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Siccità: in pochi mesi in Amazzonia è sparito il lago di Tefé, vasto quanto il Garda

Le carcasse dei delfini e di altre migliaia di pesci, si decompongono sulle sponde. Migliaia di persone, intere tribù indigene, sono diventate irraggiungibili, dato che i corsi d’acqua rappresentano l’unica via di comunicazione
17/11/2023

“Per quanto si cerchi di negarli, nasconderli, dissimularli o relativizzarli, i segni del cambiamento climatico sono lì, sempre più evidenti”, scrive papa Francesco nella recentissima esortazione Laudate Deum. Ed eccoli, infatti, questi segni, tangibili e concreti, in una delle zone più fragili del pianeta e decisive per il futuro dell’umanità, la foresta amazzonica.

Siamo a Tefé città che prende il nome dal fiume, e dal relativo lago, poco più vasto del nostro lago di Garda, quasi alla confluenza con il rio delle Amazzoni, circa 700 chilometri a ovest dalla capitale dello Stato brasiliano di Amazonas, Manaus. Luoghi che sono tutt’uno con le loro acque. Solo pochi mesi fa, le canoe e le piccole barche solcavano le acque azzurre del lago di Tefé per raggiungere le tribù indigene più isolate, mentre i delfini rosa d’acqua dolce saltavano e il bacino lacustre e fluviale svolgeva la funzione che ha sempre avuto: quella di essere l’unico, o quasi, sostentamento per la popolazione della zona, oltre che degli altri esseri viventi.

Oggi, il panorama è drasticamente e repentinamente cambiato. La siccità che ha colpito l’intera regione dell’Amazzonia brasiliana ha, di fatto, prosciugato quel lago.

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Le palafitte che sorgono su quelle che erano le sue rive, sono ora “case con i trampoli”, isolate tra la fanghiglia; dove passavano le canoe, ora corrono le motociclette; le carcasse dei delfini e di altre migliaia di pesci, si decompongono sulle sponde. Migliaia di persone, intere tribù indigene, sono diventate irraggiungibili, dato che i corsi d’acqua rappresentano l’unica via di comunicazione.

“Si dice che il grido della terra è il grido dei poveri, e il grido dell’acqua è la lacrima dei poveri”, dice il vescovo della prelatura di Tefé, dom Altevir da Silva. Nonostante ci troviamo nel cuore della foresta amazzonica, dove tradizionalmente il clima è umido, non piove da tre mesi. La siccità che stiamo vivendo è la peggiore di ogni tempo. La moria di pesci è impressionante, ed essi rappresentano la maggior fonte alimentare e di sostentamento per le popolazioni locali. Non si può consumare acqua per le attività quotidiane”.

Il vescovo, da pastore che ben conosce il suo gregge enumera tribù e comunità colpite, una per una. Per esempio, nel Comune di Maraã 42 comunità sono quasi tutte senza acqua potabile; tra queste, solo quattro possono godere di un pozzo artesiano. Solo nel Comune di Tefé, sono isolate 152 comunità, per un totale di 3 mila famiglie. Sono almeno 15 mila le persone, in gran parte di tribù indigene che vivono quasi isolate, a rischio per l’emergenza di carattere alimentare.

Ancora, oltre il 60% di ciò che dovrebbe essere trasportato sul Rio delle Amazzoni non arriva a destinazione a causa della siccità. La situazione rischia di colpire soprattutto i prodotti più pesanti, prodotti come il riso, i surgelati e i fertilizzanti, che si prevede diventeranno più costosi nella regione.

“Tutto è connesso, il dramma ambientale diventa dramma sociale e umanitario - prosegue il vescovo -. Occorre intervenire presto. Tutto ciò accade, in parte, anche per cause umane, e la stessa siccità è solo uno degli attacchi che la nostra Amazzonia sta subendo, tra incendi, progetti economici, la presenza crescente dei garimpeiros, i minatori illegali, che con la loro attività contaminano l’acqua con il mercurio”.

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Come non bastasse, la puzza degli incendi, che come ogni anno (cambia solo il livello di “attenzione” giornalistica) devastano enormi tratti di foresta, si diffonde nell’aria e si avverte a Tefé, così come in molte altre località, compresa Manaus. “Siamo a un punto di rottura della Casa comune, come scrive il Papa. La Laudate Deum parla a tutta l’umanità, ma qui la sentiamo più che mai vicina e concreta. Siamo vittime di questi fenomeni e di progetti che hanno dalla loro parte soltanto la forza bruta, siamo davvero dentro a un sistema che uccide, che assolutizza il profitto. L’esortazione chiede una risposta rapida e al tempo stesso profonda e complessiva, profetica, culturale e spirituale”.

Da qui, l’appello del vescovo, in seguito all’iniziativa di solidarietà presa dalla prelatura: “Unendo le nostre forze a quelle di altre istituzioni, faremo tutto il possibile per aiutare i nostri fratelli e sorelle che stanno attraversando queste difficoltà a causa della siccità”. Un appello che giunge anche in Europa.

“Il mondo ci deve aiutare”, conclude dom Altevir da Silva.

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