Avere ragione o relazione?
Se si prende la scorciatoia dell’aver ragione anziché relazione, soprattutto gli adolescenti reagiscono di conseguenza

Non si può negare che avere ragione ed essere in grado di dimostrarlo è per chiunque una bella soddisfazione e un’occasione per rafforzare la propria autostima.
D’altra parte, tutti abbiamo pieno diritto ad avere le nostre idee, opinioni, preferenze e “verità”, con cui identificarci e definirci.
Nonostante questo, è fondamentale la consapevolezza che nessuno ha sempre ragione, che ci sono dei limiti, che è necessario essere possibilisti e costruttivi, con una visione umile della realtà e un cuore empatico, per apprezzare e rispettare il punto di vista di chi ci sta vicino.
Nessuna idea insomma dovrebbe sequestrarci dalla realtà, dal confronto e dalla relazione, per non cadere nella così detta “sindrome di Aristotele”, quando il dialogo interiore spinge a cercare solo persone e situazioni che confermino le proprie convinzioni.
Il mondo, insomma, non è o bianco o nero: vita e persone trovano la loro miglior espressione nell’integrazione delle differenze e dei diversi punti di vista di fronte ai quali essere recettivi per imparare, crescere, evolversi, vivere in pace con sé prima ancora che con gli altri.
Ciò che più danneggia le relazioni tra persone non è quindi la divergenza di opinioni in sé, ma la sensazione di non essere né ascoltati, né compresi, né comunque stimati per ciò che si pensa.
Il regalo più bello che possiamo, invece, fare a qualcuno è ascoltarlo considerando sinceramente, cioè non con scopo manipolativo, che al termine avremo di certo imparato qualcosa.
E si percepisce chiaramente l’interlocutore che vuole avere ragione, costi quel che costi, dimostrando di tenere alla sua posizione più della relazione, manifestando un’incuranza che lascia nel cuore una ferita, anche profonda, che erode il sentimento di fiducia e unità delle persone.
Le coppie che reggono bene al conflitto, ad esempio, non sono quelle costituite da persone con idee simili, quanto piuttosto da chi riesce ad ascoltare un’idea differente dalla sua e scorge in questa differenza un’opportunità di aggiungere qualcosa di valido che da soli difficilmente si può capire.
Ma è soprattutto nel rapporto genitori-figli che si creano divisioni inutili e dolorose, nonostante l’affetto presente, perché si punta a “insegnare” concetti e valori, certo in sé importanti, senza neppure guardarsi negli occhi, magari perché non c’è abbastanza tempo.
Se si prende la scorciatoia dell’aver ragione anziché relazione, soprattutto gli adolescenti reagiscono di conseguenza.
Perché la realtà, che spesso si vorrebbe diversa, è questa: se non si dedica tempo, parecchio tempo, e tempo di qualità, anche facendo assieme cose che interessano solo a loro, si resta dei bravi, ma frustrati predicatori.
Questo anche se non si considera che c’è da imparare molto dalla così detta “inesperienza” dei più giovani: ciò che pensano e provano può essere molto prezioso, se ci lasciamo ispirare.
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