venerdì, 26 aprile 2024
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STORIA

i tempi sono cambiati e, rispetto al passato, si è stravolto il quadro culturale, ma la missione che ancora anima il giornale è sempre la stessa. Lo scrive il direttore nel suo editoriale. Facendo riferimento al “Programma” editoriale del primo numero di “Vita”. Un articolo vivace e ancora “fecondo”, soprattutto in alcuni passaggi. Abbiamo chiesto allora a tre personalità di commentarli e di spiegarci perché sono ancora così attuali.

Cosa voleva essere nel 1892 e cosa vuole essere oggi il nostro giornale? Un foglio popolare. Che ha l’obiettivo di promuovere “istituzioni”. Aperto al dialogo nel nome del “vero bene” del popolo.

Perché adunque fra tante voci, non potremo sperare che sia ascoltata anche la nostra a favore del popolo? Noi, come gli altri, vogliamo la Vita del Popolo. La Vita Economica, e non la miseria, la pellagra e la fame. La Vita virilmente civile, e non la fuga nei lontani lidi d’America. Ma, e forse più degli altri, vogliamo ancora la vita intima e sacra della famiglia, senza cui la patria stessa è un non senso... vogliamo ancora e prima di tutto la vera vita morale del nostro popolo, che è nata e nutrita dalla fede”. Con queste parole si apriva, nel lontano 3 gennaio 1892, l’editoriale del primo numero del nostro giornale. La vita del popolo, dunque, non nasceva come un semplice foglietto religioso, ma come un giornale nel quale l’ecclesialità e la popolarità erano inscindibilmente legate e interdipendenti tra loro. Un giornale preoccupato di difendere e farsi voce delle categorie sociali più disagiate, quelle, appunto, vittime della fame, della miseria, della pellagra e dell’emigrazione, le quali non avevano alcun mezzo per farsi sentire e rivendicare la loro dignità. Ma anche intenzionato a promuovere i valori etici e morali derivanti dalla fede, tanto radicata tra la popolazione trevigiana.

Giornale del popolo
Dopo 120 anni La vita del popolo è ancora impegnata nel promuovere e difendere l’identità culturale, religiosa e morale del nostro popolo e delle istituzioni civili ed ecclesiali che lo rappresentano. I tempi sono cambiati e, rispetto al passato, si è stravolto il quadro culturale, ma la missione che ancora anima il giornale è la stessa. Ci sono, infatti, ancora i poveri di casa nostra ma ora, ad essi, si aggiungono quelli che provengono da altri Paesi per sfuggire alla miseria e alla violenza. Noi ci facciamo voce anche di loro, a qualunque popolo o religione appartengano, senza temere di andare contro a certe derive ideologiche che non appartengono all’animo ospitale e solidale della nostra gente. Ci sono istituzioni civili e rappresentanze politiche le quali, oggi come allora, tante volte avvantaggiano i ricchi invece di aiutare i più deboli con adeguate politiche sociali; insidiano le basi della famiglia e del matrimonio invece di sostenerli e rafforzarli; minano i valori costitutivi dell’identità del nostro popolo invece di difenderli da perniciose culture relativistiche. Noi, per il forte senso civico che ci caratterizza, le riconosciamo e le rispettiamo ma, se necessario e con grande libertà, le riprendiamo a viso aperto, per nulla preoccupati di essere intimoriti o messi in minoranza perché, ieri come oggi, vogliamo solamente l’autentico bene del popolo e che sempre e ovunque si facciano la verità e la giustizia.

Giornale della Chiesa Siamo il settimanale della Chiesa trevigiana, non il portavoce o il bollettino ufficiale di informazione. Come giornale ci muoviamo con grande libertà e responsabilità dentro l’alveo tracciato dai binari della dottrina sociale della Chiesa e del cammino pastorale della nostra diocesi, giocandoci credibilità e autorevolezza, entrando nel vivo dei problemi sociali, culturali, politici e religiosi del territorio e del Paese, facendo di essi una lettura, per quanto possibile, sapienziale, ma non ideologica o scandalistica. In questo modo abbiamo la pretesa di formare informando correttamente; di informare senza usare parole vacue e roboanti; di parlare senza delegittimare, dileggiare od offendere alcuno. Cresciuti alla scuola del Vangelo e del magistero ecclesiale, anche noi abbiamo a cuore la formazione integrale della persona secondo il particolare progetto di uomo e di donna che emerge dall’antropologia cristiana. Lo facciamo nel modo che ci è proprio e che ci è più congeniale: scrivendo un giornale “di chiesa e di popolo”.

Giornale dei lettori Come giornale viviamo grazie agli abbonamenti sottoscritti dai lettori, alla pubblicità ed ai contributi statali per l’editoria. La pubblicità risente della concorrenza della televisione e dei nuovi strumenti di comunicazione (in particolare la rete internet), oltre che del protrarsi della crisi economica. Anche i contributi pubblici si stanno assottigliando e, forse, scompariranno nel 2013 creando gravi problemi alla sopravvivenza dei nostri giornali diocesani e al pluralismo dell’informazione. Per poter continuare ad essere presenti nel territorio come Voce e Vita del popolo, dobbiamo fare sempre più affidamento sui nostri lettori e fedeli abbonati e sul sostegno delle parrocchie. E’ una sfida che, nel momento in cui ci rallegriamo per il traguardo dei 120 anni del giornale - in occasione dei quali ”Vita” si presenta con una grafica rinnovata -, accogliamo con preoccupazione, ma anche con grande fiducia.

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