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Il direttore di "Avvenire" interviene all'incontro per i 130 anni di Vita del popolo

L'intervista a Marco Tarquinio che venerdì 20 maggio dialogherà con il giornalista Alberto Laggia sul tema “Informazione di qualità contro fake news”

19/05/2022

“Informazione di qualità contro fake news”. Ha scelto un tema di grande attualità, “La Vita del popolo”, il settimanale della diocesi di Treviso, per celebrare pubblicamente il proprio 130°, nella convinzione che un giornalismo, soprattutto locale, presente sul territorio e attento alla verità dei fatti sia ancora possibile.

L’incontro si svolgerà venerdì 20 maggio alle ore 17.30, nella sala Longhin del Seminario vescovile. Per affrontare il tema sono stati invitati due importanti ospiti: il direttore di “Avvenire” Marco Tarquinio e il giornalista di “Famiglia Cristiana” Alberto Laggia, autore di un libro sulla questione delle fake news, intitolato “Notizia”.

L’incontro si aprirà con i saluti del vescovo, mons. Michele Tomasi, del sindaco di Treviso, Mario Conte, del presidente nazionale della Federazione italiana settimanali cattolici (Fisc), Mauro Ungaro, e del delegato triveneto della stessa Fisc, don Alessio Magoga. L’incontro sarà introdotto dal direttore della Vita del popolo, mons. Lucio Bonomo.

Il convegno è aperto a tutti, ma è gradita la conferma di partecipazione ai seguenti recapiti: 391 7791889 (solo Whatsapp) e segreteria@lavitadelpopolo.it (e-mail). Ingresso con mascherina ffp2.

“Rompere il muro attorno all’Avvenire”. E, più in generale, attorno alla cosiddetta “stampa cattolica”. E’ l’obiettivo a qui si è dedicato Marco Tarquinio, direttore dell’“Avvenire”, ormai il quarto quotidiano italiano per copie stampate, relatore al convegno promosso il 20 maggio dalla Vita del popolo per i 130 anni, intitolato “Informazione di qualità contro fake news”. “La buona informazione è per tutti - spiega -. Noi giornalisti assolviamo al nostro compito di fare del bene se siamo attraenti, e se riusciamo ad abbattere i muri che abbiamo intorno, per esempio l’idea che la nostra stampa sia solo per chi è dentro il recinto della Chiesa, per una cerchia di specialisti”.

E questo vale anche per i giornali diocesani, come La vita del popolo?
E’ ciò che già avviene in Italia. I giornali locali fatti da cattolici professionisti - preferisco questa espressione a quella di giornali cattolici - hanno in Italia una grande tradizione di qualità giornalistica. Noi consideriamo i giornali diocesani nostri fratelli. Sono realtà in grado di fare un’informazione “glocal”, attenta al locale, ma da questa prospettiva anche al globale. Era l’informazione immaginata da Paolo VI, quando venne fondato “Avvenire”. Io, da giovane, mi sono appassionato all’Africa, a Paesi come il Sudan perché ne parlava “La voce”, il giornale interdiocesano dell’Umbria.

Oggi, “Avvenire” e fogli locali sono alleati anche nella battaglia contro le fake news...
Si tratta di una forma di resistenza civile e cristiana, abbiamo il dovere di mettere in circolo notizie di qualità. Mi pare che ci sia, nella società, una richiesta pressante di informazione solida, verificata, affidabile. E’ ciò si è visto di fronte ai grandi sconvolgimenti di questi anni: la crisi economica, la pandemia, la guerra in Europa, una delle tante che c’è nel mondo, ma in questo caso vicina a casa nostra, impossibile da ignorare. E’ vero che l’opinione pubblica appare disabituata all’informazione degli organi d’informazione tradizionali, ma in realtà la cerca.

Le fake news si combattono con la qualità?
Questa è la sfida. Il nostro compito è quello di essere custodi dell’acqua potabile dell’informazione, dobbiamo farci riconoscere per l’amore che si mettiamo, per fare un’informazione “che vuole bene” alla gente, non autoreferenziale, ma attenta alla realtà, in grado di bilanciare le notizie negative con il “lato chiaro”, con le tante cose giuste che vengono fatte.

“Avvenire” si sta segnalando per una posizione controcorrente sulla guerra...
La guerra stessa è la prima delle fake news, soprattutto quando si dice che è il mezzo per custodire la pace. Non è mai stato vero, al massimo lo è stato solo in parte, in passato. Oggi non più. Questa cosa dev’essere chiara, moltiplicare la guerra, sommare i conflitti non porta alla pace e il Papa lo dice con chiarezza. L’informazione italiana, in parte sta aiutando a comprendere ciò che succede. Noi ad “Avvenire” ci stiamo impegnando al massimo per far comprendere la complessità del conflitto. Soprattutto, vogliamo spezzare la narrazione sull’inevitabilità della guerra.

Ci avviciniamo alla Giornata delle comunicazioni sociali del 29 maggio. Il tema del messaggio del Papa è “Ascoltare con l’orecchio del cuore”. L’ascolto è così importante?
Sì, la mancanza d’ascolto è uno dei grandi vuoti della nostra società, il Papa fa bene a ricordarlo. Ed è importante anche il richiamo al cuore, uno slancio necessario, nell’ottica, per chi fa comunicazione, di stare sempre dalla parte delle vittime.

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