venerdì, 01 agosto 2025
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XVIII Domenica del Tempo ordinario: Quando la ricchezza è benedizione?

Siamo chiamati a testimoniare con le nostre scelte e azioni la necessità di con-dividere i beni

Il testo evangelico di questa domenica propone sia una indicazione di vita, sia il suo fondamento. Si inizia da una richiesta concreta: «Dì a mio fratello che divida con me l’eredità!» (Lc 12,13). Il gioco di parole implicito nei termini greci insiste sul fatto che per Gesù la logica non è quella del “dividere” ognuno per sé, quanto del “con-dividere” insieme con l’altro.

Una benedizione ridotta a proprietà esclusiva

La parabola che segue narra un avvenimento felice: “La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante” (12,16). A un uomo che, secondo la mentalità di allora, era considerato, in quanto ricco, già benedetto da Dio, viene donata una benedizione ulteriore. Se pure è frutto anche del suo impegno, qui viene sottolineata la caratteristica del dono: è la campagna che dona l’abbondanza del raccolto. Il monologo successivo ci fa conoscere il suo modo di pensare - e di vivere. Tutto è incentrato sul “mio”: i miei raccolti, i miei magazzini, la mia anima - cioè la mia vita (12,17-19). È intenzionato a far sì che quello che considera esclusivamente “mio” possa essere al servizio della “sua vita” per molti e molti anni. Non compare nessun “altro”: né moglie, né figli, neppure dei servi. Nel racconto fa tutto da solo e da solo è intenzionato a goderne, a farne tesoro per la sua sola esistenza. Ma i molti beni non possono assicurare il possesso del tempo, ovvero della propria vita, che gli è richiesta da Dio, l’Altro che finora era comparso solo all’inizio, celato in quel dono prodotto dalla terra. La parabola insegna che la vita, e tutto ciò che la sostiene, è affidata in responsabile amministrazione, non in esclusiva proprietà - e comunque nulla di quel che si possiede ha il potere di garantire la vita stessa. Il futuro che nella prospettiva di quel tempo erano i figli, qui viene escluso: “Quello che hai preparato, di chi sarà?” (12,20). È il più grande fallimento, davanti alla morte che improvvisamente impone la dura realtà di una vita della quale non ci si può assicurare il possesso. «Quale vantaggio ha un uomo che guadagna il mondo intero, ma perde o rovina se stesso?” (Lc 9,25).

Vivere senza Dio o vivere con il Padre?

Il ricco della parabola non riconosce di essere “benedetto da Dio”: è tutto incentrato su di sé, in un narcisismo allucinato. Non riconosce nessuno intorno, se non se stesso e i beni che considera esclusivamente suoi. È scelta di “vivere senza Dio”, scelta che per la tradizione ebraica è profondamente “stolta”, insensata, incapace di considerare la realtà nella sua interezza, della quale Dio fa necessariamente parte. Nell’esperienza di Gesù, il centro è proprio la relazione con Dio, da Figlio a Padre, e di conseguenza con ogni uomo e donna, anch’essi figli e figlie di quel Padre. E tutto il resto è finalizzato a una vita piena per tutti e tutte, per il creato intero: questo è il sogno, il desiderio, la volontà di Dio stesso. Proprio questa realtà fonda, allora, ciò che è necessario per non fallire in modo “stolto” la propria vita, ed è: “arricchire davanti a Dio” (cf. 12,21). E nel Vangelo secondo Luca, l’unico modo di “arricchire davanti a Dio” è condividere con i propri fratelli e sorelle, e soprattutto con chi è nel bisogno.

Perché la ricchezza diventi benedizione

Oggi, nel moltiplicarsi di individualismi narcisistici senza ritegno alcuno, nella corsa al possedere più di ogni altro, la “cupidigia”, la sete mai sazia, il desiderio senza freni che non rispetta nulla e nessuno pur di giungere a possedere ancora di più... cosa può dirci la Parola che abbiamo ascoltato? Ciò che ci viene proposto è un modo di vivere che riconosce il rischio “mortale” della ricchezza, per il potere che ha su di noi: ci illude di poter esaudire il nostro più profondo desiderio di vita. Se ci lasciamo ingannare da questa tentazione, allora da benedizione diventa maledizione.

Secondo Gesù, i beni possono contribuire a sostenere il nostro vivere e il suo desiderio di pienezza solo se con-divisi insieme agli altri. Questa è la prospettiva del Regno che viene, per la quale lui ha condiviso e condivide la stessa vita che il Padre da sempre gli dona, l’unica che, amando senza misura, conduce anche noi alla sorpresa di Pasqua. È la prospettiva nella quale la vita non è “richiesta indietro” da un padrone che improvvisamente reclama la sua proprietà (cf 12,20), quanto ancora donata senza misura da un Figlio che si fa nostro fratello, che continuamente con-divide con noi ciò che gli è più caro: la sua relazione con il Padre, fonte della Vita che va oltre il nostro stesso enorme desiderio.

Una testimonianza sempre più urgente

Ed è proprio in questo mondo di oggi, in cui chi è potente si permette di affamare a morte i più piccoli, i più deboli, i più fragili, i bambini... non solo a Gaza, ma in tutte le situazioni in cui l’economia uccide insieme alle carestie, agli aiuti negati, a una logica disumana: è proprio in questo mondo che siamo chiamati, personalmente e come comunità, a testimoniare con le nostre scelte e azioni la necessità di con-dividere i beni di cui siamo benedetti, anche grazie al nostro lavoro. Perché l’unico tempo non “perduto” ma che ci arricchisce e salva è quello in cui doniamo vita con amore.

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10/04/2025

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