Indubbiamente, quello che ci appare nel racconto è un Gesù umano, compassionevole e misericordioso verso...
Se non fai straordinari ti licenzio!

Il lavoro straordinario è il lavoro svolto oltre il normale orario ed è uno degli strumenti di cui le aziende dispongono per far fronte a particolari esigenze produttive. Il ricorso al lavoro straordinario è disciplinato dal Decreto Legislativo 66/2003 il quale definisce come straordinario il lavoro eseguito oltre le 40 ore settimanali, limite che la legge fissa come orario normale per un impiego a tempo pieno. Limiti orari diversi, generalmente inferiori, possono essere stabiliti dai Contratti collettivi nazionali di lavoro (Ccnl), ad esempio il contratto delle cooperative sociali prevede un orario lavorativo settimanale di 38 ore. In ogni caso, contando anche gli straordinari, la legge fissa il limite massimo di 48 ore di lavoro settimanale e di 250 ore di straordinario annuale. L’azienda può ricorrere allo straordinario per far fronte a necessità produttive impreviste, a situazioni di forza maggiore che impongono l’uso di ore aggiuntive o in caso di eventi particolari, ad esempio per coprire un periodo particolare di ferie. La legge prevede che lo straordinario non possa essere richiesto ai lavoratori studenti, ai lavoratori minorenni e quando i sindacati abbiano dichiarato lo sciopero degli straordinari e delle prestazioni accessorie. Al di là di tali ipotesi, in linea di massima, il datore di lavoro può pretendere dal lavoratore il lavoro straordinario. Sul punto si è espressa di recente la Corte di Cassazione la quale, con l’ordinanza n. 10623/2023, ha ritenuto legittimo il licenziamento di un lavoratore che si era rifiutato di svolgere lavoro straordinario per circa due settimane e, ciò, in spregio alla direttiva aziendale che aveva stabilito l’aumento dell’orario di lavoro per ragioni produttive. Il Ccnl applicabile al caso specifico prevedeva la facoltà per il datore di lavoro di chiedere al lavoratore prestazioni straordinarie nei limiti della cosiddetta “quota esente” ovvero un numero di ore che il datore di lavoro può chiedere vengano effettuate di straordinario senza la preventiva consultazione con i sindacati nel rispetto dei limiti di 2 ore giornaliere e 8 settimanali in più e con un preavviso di almeno 24 ore. Nel caso esaminato dalla Suprema Corte, inoltre, il licenziamento è stato ritenuto legittimo anche con riguardo ad un comportamento di insubordinazione reiterato del lavoratore che si connotava come di notevole inadempimento degli obblighi derivanti dal rapporto di lavoro. Infatti, il lavoratore può rifiutarsi di lavorare in straordinario solo quando abbia un giustificato motivo per farlo, se la richiesta del datore di lavoro è del tutto arbitraria o non corrisponde ad un’effettiva necessità aziendale, o se le ore richieste risultano essere molto maggiori rispetto all’ordinario. In tutti gli altri casi, la richiesta datoriale di lavoro straordinario non può essere rifiutata.