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Allevamento di polli a Sant'Andrea Oltre il Muson: una questione spinosa

“Prima la persona e l’ambiente, e poi il profitto”. È con questo striscione esposto all’esterno della canonica che don Giuseppe Furlan, parroco di Sant’Andrea Oltre il Muson, dice “no” al progetto della ditta Zarattini di San Martino di Lupari, orientato alla costruzione di un allevamento intensivo di polli in paese, al confine con il territorio comunale di San Martino di Lupari.

Allevamento di polli a Sant'Andrea Oltre il Muson: una questione spinosa

“Prima la persona e l’ambiente, e poi il profitto”. È con questo striscione esposto all’esterno della canonica che don Giuseppe Furlan, parroco di Sant’Andrea Oltre il Muson, dice “no” al progetto della ditta Zarattini di San Martino di Lupari, orientato alla costruzione di un allevamento intensivo di polli in paese, al confine con il territorio comunale di San Martino di Lupari.

“Non è una frase testuale – spiega don Giuseppe –, ma è lo spirito che guida tutta la dottrina sociale della chiesa, che già a partire dall’enciclica di Leone XIII di fino ‘800, ha sempre cercato di mettere davanti, sia in un regime di capitalismo che marxista, la salvaguardia dei diritti e dei doveri della persona e la tutela dell’ambiente, l’habitat che il Creatore ha messo a disposizione dell’uomo non perché lo sfrutti e lo inquini o lo renda meno abitabile, ma perché lo renda più abitabile. Al di là degli interessi privati – aggiunge –, i quali, sempre secondo la dottrina sociale della chiesa, vengono dopo il bene collettivo, della comunità. Questo è il pensiero che mi ha guidato nel prendere posizione ancora prima che si ritrovino i consigli pastorali”.

Un parere solidale con la campagna condotta dal comitato frazionale, il quale, preoccupato, snocciola i suoi dati: 7 mila metri quadrati di cemento saranno il contenitore di un allevamento di tipo industriale che produrrà circa 900mila polli l’anno, con 6 cicli di lavorazione di circa 150mila pulcini ciascuno, con un consumo di acqua che si aggira intorno a 9 milioni di litri l’anno che comporterebbe, secondo il comitato, serie conseguenze in un territorio dove in larga parte l’acqua viene attinta da pozzi. A ciò, si aggiungerebbero circa 1300 tonnellate di rifiuti liquidi e 300 metri cubi di rifiuti solidi, oltre a disagi legati alla viabilità e problemi sanitari. “Sappiamo che insediamenti di questo genere sono portatori di aviaria, di malattie infettive e respiratorie” afferma il portavoce del comitato frazionale Giuseppe Vincenti con riferimento alle polveri sottili, pm10. E prosegue: “In questi tipi di allevamento si fa largo consumo di antibiotici, i quali fanno sì che i virus diventino sempre più resistenti. Inoltre c’è una discreta moria di pulcini e questo alla lunga comporta problemi igienico-sanitari, per non parlare poi degli odori che si propagano nell’aria intorno”.

Tutto ciò prenderebbe forma in via Picà, a 600-700 metri dal centro abitato. Allarmati anche i genitori della scuola elementare, che hanno inviato una lettera aperta alla Regione, alla Provincia e al Comune per dire di no all’insediamento. Nel frattempo, il comitato frazionale ha coinvolto nella sua battaglia numerosi partner, fra i quali l’associazione Salviamo il paesaggio e il Wwf, inoltre ha attivato una raccolta di firme.

Alla fine, però, sarà determinante il parere della Provincia, chiamata ad esprimersi in merito alla compatibilità ambientale e a rilasciare l’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) che dovrà valutare l’impatto ambientale dell’insediamento. Un iter che terrà conto delle considerazioni formulate dal Comune. “E del comitato – fa sapere Vincenti –, che si avvarrà del parere di esperti e di qualunque cittadino abbia un interesse diretto e legittimo”.

La prospettiva muta, però, nelle parole del committente Stefano Zarattini, che alle critiche delle associazioni risponde che sarebbe per l’azienda antieconomico pagare un progetto non conforme alla norma, visto che prima o poi verrebbe bloccato. E aggiunge: “Il problema è di natura politico, a partire dall’amministrazione comunale e dalla Regione, che ci hanno detto di sì. Abbiamo avuto tre incontri a dicembre 2016, coi nostri tecnici e il Comune, il quale ha confermato che si poteva fare”. E aggiunge: “Invito la popolazione ad andare a parlare con l’amministrazione e la Regione”.

Conciliante il sindaco Stefano Marcon: "È nostra intenzione percorrere tutte le strade utili ed utilizzare tutti gli strumenti a norma di legge per fermare questo progetto e ben venga l’apertura del richiedente a sedersi attorno ad un tavolo per una proposta alternativa”. E aggiunge: “Abbiamo comunque affidato la documentazione presentata ai nostri legali che poi ci permetteranno di riportare la discussione in consiglio comunale. Non è nostra intenzione ledere il diritto di fare impresa ma la salute dei cittadini viene prima di tutto".

Insomma, sembra impossibile che il sempreverde dilemma del progresso si materializzi in un paese di 2mila anime, abituato a ben altri problemi. “Ma il mondo è andato avanti” dice Zarattini, mettendo sul piatto della bilancia anche i benefici di tale progetto, che porterebbe nuovi posti di lavoro e creerebbe un indotto economico significativo.

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