Rincari importanti in casa di riposo, per i costi insostenibili
Prima il Covid, poi il caro energia. Le case di riposo sono sempre più in difficoltà. L'unico rimedio, per ora, è aumentare le rette...

Si sono inventate di tutto per resistere alla grave situazione economica legata al caro energia. Già il Covid era stato un colpo al cuore per le case di riposo, con il carico di lavoro aumentato e gravato tutto sul personale interno, senza poter contare sul neppur minimo aiuto da parte dei famigliari. Oltre alla cura degli ospiti, si è dovuto pensare a tenere le relazioni con i familiari all’esterno, c’erano da organizzare le videochiamate settimanali, curare il pasto che invece qualche volta veniva seguito dai familiari, le inservienti e gli infermieri hanno dovuto farsi carico anche della compagnia e del sostegno psicologico degli ospiti. Superlavoro per i pochissimi psicologi che sono disponibili dentro le rsa.
Poi, la mazzata del caro energetico e la conseguente inflazione. Quando la bolletta dell’energia elettrica è schizzata in alto, qualche direttore ha pensato di utilizzare dei generatori a gasolio per produrre energia. Poi è aumentato anche il gasolio, e con esso le spese di riscaldamento che per le Case di riposo sono consistenti: bisogna climatizzare 24 ore su 24. La Regione Veneto si è inventata un piccolo escamotage: 11 milioni di euro in energia gratuita fornita dai 29 concessionari della Regione; gran parte di queste risorse (7,8 milioni) è andata nella provincia di Belluno, dove il clima è più rigido.
Per non parlare delle spese alimentari: dopo aver esaurito le scorte acquistate ai vecchi prezzi si è dovuto far fronte all’aumento della pasta, del pane, delle verdure. Qualche donazione, utilizzo di prodotti di qualità ma disponibili con un precisa scontistica. Tutti palliativi e alla fine l’aumento vertiginoso dei costi si è dovuto scaricare sulle rette degli ospiti.
In Italia, l’aumento è stato dai 3 ai 14 euro al giorno. Aumento solo in parte compensato dal ritocco delle pensioni; così, è aumentata la quota a carico delle famiglie degli anziani, che hanno dovuto integrare con le proprie risorse. Su queste si è dunque abbattuto un doppio aumento: quello in casa della propria bolletta energetica e dell’inflazione, e quello dei costi della casa di riposo. A loro ha pensato la Regione Piemonte che ha messo a bando un bonus di 600 euro mensili per pagare le rsa, quando il reddito Isee era inferiore ai 50 mila euro annui. Lo Stato ha, da parte sua, garantito un contributo per il riscaldamento nel 2022 di circa 5 milioni per le Ipab e di 50 milioni per le altre case di riposo. Forse era possibile fare qualcosa di più nel Veneto, ma la proposta dell’addizionale Irpef fatta dal governatore, Luca Zaia, si è arenata di fronte all’opposizione delle aziende. Con quei soldi forse si potevano sostenere meglio le rsa. Così, l’intervento principe in Veneto è risultato la riduzione dell’Irap per le rsa dal 8,5 al 3,9.
Il panorama è fosco, in primavera cominceranno a venire al pettine i nodi dei bilanci e qualche rsa potrà andare in crisi. Alcune hanno chiuso dei nuclei, per mancanza di personale, riducendo sensibilmente le entrate. Questo è un altro elemento di inquietudine. Tutto questo mentre l’Istat fotografa la popolazione italiana e si scopre che rispetto al 1861, anno della nascita dell’Italia unita, la popolazione ultrasessantacinquenne è passata dal 4,2 al 23,8 per cento. Di fatto, un quarto dei 59 milioni, che costituiscono la popolazione italiana, è in età di pensione. L’allungamento della vita e la contrazione della natalità hanno determinato l’aumento del numero di anziani e la riduzione di quello dei giovani. I flussi migratori non hanno sufficientemente contrastato la diminuzione della popolazione. In questo contesto di generale invecchiamento è ancora possibile trascurare il tema delle rsa e degli anziani non autosufficienti? Lo sviluppo sostenibile, di cui tanto si parla oggi, passa anche attraverso la risposta a questo interrogativo.
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