In particolare, di fronte alle autorità belghe, il Pontefice, oltre a ritornare sullo scandalo degli...
Siccità: in pochi mesi in Amazzonia è sparito il lago di Tefé, vasto quanto il Garda
“Per quanto si cerchi di negarli, nasconderli, dissimularli o relativizzarli, i segni del cambiamento climatico sono lì, sempre più evidenti”, scrive papa Francesco nella recentissima esortazione Laudate Deum. Ed eccoli, infatti, questi segni, tangibili e concreti, in una delle zone più fragili del pianeta e decisive per il futuro dell’umanità, la foresta amazzonica.
Siamo a Tefé città che prende il nome dal fiume, e dal relativo lago, poco più vasto del nostro lago di Garda, quasi alla confluenza con il rio delle Amazzoni, circa 700 chilometri a ovest dalla capitale dello Stato brasiliano di Amazonas, Manaus. Luoghi che sono tutt’uno con le loro acque. Solo pochi mesi fa, le canoe e le piccole barche solcavano le acque azzurre del lago di Tefé per raggiungere le tribù indigene più isolate, mentre i delfini rosa d’acqua dolce saltavano e il bacino lacustre e fluviale svolgeva la funzione che ha sempre avuto: quella di essere l’unico, o quasi, sostentamento per la popolazione della zona, oltre che degli altri esseri viventi.
Oggi, il panorama è drasticamente e repentinamente cambiato. La siccità che ha colpito l’intera regione dell’Amazzonia brasiliana ha, di fatto, prosciugato quel lago.
Le palafitte che sorgono su quelle che erano le sue rive, sono ora “case con i trampoli”, isolate tra la fanghiglia; dove passavano le canoe, ora corrono le motociclette; le carcasse dei delfini e di altre migliaia di pesci, si decompongono sulle sponde. Migliaia di persone, intere tribù indigene, sono diventate irraggiungibili, dato che i corsi d’acqua rappresentano l’unica via di comunicazione.
“Si dice che il grido della terra è il grido dei poveri, e il grido dell’acqua è la lacrima dei poveri”, dice il vescovo della prelatura di Tefé, dom Altevir da Silva. Nonostante ci troviamo nel cuore della foresta amazzonica, dove tradizionalmente il clima è umido, non piove da tre mesi. La siccità che stiamo vivendo è la peggiore di ogni tempo. La moria di pesci è impressionante, ed essi rappresentano la maggior fonte alimentare e di sostentamento per le popolazioni locali. Non si può consumare acqua per le attività quotidiane”.
Il vescovo, da pastore che ben conosce il suo gregge enumera tribù e comunità colpite, una per una. Per esempio, nel Comune di Maraã 42 comunità sono quasi tutte senza acqua potabile; tra queste, solo quattro possono godere di un pozzo artesiano. Solo nel Comune di Tefé, sono isolate 152 comunità, per un totale di 3 mila famiglie. Sono almeno 15 mila le persone, in gran parte di tribù indigene che vivono quasi isolate, a rischio per l’emergenza di carattere alimentare.
Ancora, oltre il 60% di ciò che dovrebbe essere trasportato sul Rio delle Amazzoni non arriva a destinazione a causa della siccità. La situazione rischia di colpire soprattutto i prodotti più pesanti, prodotti come il riso, i surgelati e i fertilizzanti, che si prevede diventeranno più costosi nella regione.
“Tutto è connesso, il dramma ambientale diventa dramma sociale e umanitario - prosegue il vescovo -. Occorre intervenire presto. Tutto ciò accade, in parte, anche per cause umane, e la stessa siccità è solo uno degli attacchi che la nostra Amazzonia sta subendo, tra incendi, progetti economici, la presenza crescente dei garimpeiros, i minatori illegali, che con la loro attività contaminano l’acqua con il mercurio”.
Come non bastasse, la puzza degli incendi, che come ogni anno (cambia solo il livello di “attenzione” giornalistica) devastano enormi tratti di foresta, si diffonde nell’aria e si avverte a Tefé, così come in molte altre località, compresa Manaus. “Siamo a un punto di rottura della Casa comune, come scrive il Papa. La Laudate Deum parla a tutta l’umanità, ma qui la sentiamo più che mai vicina e concreta. Siamo vittime di questi fenomeni e di progetti che hanno dalla loro parte soltanto la forza bruta, siamo davvero dentro a un sistema che uccide, che assolutizza il profitto. L’esortazione chiede una risposta rapida e al tempo stesso profonda e complessiva, profetica, culturale e spirituale”.
Da qui, l’appello del vescovo, in seguito all’iniziativa di solidarietà presa dalla prelatura: “Unendo le nostre forze a quelle di altre istituzioni, faremo tutto il possibile per aiutare i nostri fratelli e sorelle che stanno attraversando queste difficoltà a causa della siccità”. Un appello che giunge anche in Europa.
“Il mondo ci deve aiutare”, conclude dom Altevir da Silva.