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"Treviso e la Shoah", l'autrice: "Ogni storia raccolta ha lasciato in me un pò di strazio"

Francesca Meneghetti nel libro "Treviso e la Shoah. Atlante delle persecuzioni e degli aiuti", Edizioni Istresco, ha ricostruito la storia degli ebrei della Marca, analizzando quello che accadde in seguito all'approvazione delle leggi razziali. Nel libro si parla anche dei delatori e degli opportunisti. 

Parole chiave: Francesca Meneghetti (1), Istresco (5), Treviso (2143), Giornata della memoria (27), libro (51)
"Treviso e la Shoah", l'autrice: "Ogni storia raccolta ha lasciato in me un po' di strazio"

Ad aver realizzato l’atlante dei luoghi e la galleria delle persone che furono vittime della Shoah nella Marca trevigiana è Francesca Meneghetti, insegnante in pensione.

Meneghetti, come è nato il suo libro? 

Nel marzo 2021, in occasione della consegna del premio “Riflettore Donna” che mi è stato assegnato dal Comune di Treviso, mentre ero insieme al presidente dell’Istresco di allora, Amerigo Manesso, ci è stato chiesto l’impegno a continuare e a collaborare in vista della posa di “pietre d’inciampo” a Treviso, una iniziativa lanciata da una fondazione tedesca che conta ormai oltre 70 mila “pietre d’inciampo” in Europa, collocate davanti all’abitazione di vittime della Shoah. Da lì è venuta l’idea di fare un “atlante”, una mappa dei luoghi e delle persone coinvolte a Treviso e provincia. Ne è scaturita una “galleria” con tante persone, di cui ho voluto raccontare le storie e pubblicare le fotografie in modo da mostrarne i volti, che dicono di più dei semplici dati biografici. Oppure, per quelli di cui non si trovano foto, almeno la loro firma, quella fatta in carcere nel registro matricole, ultimo loro atto civile prima di essere deportati in Germania.

Qual era la realtà degli ebrei nel Trevigiano?

Non erano molti, circa 400. Poi, in seguito alle leggi razziali del 1938 giunsero anche altri ebrei di origine straniera che erano emigrati in altre città italiane, come, ad esempio, l’allenatore della squadra di calcio di Treviso, che era di origini ungheresi. Nei loro confronti non c’erano particolari problemi da parte della popolazione, anzi, c’era quasi invidia, perché generalmente erano persone colte, appassionate di musica, d’arte. La popolazione li accoglieva con benevolenza, li ospitava in casa parlandone con stima e rispetto. Gli atteggiamenti di ostilità venivano dalle persone politicizzate, dagli iscritti al Pnf, il partito fascista, che consideravano gli ebrei dei privilegiati.

Come furono accolte nella Marca le leggi razziali?

Dopo l’approvazione delle leggi razziali del 1938, nelle scuole i presidi chiesero agli insegnanti di svolgere attività didattiche sulla razza. Ma la cesura drammatica si ebbe dopo l’8 settembre 1943. Tra l’altro, va considerato che un certo numero di ebrei erano iscritti al partito fascista; vari di essi chiesero la cosiddetta “discriminazione”, che si tenesse cioè conto di questa loro adesione; ma così non fu. E le autorità acquisirono, specialmente con il censimento del 1938, tantissime informazioni riguardo ai cittadini ebrei, cosicché in seguito sapevano dove trovare le persone.

Nel libro ha raccolto anche le storie di decine e decine di “aiutanti”…

Quello degli “aiutanti” è certamente un argomento interessante. Una caratteristica della realtà trevigiana è il dato sull’altissima percentuale di “salvati” dalla deportazione. E la provincia di Treviso ha anche il numero più alto di “Giusti tra le nazioni”, 23, riconosciuti dallo Yad Vashem. Ma, insieme a questo, io sottolineerei anche la realtà delle “delazioni” da parte di opportunisti. Di questi non si parla, perché sono fatti di cui vergognarsi.

Nella sua ricerca c’è qualche figura che l’ha colpita?

Nel libro ci sono le schede di circa 150 persone, tra ebrei perseguitati ed “aiutanti”: è difficile fare una scelta. Potrei dire che mi colpiscono le mamme dei preti. Ci sono vari preti che si danno da fare per salvare cittadini ebrei. E in più casi non esitano a nascondere queste persone a casa loro, dalle loro mamme, donne umili, coraggiose, che restano anonime.

E se dovesse indicare qualche episodio significativo?

Ci sono tanti episodi drammatici. Ad esempio gli “arresti” effettuati in luoghi di cura. Quello alla casa di cura di Mogliano Veneto. La cattura di quattro ebrei malati psichici – due donne e due uomini – al manicomio di Sant’Artemio, a Treviso, dove il prossimo 28 gennaio verranno collocate quattro “pietre d’inciampo”. Insomma sono tante storie di ebrei vittime. E ogni storia raccolta lascia un po’ di strazio. 

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"Treviso e la Shoah", l'autrice: "Ogni storia raccolta ha lasciato in me un po' di strazio"
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