Per le famiglie, già vessate dai rincari, il salasso degli aumenti dei contratti con assistenti familiari e baby sitter
Preoccupazione tra le famiglie per l'aumento dei contratti regolari di colf, badanti e baby sitter. Un appello ai parlamentari veneti, sottoscritto fra gli altri dalla Conferenza dei sindaci dell'Ulss2 Marca Trevigiana, affinché sia diminuito il costo del lavoro, attraverso una modifica dell'attuale regime fiscale.

Un effetto a catena incombe, e in qualche caso, si è già concretizzato, su circa 1 milione di famiglie in tutta Italia, 72 mila in Veneto, 12 mila nella sola provincia di Treviso. Ai costi per le bollette energetiche, i carburanti e per la normale economia domestica, si aggiungono anche gli adeguamenti al tasso dell’inflazione dei contratti regolari con assistenti familiari e baby sitter. L’aumento è scattato già dal 1° gennaio 2023 e rischia da un lato di accrescere le difficoltà di alcune famiglie che beneficiano dell’assistenza familiare, dall’altro di far esplodere il già ampio fenomeno dell’irregolarità e del lavoro nero. “E’ giusto rispettare e applicare i contratti nazionali – spiega Pio Grollo, presidente dell’associazione Noi con Voi, composta da oltre 200 famiglie –, ma l’aumento del costo del lavoro è un problema molto grave. Col nostro appello vogliamo portare all’attenzione della politica una questione che rischia di mettere in difficoltà proprio le persone più fragili e di far scivolare nell’irregolarità coloro che svolgono un fondamentale lavoro di assistenza”.
L’inflazione intorno al 10% non è assorbita dagli introiti delle famiglie e le ripercussioni maggiori potranno riguardare chi ha assunto personale per lunghi orari o in regime di convivenza. In più, vanno calcolati i contributi sociali a carico dei datori di lavoro, in questo caso famiglie, che possono essere esse stesse in situazione di fragilità sociale ed economica.
L’appello è stato appoggiato anche dall’Associazione dei Datori di Lavoro Domestico. “Le cifre – spiega la direttrice della sede di Treviso, Antonella Aceti – sono molto consistenti. Un assistente familiare convivente a tempo pieno costerà alla famiglia circa 1.600 euro in più all'anno. Per una baby sitter a 40 ore settimanali per un bambino sotto i 6 anni, la differenza è di 1.750 euro. L’assistenza a una persona non autosufficiente, in regime di non convivenza a 30 ore alla settimana, costa 1.308 euro in più”.
Saranno gli organismi di rappresentanza nazionali a interfacciarsi con Parlamento e Governo, ma i primi segnali che sono arrivati da maggioranza e opposizione sono positivi, a cominciare dal ministro Carlo Nordio (Fratelli d’Italia) e dall’onorevole Piero Fassino (Partito Democratico). Anche la ministra del lavoro, Marina Calderone, aveva recentemente sottolineato la necessità di una riflessione su un ampliamento della deducibilità fiscale delle spese per colf e badanti. A rinforzare politicamente l’appello è arrivata anche la firma del direttore generale dell’Ulss 2 Marca Trevigiana, Francesco Benazzi, e della presidente della conferenza dei sindaci, Paola Roma. “Come primi cittadini e come azienda sanitaria abbiamo sottoscritto questa richiesta al ministero, pensando soprattutto alle persone con fragilità, in particolare quelle non autosufficienti. Portare in deduzione una quota maggiore sarebbe una scelta molto importante da fare a favore delle famiglie che hanno risorse economiche sempre più limitate”. Inoltre, la sindaca di Ponte di Piave sottolinea il valore sociale di quanto fanno le famiglie nel contesto dei piani sanitari. “Le famiglie fanno moltissimo per il territorio, perché l’assistenza domiciliare sgrava le strutture sanitarie. Dobbiamo riconoscere l’importanza di questo fatto, inserendola all'interno dei piani di zona dei servizi sociali”.
“Non è solo una questione economica – aggiunge Ivana Padoan, già docente di Ca’ Foscari Venezia –, ma di progetto di vita, di cui la retribuzione è solo un elemento. Contano le relazioni tra la famiglia, la persona in difficoltà, gli assistenti domiciliari, la rete dei servizi sociali e sanitari, il vicinato, i volontari. Dobbiamo costruire un pensiero sistemico di comunità progressivamente allargata. La comunità familiare non è quella più importante, perché le famiglie oggi hanno molte difficoltà. Bisogna allargare e includere tutti le figure che possano essere utili dal punto di vista esistenziale”. L’invecchiamento della popolazione è ormai un dato di fatto strutturale e non reversibile. “Possiamo però – conclude il sociologo Vittorio Filippi – mitigarne gli effetti, invecchiando meglio, con interventi di politiche sociali, pubbliche e private, che rendano l’essere anziani una condizione almeno accettabile e compatibile con le nostre condizioni”.
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