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Incontro a Casoni del vescovo Michele con i giovani della marcia della pace

La marcia della pace di domenica 29 gennaio per la diocesi di Treviso è iniziata a Casoni di Mussolente, dove il Vescovo ha incontrato i giovani in oratorio. Ha risposto alle loro domande anche il prof. Lorenzo Biagi.

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Incontro a Casoni del vescovo Michele con i giovani della marcia della pace

“I giovani hanno domande sulla pace, hanno esigenze di pace, desiderano la pace per rendere più improbabile la guerra”. Così mons. Michele Tomasi, vescovo di Treviso, ha sintetizzato l’animo dei giovani che ha incontrato in oratorio a Casoni di Mussolente. L’incontro poche ore prima dell’inizio della marcia per la pace, iniziata da questo paese del vicentino, parte dalla Diocesi di Treviso. L’incontro era stato pensato lo scorso 9 dicembre, raccontano Lisa Zamperoni dell’Azione cattolica di Treviso e la cooperatrice pastorale Anna Lorenzon che, assieme agli scout Agesci di Mussolente e Cavaso, ai giovani delle parrocchie dell’Asolano e ad altre associazioni, hanno seguito il cammino di avvicinamento alla marcia che si è svolta domenica 29 gennaio, nel territorio all’incrocio di tre diocesi: Treviso, Padova e Vicenza. “I giovani hanno preparato delle domande che abbiamo inviato preventivamente al Vescovo di Treviso e al prof. Lorenzo Biagi, docente dello Iusve di Mestre e dell’Istituto superiore di Scienze religiose di Treviso e Vittorio Veneto, i quali hanno cercato di dare delle risposte e degli orientamenti”. L’incontro è iniziato alle 11, al termine di una mattinata di lavoro per i giovani impegnati nella preparazione di un gadget da distribuire a tutti i partecipanti alla marcia, un piccolo magnete, simbolo dell’attrazione che dovrebbe stringere le persone, antidoto alle divisioni della guerra. 

Biagi ha sottolineato come le domande proposte dai giovani sentano a fondo il momento storico, segnato da problemi antichi, mai risolti, e nuovi, tanto che papa Francesco, nella Fratelli tutti, parla esplicitamente di passaggio epocale. “I genitori - ha aggiunto - avevano pensato a un futuro migliore per i propri figli, e invece le cose non sono andate in quella direzione. Non per questo, i giovani devono restare dentro una bolla, separati, lontani dai problemi, come se fossero in un villaggio turistico, mentre tutto intorno brucia”. Biagi ha rispolverato lo slogan “vedere giudicare agire”, per non perdersi per strada. Piuttosto, cercare un “apprendimento trasformativo” che parta da questi dati. La nostra è un’epoca in cui sappiamo tutto, veniamo informati di tutto, nessuno può dire di non sapere. Tutta questa informazione ci fa sentire impotenti. Così, risulta evidente un crollo dei pilastri, ma non c’è una sostituzione, nulla, solo macerie. Biagi ha denunciato la cultura violenta sempre presente nel pensiero occidentale: economica, politica, linguistica, fisica, ecologica. “Siamo arrivati quasi a un’estasi della violenza, confermando la vecchia tesi del filosofo Hobbes per cui la violenza è connaturata alla natura umana”. L’apprendimento trasformativo deve, invece, partire da una inquietudine positiva, dal privilegiare la ricerca, dall’inventare soluzioni. Questo è l’antidoto. “Capire che questa società è troppo violenta e ripartire dalla parola pace, una parola simbolica, una parola contro corrente, che ci fa diventare visionari; sinonimo di vita, promuove uno scambio infinito di doni. La pace è un’utopia non nel senso che non esiste in nessun luogo, ma nel senso che è uno sbilanciamento verso il futuro, si deve iniziare a realizzarla sapendo che sarà compiuta sempre in un futuro prossimo. La parola pace ci fa camminare oggi e nei prossimi giorni, ci fa camminare assieme”. 

Mons. Tomasi ha insistito su questa capacità inclusiva della pace. “La dialettica “noi - loro” può estendere il noi fino a inglobare potenzialmente l’intera umanità”, ha sottolineato, raccontando il suo recente viaggio missionario in America Latina. “Se noi riconosciamo che ogni persona è amata da Dio, anche la più detestabile, abbiamo il compito di cercare la cosa amabile in ciascuno che incontriamo, pure il carnefice è “persona umana”. Questo non significa che non debbo lottare per la libertà, ma che la pace si realizza nell’estendersi, nell’accogliere, nel legarci agli altri. “In questa giornata si incontrano tre diocesi, si realizza un allargamento, un accogliere con una forza mite”.

Ha invitato i giovani a trovare traiettorie di vita e a farne “un capolavoro”, coltivando fiducia nell’uomo così come per primo Dio si è fidato di noi. Tomasi ha concluso richiamando il “multilateralismo”: “Per evitare la guerra ci vuole una forza internazionale che metta in campo risorse economiche quando è ancora possibile, risorse politiche, come la partecipazione ai processi decisionali, che promuova una giustizia giusta. La pace non viene dopo la guerra, ma serve per prevenire ed eliminare la guerra”.

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