Arriviamo al cuore delle cose
Il modo di vivere contemporaneo ci induce a circondarci di montagne di oggetti di cui non abbiamo davvero bisogno. Uno stile di vita leggero, anche in senso evangelico, è un regalo prezioso che possiamo fare a noi stessi

Dall’inizio del consumismo a oggi, i livelli di produzione sono diventati insostenibili inducendo le persone a credere che comprare e consumare montagne di oggetti a basso costo sia la strada per diventare appagati e felici.
Ma se la vita è un cammino, proprio questo cammino si blocca se dobbiamo tirarci dietro ciò che presto o tardi sarà solo tanta spazzatura. E pensare che le cose erano soldi, i soldi erano tempo e il tempo era vita.
E, infatti, abbiamo da tanto tempo superato il livello del giusto comfort, per riempire con oggetti di ogni genere non solo le case, ma anche quelli che sono essenzialmente vuoti esistenziali.
Lo sperimentiamo soprattutto quando la morte ci separa dalle persone care, senza portare via le loro cose che rimangono là a pesare, alla vista e al cuore, finché non siamo pronti a elaborare anche materialmente il lutto. Non solo, anche il vivere perennemente nella confusione, disorganizzazione e procrastinazione ci richiama a come sia fondamentale non accumulare oggetti e alla necessità di venderli o donarli, se sono in buono stato, ma superflui.
Uno stile di vita leggero, anche in senso evangelico, è un regalo prezioso per noi stessi, ma anche per chi non dovrà sgombrare stanze, soffitte e cantine da cose probabilmente, anzi sicuramente inutili per loro.
Si sa, le paure che contrastano il distacco dalle cose, e la libertà interiore ripetono sempre “non si sa mai”, “può sempre servire”, “è costato dei soldi”, “è un bel ricordo” e avanti così.
Per questo è fondamentale acquistare in modo sempre più consapevole, oggi che la consapevolezza si perde continuamente strisciando una carta di credito, con decisioni impulsive guidate dalla paura della mancanza e ancor più dalla paura di essere da meno degli altri.
Per questo è sempre più importante tenere in casa solo ciò che veramente serve nel quotidiano concreto e nient’altro: di cose ne basta una per tipo e neanche di tutti i tipi!
E si inizia subito, senza rimandare all’infinito, ma in modo soft, cioè partendo dalle cose che hanno minore “carica emotiva” per noi stessi.
Scrivere o raccontare ciò che si è provato può essere un gesto liberatorio che aiuta a gestire l’inevitabile groppo in gola.
Anche fotografare può essere d’aiuto per congedarsi da un oggetto conservandone però il ricordo.
E se ci sono dei ricordi di famiglia che valgono l’essere tramandati, è significativo aggiungere un biglietto che racconti la storia di quel dono. Ridipingere un vecchio mobile non significa, infine, profanare un ricordo, ma permettergli di restare in una forma che rispetti il proprio presente.
Piccole e contemporaneamente grandi decisioni grazie alle quali le priorità riescono a diventare altre: semplificarsi la vita, alleggerirsi di tutto ciò che non è funzionale a essa e alle relazioni, godere delle cose semplici e arrivare al cuore delle cose, dire ciò che si pensa con autenticità, trascorrere tempo di qualità, ascoltare i bisogni profondi, sentirsi grati di essere vivi.
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