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Acli Treviso, giovani "di valori"

Laura Vacilotto, 35 anni, neo presidente, indica le linee per il prossimo quadriennio. Che saranno di continuità rispetto alla precedente presidenza.Con un’attenzione ai giovani e alla comunicazione.

Donna. Giovane. E’ questo il nuovo volto delle Acli provinciali di Treviso che hanno scelto di farsi guidare da Laura Vacilotto. Il consiglio provinciale, rinnovato lo scorso 19 marzo scorso, ha posto alla presidenza il consigliere più votato. Gli impegni sono già iniziati per la 35enne trevigiana che succede ad Andrea Citron, candidato alla presidenza regionale del Veneto nel congresso che si tiene sabato 16 aprile a Castelfranco Veneto.
Laureata in giurisprudenza, Laura Vacilotto nelle Acli ha svolto il servizio civile prima di occuparsi di educazione, formazione, immigrazione. Dal 2012 ha assunto l’incarico di vicepresidente e dal 2013 è vicepresidente nazionale di Ipsia, la ong delle Acli che si occupa di cooperazione internazionale ed educazione alle relazioni giuste.
Ad affiancare la neopresidente sarà il consiglio di presidenza rinnovato composto da Francesco Tarantolo (vicepresidente vicario), Andrea Flora, Matteo Bosa, Davide Magagnini, Franco Bernardi, Andrea Citron.
Sempre più giovani alla guida delle Acli, frutto di...? “Frutto di una serie di circostanze, direi - ci risponde la neoeletta presidente Laura Vacilotto -. In realtà è un intero gruppo dirigente che in questi anni si è interfacciato con l’associazione, ed ha deciso di impegnarsi in maniera attenta e puntuale ed ha anche accettato di assumere ruoli di responsabilità. E’ un riconoscimento, sicuramente: la persona giovane dà fiducia, si mette a disposizione per lavorare insieme, pur non potendo contare sull’esperienza che altre figure possono mettere sul piatto della bilancia”.
Ha già pensato a quale sarà la linea che segnerà le Acli per il prossimo quadriennio?
Di continuità rispetto alla precedente presidenza, quindi agli ultimi sei anni e anche alla presidenza Mazzer sotto cui ho iniziato il servizio civile. Significa in concreto valorizzazione ancora maggiore dei servizi del Patronato e del Caf che sono i fiori all’occhiello delle nostre Acli. Pur in un contesto di tagli continui delle risorse e di tempi risicati, cerchiamo quotidianamente di rispondere alle richieste mettendo al centro la persona. Non è solo un aiuto in termini amministrativi, quello che diamo, ma mettiamo in campo anche la nostra capacità di ascolto. E’ un valore aggiunto che hanno le persone che lavorano con noi. E poi dobbiamo continuare a lavorare all’interno dell’associazione. Siamo consapevoli della crisi dei corpi intermedi che ha colpito noi come le altre associazioni anche più grandi. Però dobbiamo riuscire sempre più a dare un senso al perché tesserarsi alle Acli, come vivere il senso associativo introducendo obbligatoriamente delle novità. Soprattutto per i giovani. Il servizio civile è un ambito nel quale lavorare con sempre maggiore intensità, con testa e cuore. Quest’anno abbiamo sei persone, per la prima volta, e sono una risorsa preziosa perché portano nuovo entusiasmo e idee nuove. Il problema è come mantenere agganciati i giovani dopo che hanno fatto e terminato un’esperienza con noi, come possono essere anche coloro che partecipano ai campi estivi dell’Ipsia. Credo che sia necessario operare delle semplificazioni nelle modalità. I lunghi fine settimana di formazione non funzionano più. E allora ci troviamo di fronte a una certa ritrosia dei giovani all’impegno prolungato. Sono la generazione dei 160 caratteri del tweet. Dobbiamo essere convincenti ed attraenti magari più attraverso il fare che con “la scuola di formazione”, com’era un tempo. Certi messaggi sui nostri valori passano anche organizzando una cena solidale...
Qual è la difficoltà maggiore che nota rispetto al perché essere Acli?
A volte è proprio una difficoltà di comunicazione. Di dire quello che siamo e quello che facciamo e qual è il motivo per cui dei Circoli Acli nel territorio hanno una straordinaria vitalità. La risposta sta spesso nel fatto che noi suppliamo alle carenze dello stato sociale, alle chiusure degli sportelli dell’Inps nel territorio o alla riduzioni di orari di servizi per il pubblico. E’ davvero un ritrarsi da parte dello Stato rispetto alle esigenze quotidiane delle persone. Ecco che noi ci mettiamo in gioco, con le nostre risorse, le nostre capacità, le nostre competenze. Non ci sarà più, quindi, un’adesione ideologica alle Acli, ma un’adesione di sensibilità sì.
Che valore ha oggi, quella “c” nella sigla Acli, Associazioni cristiane lavoratori italiane? Ha un peso?
Sì, certo, “cristiane” ha un peso e un ruolo. Ce l’ha nel momento in cui riusciamo a declinarla nel momento storico in cui viviamo. E’ apertura all’altro, ripercorrendo gli insegnamenti evangelici nella quotidianità. Però io mi sento di chiedere alla chiesa trevigiana di sostenere la nostra associazione con percorsi da fare insieme. Certo, ci sono già iniziative che ci vedono presenti formalmente ed anche sostanzialmente. Forse servirebbe una maggiore progettazione e condivisione di un percorso da fare per tutti gli aclisti.
Il suo predecessore Andrea Citron è destinato alla presidenza regionale. Quali vede possano essere i rapporti tra il provinciale e il regionale?
Molto più stretti nel momento in cui vengono a cadere le Province. Saranno superati i confini amministrativi provinciali, e le Acli regionali dovranno per forza non solo coordinare, ma anche proporre, rilanciare, fare massa critica rispetto alle istituzioni che rimarranno Comune e Regione. Non ci mancherà il lavoro.

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