Un convegno a Treviso su mafie e infiltrazioni illegali in Veneto
L'incontro, che si è tenuto il 18 gennaio nell'auditorium della Provincia di Treviso, era organizzato dalla sezione veneta dell'albo Gestori ambientali, per sensibilizzare sul rischio di infiltrazioni mafiose, anche nel nostro Veneto.

Mercoledì 18 gennaio l’auditorium della Provincia di Treviso ha visto la sala occupata da imprenditori, sindaci, forze della polizia e dei carabinieri, oltre che da numerosi cittadini. Anche se in pieno boom mediatico per l’arresto di Matteo Messina Denaro, non era scontata la presenza di un così folto pubblico al convegno di sensibilizzazione contro le mafie voluto dalla sezione veneta dell’albo Gestori ambientali, attivo nell’ambito di Unioncamere, che comprende 15.000 imprese venete che trattano rifiuti in tutta la Regione. Una realtà significativa, dove possono infiltrarsi fenomeni mafiosi.
Molti sono i procedimenti esaminati dalla commissione, quasi mille al mese, ma una grossa parte del tempo viene consumata nello svolgimento di attività di sensibilizzazione alla legalità e all’implementazione di protocolli come quelli siglati con Libera, la Finanza, la Commissione Antimafia. Importante anche lo sforzo di sensibilizzazione tra gli studenti veneti. Chiaro il punto di partenza: in Veneto, le mafie ci sono, eccome!
“E’ noto ormai che quando si parla di fenomeno mafioso in Veneto - sottolinea Gianni Belloni, giornalista e autore di un libro sul fenomeno - si parla di presenza intrecciata di tutte e tre le mafie tradizionali, e i mafiosi in Veneto sono interessati ad accordi, caratterizzati da una doppia logica: quella esterna, cioè gli affari con imprenditori, politici e altri attori sociali, e una logica dell’identità, cio il rafforzamento del legame con il territorio. Nel Veneto la logica degli affari è più accentuata”. Viene, poi, smontata la metafora usata dai giornali quando si parla di mafia nei territori non tradizionali come il Veneto: quella, cioè, del “cancro”, malattia che sta attaccando un corpo sano. In realtà, restando alla metafora medica, le mafie andrebbero utilizzate come il liquido di contrasto che segnala la malattia, perché lo sviluppo delle mafie in territori non tradizionali è legato al fatto che sono già presenti dei fenomeni di illegalità.
Il mafioso va a cercare quelli che evadono le tasse, o coloro che mettono in atto altre forme di illegalità nel campo di rifiuti o della manodopera. Attraverso questi varchi si infiltrano “gli accordi”.
Lo spettacolo teatrale di Archipelagos “Aspide: Gomorra in Veneto”, che per 45 minuti ha fatto tenere il fiato sospeso ai presenti, raccontando il caso di usura ed infiltrazione di mafia chiusosi solo due anni fa nel padovano, ha emotivamente portato la platea dentro una realtà fatta sì di colletti bianchi, ma anche di violenza. Un silenzio emozionato ha pervaso la sala quando è stata data la parola a Tiberio Bentivoglio, commerciante di Reggio Calabria, “testimone di giustizia”, o meglio come lui afferma “testimone di verità, perché la denuncia richiede la verità”.
Racconta piano, cadenzando le parole, perché dietro vi è un vissuto di sofferenza che dura da 30 anni: “Io e mia moglie Enza, con la tregua delle cosche dopo una guerra che aveva fatto più di 1.100 morti in pochi anni, decidemmo di avviare nel 1992 un negozio di articoli sanitari. L’impresa va bene, si arriva a 12 dipendenti, ma inizia subito il calvario di fronte al netto rifiuto di pagare il “pizzo” e alla decisione di denunciare”. Inizia così un crescendo fatto di intimidazioni, incendi al negozio, avvertimenti, fino all’attentato del 9 febbraio 2011, con sei colpi di pistola contro Tiberio. Il commerciante è costretto ad accettare la scorta e, dal 2020, è testimonial di “Libera”. Ciò che lo fa più soffrire è aver trovato uno Stato colluso con la mafia, anche assieme a parti della Chiesa.
“Rifarebbe le sue scelte?”, chiedono gli studenti presenti. Provocatoriamente, dice di “no”, perché “le rifarei in modo più determinato, avendo più coraggio di denunciare i pezzi di Stato collusi”. Le parole finali sono rivolte ai giovani presenti in auditorium a Treviso: “Abbiate il coraggio di denunciare, siate protagonisti, mai spettatori, siate come gli alberi del mandorlo, che non aspetta la primavera per fiorire. Scegliete sempre da che parte stare”.
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