bona. In quell’ambiente, dove gli uomini possono apparire fuori dal gioco, dove, per situazioni diverse, possono “vagare” delusi da loro stessi, dalla vita, dagli altri, qualcuno - a loro sconosciuto - li ha avvicinati, e si è fatto loro accanto, per insegnargli un lavoro. C’era, in seminario, un poster che diceva: “All’uomo che ti chiede aiuto non dare un pesce, insegnagli a pescare”. Insegnare un lavoro, in una scuola o in un carcere, mettere una persona in condizione di guadagnarsi il pane, a benedire il frutto delle sue mani per poterlo spezzare con la sua famiglia in dignità, è ciò che ci permette, non solo di ridare speranza ad alcuni dei delusi dalla vita, ma anche di rendere ragione della nostra fede.

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