Società e Politica
stampa

L'appello dello scrittore trevigiano Gian Domenico Mazzoccato: "Aiutate gli scrittori di testi dialettali"

Accorato appello dello scrittore trevigiano ai politici: "Insegnare il dialetto a scuola si può, ma non come intendete voi". Ad esempio, esistono almeno tre versioni in parlate venete del bestseller "Il piccolo principe", farlo scoprire ai ragazzi potrebbe essere occasione per proficui confronti, riflessioni, approfondimenti. 

L'appello dello scrittore trevigiano Gian Domenico Mazzoccato: "Aiutate gli scrittori di testi dialettali"

Va in scena il mio Mato de Guera, ennesima replica per Gigi Mardegan, oggi probabilmente il più grande attore in lingua veneta. Normale. A essere eccezionale è il luogo. Perché siamo a Erbil, in Irak, capitale dell’etnia curda. Comunicazione linguistica problematica, assurda. Mardegan parla con un interprete che traduce dal tedesco. E questo parla con un interprete che traduce dal curdo al tedesco. Di meglio non è possibile. Si recita in un teatro che è stato magazzino, deposito, perfino discarica. Riattato in fretta e in furia, cavi e fili elettrici dappertutto. E stipato oltre ogni dire. Il copione prevede che il protagonista Ugo Vardanega / Gigi Mardegan entri da fondo sala. Ci mette cinque minuti a raggiungere il palcoscenico. Recita con gente dappertutto, perfino sul palcoscenico stesso. Chi ha visto la pièce sa bene che è notevole performance fisica e ha bisogno di spazi. Mardegan si adatta. “Alla fine mi strattonavano, mi abbracciavano, volevano portarmi in trionfo. Credo che non avessero capito una parola, ma nella complicità e negli ammiccamenti degli occhi, tutti avevano capito tutto. Perché il teatro parla un linguaggio universale che va oltre le singole parole”. E’ accaduto qualche tempo fa, ma la lezione e la memoria importante restano. Vale la pena di riparlarne in questi giorni in cui si torna a scuola e, tra i mille importanti problemi, si riaffaccia anche chi vuole che la lingua veneta sia insegnata nelle scuole. Con serenità, con voglia di dialogo e confronto, ma anche con fermezza: non è la strada. Ripensando a quella magica festa di popolo ad Erbil, come non rendersi conto che la parlata veneta è risuonata, per un’intera serata, nelle orecchie della gente curda come lingua? Con la dignità di segno alto, con le sue inflessioni, con le sue infinite capacità espressive. Perché uno scrittore l’ha usata in una sua opera e un attore l’ha portata sulla scena.
Un dialetto smette di essere tale e assurge a dignità di lingua quando ha una sua letteratura e grazie a questa si diffonde e si impone. Un dialetto vive, e tuttavia ha respiro talora corto, qualche volte muore. Una lingua si evolve, vive. Allora la strada sarà far lavorare scrittori, musicisti, attori, artisti che comunque si confrontano con le possibilità molteplici e multiformi della parola. Fornire loro occasioni, creare contesti, stimolare confronti. Possiamo dire che nel Veneto è riconoscibile la fisionomia di una lingua distinta in un numero altissimo di parlate locali. A Venezia non si parla a Castello lo stesso dialetto del Lido. Differenze di lessico e di pronuncia. Spesso basta un argine, un fiumiciattolo per dar vita due parlate, al di qua e al di là, anche marcatamente differenti.

E, allora, cosa insegni? Un’astrazione, cioè una lingua che in realtà non parla nessuno? Proprio non va. Continuare a “voler insegnare il dialetto” è un modo per riempirsi la bocca e non fare nulla. Attenzione, però. Le parlate locali “devono” entrare nelle scuole. Ma c’è modo e modo. Non essendo percorribile l’insegnamento di una lingua che non esiste, c’è ben altro che si può fare.

Faccio un esempio. Che io sappia del libro più tradotto al mondo (dopo Bibbia e Corano) esistono almeno tre versioni in parlate venete. Sto parlando de Il piccolo principe di Antoine de Saint-Exupéry. L’ultima versione, nel dialetto di Caerano e Montebelluna, la si deve a quel geniale editore e libraio che risponde al nome di Danilo Zanetti. Perché non leggere Il piccolo principe in classe? Occasione di confronti, riflessioni, approfondimenti. Occasione per raccontare storie. Perfino le illustrazioni del libro fanno storia a sé, perfino la vicenda privata di Antoine de Saint-Exupéry è tutta da raccontare, bella e misteriosa. Lo scrittore di Lione fu aviatore intrepido durante la seconda guerra mondiale. Il suo aereo non montava armi, ma macchine fotografiche. Fu abbattuto mentre volava dalla Corsica a Lione. Era il 13 luglio 1944. Morte misteriosa, forse un suicidio. Ogni tanto qualcuno dice di aver ritrovato i rottami dell’aereo. Ma il mistero resta.

Quante porte può aprire un libro! Se poi è scritto (o tradotto) in veneto… Insomma è la letteratura che fa respirare la lingua, non una grammatica astratta, è la letteratura che esplora la ricchezza di una lingua, ne esalta le possibilità, ne garantisce la sussistenza sulla bocca dei parlanti. 

La dura lingua pavana del Ruzante, le suggestioni del latino maccheronico di Teofilo Folengo, la rutilante ciacola di Goldoni, la lingua familiare di Giacinto Gallina, la vibrante poesia di Giacomo Ca’ Zorzi, cioè Giacomo Noventa. Un appello forte ai politici. Aiutate gli scrittori a produrre in dialetto. Create occasioni e spazi per loro. Si può fare in molti modi. In mille modi. Lavorate per riformare libri di testo e programmi. Costruite un progetto per la formazione di “insegnanti di dialetto”.
Altrimenti son ciacole. Bone par doman.

Tutti i diritti riservati
L'appello dello scrittore trevigiano Gian Domenico Mazzoccato: "Aiutate gli scrittori di testi dialettali"
  • Attualmente 0 su 5 Stelle.
  • 1
  • 2
  • 3
  • 4
  • 5
Votazione: 0/5 (0 somma dei voti)

Grazie per il tuo voto!

Hai già votato per questa pagina, puoi votarla solo una volta!

Il tuo voto è cambiato, grazie mille!

Log in o crea un account per votare questa pagina.

Non sei abilitato all'invio del commento.

Effettua il Login per poter inviare un commento