Governo-Regioni: ognuno pensi a fare il suo
L'intervista al costituzionalista Ugo De Siervo che esprime il proprio parere sul difficile equilibrio tra Governo e Regioni: "Troppe risse e protagonismi. Ci si concentri sulle proprie responsabilità"

Parla da “regionalista convinto”, come si definisce. Ma, come ha scritto anche in alcuni articoli, è convinto che l’equilibrio tra Governo e Regioni, in una materia così delicata come la gestione dell’attuale pandemia, debba essere improntato a maggior senso di responsabilità. Ugo De Siervo, già presidente della Corte Costituzionale a cavallo tra il 2010 e il 2011 e già docente di Diritto costituzionale all’Università di Firenze, sta assistendo in queste settimane, come tutti noi, a un balletto di dichiarazioni e schermaglie a volte sconcertante, che vede protagonisti da una parte il Governo e, dall’altra, alcune Regioni.
L’Esecutivo emana Dpcm validi per tutto il territorio nazionale? In “periferia” si chiedono provvedimenti differenziati. Si lascia libertà? Viene chiesto a Roma di “decidere”. Vengono varati i “tre colori” per diversificare le restrizioni? Chi è in “zona rossa” vuole sapere “perché a noi sì e agli altri no”, magari mentre i giornali mostrano le foto di malati con l’ossigeno sistemati nei corridoi e nelle anticamere degli ospedali. Chi, invece, è in “zona gialla” chiede magari i limiti più severi della zona arancione. Estenuanti i “balletti” che hanno, per esempio, riguardato Campania e Calabria. In Veneto, al di là dell’indubbio protagonismo del presidente Luca Zaia e la diversità di indirizzo politico rispetto al Governo, le cose tutto sommato vanno meglio, e comunque dentro i binari della correttezza istituzionale.
Per il presidente emerito De Siervo, sbaglia chi dà la colpa di tutto ciò all’assetto istituzionale.
Dove cercare la causa di questi corti circuiti tra Stato e Regione, professore?
In termini formali i problemi non dovrebbero esser molti. Soprattutto in una situazione di emergenza, il ruolo egemone non può che essere quello dello Stato. Le Regioni hanno soprattutto compiti integrativi. In tema, poi, di protezione civile, a livello normativo quasi tutte le decisioni spettano allo Stato, tramite il Governo.
Ma sempre più spesso le Regioni vogliono dire la loro, non lo trova giusto?
Guardi, io mi ritengo un regionalista convinto. E non contesto il fatto che chi governa a livello locale cerchi di rappresentare nel migliore dei modi i territori e le loro istanze. Però, attualmente questo avviene in un contesto di crisi della politica, di eccessiva personalizzazione. Molti presidenti di Regione, magari alcuni con i loro meriti, tendono però a voler sempre essere protagonisti. Così si assiste a un cicaleccio continuo, a difficoltà di rapporto che possono portare anche a disfunzioni. Io penso che sia importante trovare un tono di collaborazione più compatibile con le difficoltà della situazione.
Come giudica, in particolare, quanto accaduto nelle ultime settimane, con le Regioni “gialle”, “arancioni” e “rosse”?
Mi pare che il Governo abbia tentato di inserire le Regioni nei provvedimenti nazionali, di trovare un metodo per coinvolgerle. Di per sé, la cosa ha anche una sua logica, perché effettivamente ci sono situazioni diverse. Tutto ciò, però, urta con questa tendenza al protagonismo, che sfocia a volte in una guerriglia verbale che nessuno auspicherebbe. Ognuno, piuttosto, si concentri sulle proprie responsabilità, che per quanto riguarda le Regioni stanno, per esempio, nella gestione ordinaria del sistema ospedaliero.
Su questo ci sono stati degli errori nei mesi scorsi?
Io non credo che questo sia il momento delle polemiche, però noto che il sistema politico continua a fare guerriglia con entrate a gamba tesa reciproche. Poi, nei mesi scorsi, da parte di tutti ci sono certamente stati errori nell’allentamento generale delle norme di restrizione, con inviti un po’ irresponsabili a riprendere la vita di prima.
Da parte di alcuni osservatori si punta il dito sull’attuale assetto tra Stato e Regioni. Cosa c’è da riformare?
A mio avviso il sistema giuridico configura chiaramente i ruoli, poi tutto può essere cambiato, ma mi pare che in questo momento la questione sia l’inadeguatezza della classe politica, più che delle regole. Non vorrei fare esempi, ma pensiamo alle vicende calabresi.
Si fatica anche a rendere operative le decisioni, la burocrazia sta mostrando i suoi limiti?
I sistemi decisionali sono troppo lenti, ma non dobbiamo dimenticare che sono attivati da persone. Anche la burocrazia è fatta di persone, che devono assumersi le proprie responsabilità. Pubblici dipendenti e politici sono chiamati a operare bene, a fare le scelte che a loro competono, non si può pensare che le cose cambino da sole.
Non è, dunque, questo il momento di procedere a riforme di ampio respiro, come per esempio, sarebbe quella dell’autonomia più volte chiesta anche dal Veneto?
No, non è questo il momento di fare grandi riforme, non cambierebbe nulla, ma di far funzionare bene gli apparati che abbiamo già. Certo, tutto questo in un’ottica di sussidiarietà, sia chiaro. E’ sempre meglio che le cose, quando è possibile, siano decise dagli Enti più vicini al cittadino. Preferisco che abbia più potere decisionale un assessore regionale che un prefetto, per intenderci. Ma poi, gli apparati devono funzionare.
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