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Mandeep Singh: morto nell’indifferenza

“Non scordiamoci la sua storia e il suo volto”, le parole di don Baratto al sit in di lunedì 4 dicembre davanti alla Prefettura

Si chiamava Mandeep Singh, aveva trentadue anni, veniva dall’India, aveva in tasca un permesso di soggiorno, cercava un lavoro e non aveva una casa. Così è morto, probabilmente a causa di un attacco cardiaco e del freddo, nella notte tra venerdì 1° e sabato 2 dicembre, nel luogo dove viveva, assieme ad altri migranti: il parcheggio sotterraneo della Cittadella delle Istituzioni, all’Appiani, a due passi dalla Questura.

“Mandeep Singh - le parole di don Bruno Baratto, direttore dell’ufficio diocesano per la Pastorale delle migrazioni, durante il sit in di protesta davanti alla Prefettura di Treviso, lunedì 4 dicembre - era un uomo, con un volto, una storia, una famiglia alle spalle, e così dobbiamo ricordarlo. Perché altrimenti, se non ha un volto e un nome, non è nessuno e non ha diritto, nel nostro immaginario, a essere qualcuno. Una persona con dei sogni, delle speranze, dei desideri, tra i quali quello di vivere, ne sono convinto. Dobbiamo, quindi, tenere insieme qui e oggi il problema delle persone che vivono fuori al freddo e i volti di queste persone, i nomi, le storie. Vanno tenute insieme entrambe, perché chiedono politiche per una casa, non soltanto per gli stranieri e i migranti che arrivano, ma anche per i troppi italiani che non sanno più far fronte agli sfratti”.

Alla vigilia del Tavolo condiviso con il Prefetto, che ha incontrato istituzioni, associazioni e i rappresentanti della Diocesi di Treviso per trovare una soluzione condivisa alla situazione dei migranti che dormono all’addiaccio sotto la Cittadella delle istituzioni, don Bruno Baratto, in piazza per volere del vescovo Tomasi, ha ribadito che se c’è la volontà da parte delle istituzioni competenti, di andare oltre le politiche emergenziali, per costruire qualcosa di sistemico e duraturo, allora anche la Chiesa locale è presente e farà la sua parte, insieme a tutti gli attori in causa, senza tuttavia supplire a compiti che appartengono, invece, allo Stato e agli Enti pubblici.

Non è la prima volta che scopriamo che mancano le case, che mancano i posti nel dormitorio pubblico, che diverse persone dormono in quel parcheggio. Anche il nostro giornale è ritornato su questi temi più volte. In passato i migranti trovati a dormire all’Appiani erano stati trasferiti all’ex caserma Serena, ma poi anche questa emergenza è passata nel dimenticatoio.

“Da tre mesi dormiamo al freddo, nel parcheggio sotterraneo dell’Appiani - ha raccontato un amico di Mandeep, Nasir Javero Kashmiri -. L’altra notte abbiamo visto il nostro amico morire, mentre un altro amico da domenica sera è in ospedale con la febbre alta. Molte volte siamo andati a chiedere risposte in Questura, a chiedere di essere accolti da qualche parte, ma ci è stato detto di andare via, di andare a chiedere aiuto altrove”.

A chi avrebbero dovuto chiedere aiuto, questi ragazzi, se non ai rappresentanti dello Stato? Il commento di Fabio Tesser, operatore di strada delle parrocchie di Treviso, non lascia spazio a dubbi: “Mandeep è morto al freddo di un parcheggio in centro a Treviso - le dure parole di Tesser -. Si continuerà a dire che la responsabilità non è di nessuno. Ma non è così, noi sappiamo i nomi, di tutti. Di una politica cieca e incapace, di un’Amministrazione presa da altro, di servizi antichi e inadatti, di giornalisti che danno voce ai più forti, di un volontariato che non sa coordinarsi, che si ferma ad atti caritativi e di emergenza, ma non alza la voce, e anche mia”.

Il caso ha assunto rilievo nazionale, poiché il senatore e segretario del Pd Veneto, Andrea Martella, ha depositato “un’interrogazione ai ministri dell’Interno, degli Affari europei, per le politiche di coesione e per il Pnrr, perché il Governo si faccia carico di attivare un protocollo tra enti locali, istituzioni e associazioni sociali per promuovere tempestivamente percorsi di accoglienza e integrazione per i richiedenti asilo, che metta al primo posto la casa e una rete di protezione sociale”. Lo scopo è quello di trovare “risposte immediate” a una situazione drammatica e gravissima.

Superare il paradigma dell’emergenza, è fondamentale anche per il Capogruppo Pd in Consiglio comunale, Stefano Pelloni, che ha presenziato al sit in di lunedì: “Non chiamiamola emergenza freddo - ha ribadito in più frangenti -, sappiamo che d’inverno fa freddo, non facciamoci prendere alla sprovvista. Agiamo per tempo. Da mesi in città tanti stranieri stanno dormendo per strada: dormono all’Appiani, dormono davanti alla chiesa di San Zeno, dormono dove possono. Non giriamoci dall’altra parte sperando che non succeda nulla di grave. Sapevamo da mesi che i posti nel dormitorio comunale non sarebbero bastati: già lo scorso inverno persone che non riuscivano a entrare, dormivano fuori. Dobbiamo pensare a delle soluzioni per chi esce dal percorso dell’accoglienza, magari ha il permesso di soggiorno, magari ha un lavoro, ma non ha una casa in cui dormire”. Di morte di Stato ha parlato, invece, in una nota, Coalizione civica per Treviso: “Un corpo stritolato dalle pieghe delle leggi e della burocrazia, dello scarico di competenze tra enti, dalla mancanza di attenzione di chi governa il nostro territorio”.

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