In Veneto rivoluzione su due ruote, ma molti progetti ancora al palo
La Regione ha approvato il Piano regionale della mobilità ciclistica, un progetto che si articola in quasi duemila chilometri di rete ciclabile che attraversa tutto il Veneto.

L’impronta delle due ruote sul Veneto. Questo l’assessora ai Trasporti e vicepresidente della Regione Veneto, Elisa De Berti, vuole lasciare sul territorio. Per farlo ha messo a punto, con un team di progettisti, il Piano regionale della mobilità ciclistica. “Un progetto - ha detto la De Berti - destinato a lasciare un segno sul territorio e un lascito dal valore culturale, ambientale, turistico ed economico”.
Il piano prevede quasi duemila chilometri di rete ciclabile. La maggior parte in sede propria, e quindi con dei costi notevoli. I percorsi sono stati suddivisi in itinerari di terra e di acqua. Quelli di acqua sono otto, e praticamente seguono il corso dei fiumi e i loro argini, o dei laghi. Troviamo la ciclovia del Po-Mincio-Garda, da Malcesine a Porto Tolle; dell’Adige, da Brentino Belluno a Rosolina; del Bacchiglione, da Vicenza a Chioggia; del Brenta, da Enego a Chioggia; del Sile, da Volpago del Montello a Jesolo; del Piave, da Soverzene di Belluno a Jesolo; del Livenza, da Gaiarine di Treviso a Caorle; infine, del Tagliamento, da San Michele al Tagliamento a Venezia. I tracciati di terra, invece, corrono da Ariano nel Polesine a San Michele al Tagliamento; da Guarda Veneta, nel rodigino, a San Michele al Tagliamento; da Casaleone, nel veronese, a Mansuè nel trevigiano; da Valeggio sul Mincio a Cortina d’Ampezzo.
Il Piano viene presentato all’indomani del varo del Piano nazionale, denominato “Bicitalia”, e per il Veneto avrà cadenza triennale. De Berti propone un modello di gestione della rete sia su scala territoriale, sia a livello di singola ciclovia.
L’attività di coordinamento, su scala territoriale, spetterà all’Ufficio di coordinamento e all’Ufficio della ciclabilità, mentre sulla singola ciclovia la competenza sarà degli Enti gestori. A questi soggetti, si affiancano il Tavolo tecnico in materia di mobilità ciclistica e l’Osservatorio permanente della mobilità. Per la prima volta, vengono decisi specifici riferimenti per la viabilità ciclistica e un ufficio apposito.
Gli obiettivi fondamentali del Piano sono cinque. Per prima cosa realizzare un sistema di ciclovie regionali di media-lunga distanza (tra i 100 e i 150 chilometri) capaci di stabilire collegamenti a più scale e integrato con gli altri sistemi di mobilità (ferro, acqua, gomma).
Con il piano si potranno avviare modelli di gestione coordinata delle ciclovie regionali, durante tutte le sue fasi e sostenere processi sostenibili di sviluppo locale attraverso infrastrutture ciclabili di lunga distanza, capaci di generare posti di lavoro e alimentare le economie locali. Inoltre, si vorebbe riavvicinare i cittadini al paesaggio, favorendone nuove forme di fruizione in bicicletta e innescare un cambiamento culturale che individui nelle dorsali ciclabili i capisaldi di un progetto di territorio costituito da interventi infrastrutturali e da relazioni materiali-immateriali in grado di promuovere la rigenerazione dei territori.
“Dobbiamo imparare a cambiare il modo tradizionale - chiarisce la De Berti - di guardare alle due ruote: la bicicletta non è solo un mezzo di trasporto o di svago, ma è anche uno strumento prezioso per innescare processi di rigenerazione dei territori e per favorire un’innovazione culturale”.
Ora il Piano passa all’approvazione del Consiglio regionale. Nulla di ancora deciso. I tracciati sono un indirizzo, non pongono vincoli né salvaguardia urbanistica nel territorio. Saranno progressivamente infrastrutturati, laddove già non strutturalmente esistenti e troveranno una puntuale definizione nelle successive fasi di progettazione. Si dovranno trovare oltre cinquecento milioni di euro necessari per realizzarli; al momento ne sono disponibili novanta.
Non sei abilitato all'invio del commento.
Effettua il Login per poter inviare un commento